Blackout
Letteratura italiana
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CALDO ?
Prendiamo tre individui, tre sconosciuti e chiudiamoli dentro ad un ascensore, con più di venticinque gradi senza acqua,senza cibo, e con poca aria a disposizione e vediamo un po’ cosa succede.
Ed è proprio quello che è successo ai protagonisti di questo libro, Claudia,Tomas e Ferro, tre individui che pur abitando nello stesso palazzo non si conoscono, eppure il destino ha voluto farli incontrare proprio in quel momento, in quella precisa circostanza, dentro l’ascensore.
Siamo a Bologna nel giorno di ferragosto dove il caldo e l’afa la fa da padrona, Claudia studentessa universitaria, per pagarsi gli studi lavora in un bar che detesta con tutto il cuore, sta rientrando a casa dove nell’androne in attesa che arrivi l’ascensore incontra Tomas un ragazzo di sedici anni, con il progetto di fuggire di casa con la sua ragazza, i due stanno li ad aspettare l’ascensore quando all’improvviso arriva Ferro, un signore dalle sembianze di Elvis,proprietario di tre locali marito e padre,ma anche un spietato serial killer. Arriva l’ascensore si aprono le porte i tre entrano, come se nulla fosse,le porte si richiudono e l’incubo sta per incominciare. L’ascensore si ferma all’improvviso tra l’undicesimo e il dodicesimo piano, i cellulari non funzionano, nel palazzo non c’è un ‘anima viva, la luce principale si è spenta rimpiazzata da quella di emergenza che emana una luce verdastra che non illumina abbastanza, il caldo si fa sentire sempre di più,la sete la fa da padrona le pareti sembrano restringersi sempre di più, e pare proprio che per i nostri protagonisti il conto alla rovescia sia iniziato.
A questo punto se vi ho incuriositi non rimane altro che invitarvi a leggere questa storia,dai mille risvolti che personalmente non mi sarei aspettato, visto che l’idea principale mi sembrava “semplice” (tre individui bloccati dentro un ascensore) ma l’autore è stato bravissimo a riuscire a svilupparla in modo magistrale rendendola molto interessante dall’inizio alla fine. Ottimo lavoro sulle descrizioni, dai personaggi, ai dialoghi, si percepisce molto la sensazione claustrofobica la quale i protagonisti sono obbligati a subire in quei momenti, molto interessanti anche le storie diversive dove aggiungono più interesse al racconto principale, e ottimo anche il finale, all’altezza della storia, il tutto “condito” da scene splatter,stati di tensione, e paura.
E' il primo libro che leggo di Gianluca Morozzi, e sono rimasto molto soddisfatto dal suo modo di scrivere,la lettura è stata molto scorrevole, ho trovato giusta anche la lunghezza dei capitoli, e il modo in cui sono collegati tra loro tenendo sempre alta l’attenzione.
Buona lettura.
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Metti un Ferragosto a Bologna...
E chiudiamo questo anno di letture con una botta adrenalinica niente male!
Avevo voglia di un thriller, di quelli che t'incollano alle pagine e, senza sapere quasi nulla, ho scelto proprio il libro giusto.
Divorato in poche ore, dal ritmo serrato e con un'idea di fondo molto originale, di cui non dirò nulla, ma proprio nulla...perché toglierei il gusto della sorpresa che, in libri come questo, è fondamentale.
Mi è piaciuta moltissimo l'ambientazione: una Bologna afosa, torrida, in una desolante domenica di Ferragosto, un palazzo semideserto, un ascensore e tre inquilini.
Riesci a percepire il caldo, ti senti sudaticcio, appiccicoso, dopo un po' incominci ad avere sete (tanta) e un desiderio spasmodico di buttarti sotto la doccia.
Claustrofobico quindi, e non solo per una questione di spazi ristretti.
Mi sono piaciuti anche gli interludi che l'autore ha inserito all'interno del racconto, i quali, anziché farti prendere una boccata d'aria dalla narrazione principale, non fanno altro che farti piombare in altri orrori: "la bambina che graffiava i muri" è stato il momento più orrorifico di tutti...
Mi è piaciuto tantissimo il finale, per me assolutamente inaspettato...
