Buonvino e il caso del bambino scomparso
Letteratura italiana
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Un giallo aperto sugli abissi dell'animo umano
Un altro “giallo” che sa cogliere la realtà, magari solo un angolo, ma raggiunge e mostra la complessità della vita e delle relazioni in questo scorcio di XXI secolo. Sembra che il ‘genere’ investigativo consenta di mantenere un tono discorsivo e nel contempo di scavare nell’animo delle persone, mostrarne debolezze, contraddizioni, nevrosi e comportamenti criminali senza cadere nella pedanteria. La lettura rimane al livello di svago, cogliere il ‘messaggio’ non è obbligatorio. Ci sono bravi scrittori di gialli. E Veltroni, nel suo stile, ci riesce; la conclusione é a sorpresa (anzi: con doppia sorpresa e ‘aperto’, aperto soprattutto alle riflessioni sugli abissi dell’animo umano).
Il sotto-filone di questo libro è quello dell’investigatore … buonista (ovvio no?) umano, mai aggressivo a capo di una squadra all’apparenza poco funzionale: “Uno era basso, l’altro grasso, uno era miope, l’altro addirittura mulatto, e c’era persino una donna” è la bella Ginevra Robotti. Qualcuno di questi farà solo ‘tappezzeria’, serve a fare colore; poi ci sono i due ‘nuovi’: Cavallito, “era un po’ troppo soprano” per i gusti di Buonvino che, però, farà presto a trovare le parole giuste per rimetterlo al suo posto e inserirlo in squadra con altri che sanno smussare gli angoli del suo e del loro carattere per trovare nella collaborazione il moltiplicatore delle proprie competenze. Così, nella strana estate 2020 quella del Covid, Cavallito e Cecconi rivolteranno come un calzino i conti di tale Nodari suicidatosi dopo la scomparsa/sparizione del figlio di 8 anni e, di fatto, inseguendo le tracce dei soldi in gran parte persi e di quelli finiti alle Cayman.
Nodari, promoter finanziario senza scrupoli, incapace di mantenere gli impegni, si trova in crisi spaventosa nel 2008: mancano 5 milioni di Euro dei suoi clienti. Perde tutto (anche la dignità e la capacità di scegliere tra bene e male) tranne un villaggio turistico alle Cayman di cui nessuno sa niente che, però, consente ai Nodari di conservare l’appartamento in centro a Roma e la tranquillità economica. Ma, a questo punto, la famiglia è devastata da un’assenza spaventosa. Dopo un’uscita domenicale al parco di villa Borghese, al rientro a casa sparisce il piccolo Aldo. La famiglia già in crisi per accessi di gelosia del padre, la voglia di tenerezza della madre e per il fallimento economico, esplode. La guerra psicologica è senza quartiere: l’anello più debole è la figlia all’epoca quattordicenne devastata dai sensi di colpa per non aver voluto attardarsi in strada col fratello; poi c’è la madre finita in un vortice psicotico e maniacale che passa il tempo odiando la figlia, dipingendo quadri spaventosi mentre ascolta musica a volume impossibile. Non esce mai, inveisce con una crudeltà inaudita contro la figlia Daniela, è divorata dal risentimento, dalla rabbia, da scatti di violenza incontenibile. Il padre qualche tempo dopo la sparizione del piccolo Aldo, dopo aver salutato Daniela con un insolito gesto d’affetto, precipita dal terrazzo proprio un attimo prima che sua figlia esca dal portone: è la prima persona che lo vede steso nel suo stesso sangue, a terra. La vita di Daniela e la sua angoscia è resa con grande evidenza in poche pagine, tra le migliori del romanzo. Sono le pagine che ti ‘tirano dentro’ la storia, che fanno capire che oltre al tono lieve c’è di più e le note drammatiche, pur restando asciutte e mai retoriche, lasciano il segno. Può un’adolescente convivere con tanto dolore? I sensi di colpa per la sparizione del fratello si sommano alla devastazione di un padre morto suicida e alla convivenza con una madre impazzita dal dolore. Daniela può solo chiedere aiuto e alla fine riesce parlare con Buonvino, a fargli riaprire il caso partendo da un filmato dell’ultima passeggiata insieme, dalle contraddizioni del rapporto lacerante tra madre e figlia, … tracce labili, ma sufficienti a condurre ad una soluzione imprevista, ma ancora provvisoria. La verità non è mai definitiva e il colpo di scena finale ancora deve essere svelato.
Tutto il romanzo è disseminato di riferimenti che fanno parte della ‘poetica’ dell’autore e della sua cultura cinematografica e musicale: citazioni, flash su atmosfere riferite a film e a canzoni rendono ancora più godibile il testo senza nessuna pedanteria, senza la sensazione che qualcuno stia distribuendo, dall’alto, perle di conoscenza. Questo è bello.
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Cold case romano in tempi di pandemia
Dopo Assassinio a Villa Borghese, Walter Veltroni torna con Buonvino e il caso del bambino scomparso, protagonista la sua creatura di carta il commissario Buonvino.
Un commissario allibito che in epoca di pandemia si aggira sperduto in una Roma deserta e silenziosa. Ma nell’estate i giardini di Villa Borghese tornano a popolarsi, e un giorno una ragazza lo avvicina chiedendogli disperata di riaprire un vecchio caso, finito nel dimenticatoio. Si tratta di un cold case che ha visto la sparizione nel nulla di un giovane ragazzino e il successivo suicidio dello stesso padre. Quel ragazzo era il fratello della giovane, e da allora lei e la madre, completamente persa in una realtà nota solo a lei, non riescono più a vivere una vita serena. Perché all’epoca le indagini sono state archiviate? Cosa si voleva nascondere? La realtà supera ogni immaginazione.
Un giallo classico, di genere, scritto con una prosa vivida e frizzante. Il romanzo è congegnato con una trama avvincente che coinvolge il lettore in una lettura per amanti del genere classico. L’investigazione ruota intorno, principalmente, alla figura e alle meditazioni del commissario Buonvino, un bell’uomo, affascinante, pacato, colto, schivo e buon investigatore che gioca, soprattutto, sulle proprie capacità intuitive e di ottima conoscenza degli esseri umani e del loro sentire. Per chi vuole trascorrere un po’ di tempo con una storia coinvolgente senza troppe divagazioni ed inutili elucubrazioni.