Certo, i personaggi sono un po' dei cliché, non sono proprio approfonditi benissimo, ma credo che lo scopo del libro non fosse quello di fare un'analisi psicologica e sociologica, ma quello di regalare brividi ed emozioni al limite dello splatter...e, in questo senso, il libro fa il suo sporco lavoro. E lo fa molto bene.
Insomma Morozzi è stata una scoperta interessante e mi ha fatto riassaporare il gusto del thriller, mio vecchio amore abbandonato da un po'.
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Claustrofobico? No, troppo facile.
Blackout – Gianluca Morozzi, 2004.
Dire “claustrofobico” è decisamente troppo facile, dal momento che si tratta di un thriller quasi interamente ambientato in un ascensore. Molto molto “meno” della classica “camera chiusa”.
Tre personaggi principali, alcuni comprimari, piccoli interludi per cercare di riprendere fiato (giusto per piombare in un orrore in differita) e la triade di protagoniste assolute: Bologna, Afa e Domenica di Ferragosto.
Una buona idea di fondo regge la storia del mio (quasi) coetaneo Gianluca Morozzi – che ovviamente non spoilero – e permette una lettura rapida ed appassionante (anche se – maledizione! – il triplice dettaglio del transit, a me un po’ m’aveva messo sull’avviso, ma fa niente, temo che sia l’eccessiva frequentazione con loschi figuri tipo S. Moffat).
Qualche piccola perplessità sulla caratterizzazione di alcuni personaggi (Ferro, secondo me, è molto “abbozzato” e Wilmo e Walter li ho trovati un po’ “appesi lì” funzionali, ma non troppo funzionati, nella storia), mentre mi è piaciuto Tomas e una grossa sorpresa e piacevole inquietudine intorno alla figura di Claudia.
E poi dominante, aleggiante, stagnante su tutto, il terribile caldo di Bologna a Ferragosto, che si insinua ovunque, soffoca e rallenta i protagonisti – prima – per poi portarne fuori gli istinti peggiori (ma anche salvarli).
Quindi, una prova buona ed intelligente, forse da “raffinare”un pochino; dal mio punto di vista – perdonatemi – una vera boccata d’aria in un certo tipo di italica letteratura ove imperversano eterni detective/magistrati, che figheggiano, spignattano, si dannano e soprattutto si tormentano (ma lavorare ad un caso degno di questo nome? No, vero?).
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NON PRENDETE QUELL' ASCENSORE!
Aldo: fan sfegatato di Elvis Preasley, gestore di locali, padre, marito infedele, killer seriale e autore di snuff movies.
Claudia: barista per pagarsi gli studi, collezionista di albi di Superman, omosessuale.
Tomas: aspirante ribelle in procinto di scappare da casa con Francesca.
In un torrido ferragosto bolognese questi tre individui, causa un blackout, saranno costretti a condividere l'angusto spazio di un ascensore.
Il libro che Morozzi ha realizzato è un thriller veramente ben costruito e capace di tenere incollati alla lettura, tanto da poterlo definire un vero e proprio voltapagina!
L' ambientazione è il punto forte della vicenda. Lo spazio claustrofobico, insieme al caldo e alla strutturazione dei capitoli, riescono a creare e trasmettere in maniera efficace il clima di ansia e angoscia al lettore.
Ho apprezzato il modo in cui l'autore inserisce delle personali critiche al nostro Paese in maniera velata e quindi senza spezzare il filo della narrazione o appesantirlo.
L' unica pecca è nei personaggi. Nonostante sono ben caratterizzati e con una loro
"tridimensionalità", sono un po' stereotipati (Aldo ne è un esempio perfetto).
Inoltre nel testo sono tanti i riferimenti musicali e fumettistici che non saranno comprensibili a tutti ma che non inficiano minimamente l'opera.
Se mangiate pane e thriller non potete perdere questo libro. A meno che non siate claustrofobici!
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Persi nell'ascensore!
Non so se vi è mai capitato di restare chiusi in un ascensore bloccato tra due piani, in una giornata afosa e in compagnia di due sconosciuti.
Questo è quello che capita ai protagonisti di "blackout":
Ferro, esaltato fan di Elvis e amante degli "Snuff movies"...nel senso che è lui stesso a girarli!
Tomas, ragazzino innamorato della sua ragazza e in procinto di prenderla e portarla via da questa città di perdenti (come in una canzone del suo cantante preferito).
Claudia, cameriera lesbica che odia quel maiale del suo principale per come la fa vestire.
Il destino li farà ritrovare sullo stesso ascensore nello stesso momento, questi tre esseri umani così diversi tra loro dovranno convivere in quello spazio ristretto e sopportarsi a vicenda...ma non sarà facile!
Sarà sempre il destino a portare ad una conclusione la strana vicenda?
Non ho voluto anticipare molto della trama perchè è giusto che la scopriate voi, pagina dopo pagina.
...ovviamente c'è la sorpresa finale!
Buona lettura
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Delirio collettivo
Siamo a Bologna. E' ferragosto. C'è caldissimo. Conosciamo tre personaggi, tre storie, tre vite, descritte, una ciascuno, nei primi tre capitoli, dedicati a Claudia, Tomas e Ferro. I tre, casualmente, si trovano nello stesso momento, nello stesso posto e da quel momento niente sarà più come prima. Si ritrovano sullo stesso ascensore quando questo si blocca, tra l'11° e il 12° piano. E allora tre persone razionali diventano, di colpo, come tre vespe in un bicchiere rovesciato. Emergono le paure umane: la paura degli spazi chiusi, degli sconosciuti, del non respirare, del buio. Lo stile è particolare, coinvolgente, la scena viene raccontata da punti di vista diversi, il ritmo è serrato, incalzante, ogni tanto c'è un interludio, ma tu, che leggi, riesci sempre a vedere tutto, a seguire, istante per istante, gli eventi, l'impennata della crudeltà umana, il raccapriccio delle scene, come se ci fosse una telecamera. Come se fosse un reality show. Una trama eccezionale, con adrenalina in crescendo. Originale. Terribile come la serie di Saw. Bellissimo.
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Blackout - Il commento di Bruno Elpis
Un “blackout” fulmina la corsa di un ascensore, che rimane bloccato tra il decimo e l’undicesimo piano di una torre nella squallida periferia di Bologna: “un mostro bianco di venti piani dalle linee curiosamente arrotondate. Che sorge di fronte a un identico mostro bianco arrotondato …”
In questa cabina, ove ben presto manca l’aria, anche per via del caldo torrido ferragostano che ha spopolato la città, sono costretti a misurarsi – gomito a gomito e loro malgrado – tre personaggi profondamente diversi.
Aldo Ferro, professione dichiarata: gestore di tre locali “à la page”; vizio privato: confeziona “snuff movie” sacrificando vittime umane con protocolli atroci e sadici. Nel condominio ha un appartamento segreto ove conserva l’archivio delle sue scelleratezze e ‘i ferri del mestiere’. Deve prelevare da questo ‘laboratorio’ di orrori alcuni strumenti che gli consentiranno di concludere un delitto in corso.
Tomas, sedicenne, sta per attuare una fuga verso le capitali europee con la sua ragazza, Francesca: entrambi vogliono fuggire dalle soffocanti famiglie, che non comprendono i loro drammi adolescenziali ed esistenziali (“Parlavano spesso dell’incubo nevrotico che era la famiglia di Francesca, delle dorate sabbie mobili che erano i genitori di Tomas”). Tomas, nell’occasione, è tornato a prelevare il bagaglio, per unirsi nella stazione di Parma alla sua complice fuggiasca.
Claudia, dietro a un aspetto apparentemente trasgressivo, ha una personalità determinata e misantropica. Sta tornando dal bar, ove lavora e che mal sopporta. Ha una relazione con un’altra ragazza, Bea, che è in trasferta in Marocco per girare un film.
Gianluca Morozzi utilizza una tecnica narrativa sperimentale, ricca di riferimenti alla musica (Ferro è un sosia di Elvis, che idolatra: “gli enormi basettoni che gli coprono mezza faccia, gli stivali di serpente, la camicia con gli intarsi country”; Tomas è un fan di Bruce Springsteen), per raccontare tre storie che si intersecano per uno scherzo del caso (“e tre persone razionali, di colpo, diventano nient’altro che vespe in un bicchiere rovesciato”), determinando un’esplosione di insofferenze e violenze in un crescendo inarrestabile.
La claustrofobia è rappresentata in modo da soffocare il lettore, rendendolo interprete di una paura tentacolare e ramificata, che si scompone nei molti elementi costitutivi: “La paura degli spazi chiusi. La paura degli sconosciuti. La paura di non respirare. E poi, in conclusione, l’ultima paura. Il buio.”
Una fobia che, nella parte finale, si trasforma in modo grottesco e viene proiettata sullo schermo mediatico delle paure e dei deliri collettivi. Demistificando e irridendo i fenomeni di massa che imbrigliano la nostra vita relegandola a una dimensione esteriore, ai limiti della rappresentazione circense. Quella alla quale ha assistito con sgomento …
… Bruno Elpis
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Blackout
Tre persone intrappolate in un ascensore in una torrida giornata di ferragosto, in cui la città è deserta; da qui si dipana la trama con un crescendo di suspance capace di incollare il lettore fino alle sue ultime pagine.
Lo reputo un romanzo apprezzabile sotto due punti di vista : in primo luogo per la storia, che trovo ben congegnata per dare vita ad un racconto duro, sconvolgente e sadico, dominato da un ritmo lento che ben si adatta a creare attesa e claustrofobia anche in chi legge, in secondo luogo, per la buona caratterizzazione dei personaggi, studiati in tutti i particolari, dalla loro collocazione sociale al loro spessore psicologico, alla loro reattività nello svolgersi della vicenda in cui si trovano invischiati.
In sostanza, buono il lavoro dell'esordiente Morozzi, dove all'efficacia del noir, riesce ad associare degli ottimi spaccati di vita quotidiana e di problematiche sociali legate ai nostri tempi, come lo sfascio dei rapporti all'interno di talune famiglie, l'insoddisfazione e la solitudine degli adolescenti, la brama di arrivismo e la sete di successo che pervade certune persone, tanto da spingerle oltre i limiti consentiti dalla morale e dalla legge.
Da leggere
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Blackout
Tre vite, completamente diverse, un romantico adolescente che è in procinto di scappare con l'amata, una ragazza lesbica costretta in una provocante divisa da lap-dancer pur di lavorare in un bar, un benestante quarantenne, con disturbi di personalità, sadico, folle e serial killer, con in tasca un serramanico, imprigionati da un black out in un ascensore, il giorno di ferragosto, in una Bologna deserta e asfissiata dall'afa. Il passare dei minuti, delle ore, direttamente proporzionale alla diminuzione dell'ossigeno e al salire della temperatura e dello stress fa crescere la claustrofobia e scendere la razionalità. Saranno liberati, ritornerà l'energia elettrica, prima che la mente del serial killer ceda?
Basterebbero questi ingredienti, ben dosati e sapientemente mixati da Gianluca Morozzi a fare di questo thriller, che sconfina nell'horror, un libro molto interessante, ma il finale, sorprendente e inaspettato, apre altri scenari che donano un nuovo taglio a tutto il libro. Allucinanti gli incubi claustrofobici che perseguitano i protagonisti, da interrompere la lettura per prendere una boccata d'aria all'aperto!
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Cuore e batticuore...
L'autore del libro ci regala una lettura choc, che mette i brividi a chiunque anche ai lettori più navigati...
Un gruppo di persone prende l'ascensore, sia pure per motivi diversi...
Ignari che fra di loro vi è l'ipotetico e feroce serial killer, i protagonisti si ritrovano per una banale casualità a vivere un incubo senza fine...
Cuore e batticuore, direi...per me che preferisco fare decine di piani a piedi, prima che prendere un ascensore, si tratta dell'ennesima conferma...
Quando tutto va bene...niente da dire...ma se...l'ascensore si fermasse...se...coloro che sono con me non fossero tutti tranquilli e pacifici....? se....
Io sono clastrofobica, per certi versi...e dopo aver letto questo libro....lo sono ancora di più...
Una situazione che comunque potrebbe capitare a tutti...
Datemi retta, cari lettori....evitate, anzi evitiamo di prendere l'ascensore.
Bello comunque, dà i brividi e per gli amanti del genere è una vera chicca.
Consigliato.
Saluti.
Ginseng666