Bell'abissina Bell'abissina

Bell'abissina

Letteratura italiana

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Nella “Presidenziale”, la sezione della polizia che si occupa della sicurezza di Mussolini, c’è un gruppo molto particolare chiamato “Squadra Fognature”, comandato a perlustrare il sottosuolo di strade e piazze su cui passerà il Duce, a caccia di eventuali bombe. Ed è durante una di queste perlustrazioni che agli inizi degli anni ’30 gli agenti della Fognature trovano le ossa dello scheletro di una donna, sgozzata e scarnificata. Dieci anni più tardi, a Cattolica, il commissario Marino, segretamente e attivamente antifascista col nome di battaglia “Locàrd”, riceve le confidenze di uno degli ex agenti della Fognature: forse la morte della ragazza, e di tante altre, ha a che fare con la famiglia di Francone Brandimarzio, un ricco imprenditore che ha fatto fortuna nelle Colonie, e che adesso si è ritirato a Cattolica, insieme al figlio Attilio e a una giovane e affascinante ragazza eritrea. Una famiglia all’apparenza irreprensibile, e soprattutto intoccabile, dal momento che foraggia gerarchi corrotti e ladri di regime, occultando e distribuendo fiumi di denaro sporco. Il commissario Marino si rende conto che, oltre a smascherare un assassino seriale, questa indagine può mettere in grave difficoltà il regime, ma il filo su cui si muove è davvero sottile, e il rischio di cadere dietro l’angolo.



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Bell'abissina 2023-02-04 17:05:29 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    04 Febbraio, 2023
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Il commissario Marino sul filo del rasoio ...

Per uno come me che ha passato l’ottantina da diversi anni, il titolo del libro di Lucarelli evoca una canzoncina degli anni Quaranta del secolo scorso, “Faccetta nera, bell’abissina, aspetta e spera che già l’ora s’avvicina …”, un motivetto che, come ricorda anche l’autore, non era visto con simpatia dati i riferimenti razziali. Alle elementari preferivano farci cantare “Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza ecc. ecc.”, più consona agli ideali di allora. Detto ciò, la bell’abissina del titolo è una bella meticcia, innamorata persa di Attilio, uno strano giovane di Cattolica, figlio di un potente personaggio del posto, uno che, partendo da umile pescatore, aveva fatto fortuna costruendo un impero di traffici immobiliari più o meno leciti in Africa e in Italia, protetto dal regime. Attilio e Weinì (così si chiama l’abissina) sono i due personaggi attorno a cui ruota tutta la vicenda: ingenua lei, freddo e calcolatore lui, fascista per convenienza, sicuro e protetto da un sistema che gli permette di comportarsi come meglio gli conviene. E poi c’è il commissario Marino, antifascista, in contatto con esponenti di Giustizia e Libertà: riesce a barcamenarsi, anche se si sospetta di lui, tanto da farlo pedinare da due scagnozzi del partito. Intanto Marino scopre in Attilio un pericoloso assassino, che uccide periodicamente giovani donne con difetti fisici: teme per Weinì, la mette in guardia, cerca di smascherarlo e di salvare la giovane in un finale travolgente (posso dire anche un po’ inverosimile) che ovviamente non rivelo, proprio alla vigilia dell’annuncio fatidico del Duce. L’Italia entrerà in guerra a fianco dell’alleato tedesco, l’avvenire appare radioso ai colleghi del nostro commissario, che finge contentezza brindando ad un sereno avvenire.
La storia si dipana su due filoni. Una storia con la esse minuscola fatta di molti personaggi, fascisti e antifascisti, indagini locali, scoperte agghiaccianti, scontri e accuse, bevute e balli al ritmo delle canzonette di allora e dei primi ritmi, appena tollerati, della musica d’oltreoceano (definita dal Duce “perversa e negroide”).
E poi c’è la Storia, il regime che impone le sue ferree leggi, comprese le odiose leggi razziali che impedivano addirittura rapporti sessuali con persone di razza diversa, le attività clandestine, l’impunità di personaggi che proprio grazie alle coperture politiche potevano fare affari di ogni tipo ed arricchirsi illecitamente. E questa Storia non risale a tempi remoti, ma ha caratterizzato la nostra vita abbastanza recentemente, alcuni decenni fa. Aveva ragione Giacomo Leopardi, che nello Zibaldone scriveva: “La storia dell’uomo non presenta altro che un passaggio continuo da un grado di civiltà ad un altro, poi all’eccesso di civiltà e finalmente alla barbarie , e poi da capo”.
Carlo Lucarelli procede magistralmente sui due filoni, anche se vanno segnalate alcune inesattezze riguardanti situazioni e date: il figlio di Mussolini, ad esempio, diventerà abile jazzista ben dopo la fine della guerra e non, come scrive l’autore, nel 1940, quando aveva solo 13 anni. Piccoli refusi, che non intaccano la piacevolezza della lettura e la capacità dello scrittore di far rivivere periodi e ambienti ben noti a chi ancora ne ha ricordi indelebili. Concordo infine con chi accosta Lucarelli a Raymond Chandler: il commissario Marino del romanzo ricorda il Philip Marlowe dell’autore americano, disincantato e ironico, ma pronto all’occorrenza ad usare metodi sbrigativi e violenti.


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Bell'abissina 2023-01-31 17:05:34 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    31 Gennaio, 2023
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Lei, la bell'abissina

Molti conosceranno Carlo Lucarelli, scrittore eclettico e poliedrico che torna in libreria, questa volta, con un romanzo giallo dalle tinte storiche intitolato “Bell’abissina”. Lucarelli è noto per opere eterogenee, ma è noto anche per quella passione per il giallo storico che spesso lo ha riportato agli anni del fascismo e con lui il lettore. Il titolo riconduce al commissario Marino, personaggio la cui prima apparizione risale al 1993 quando fu pubblicato ne il Giallo Mondadori in quanto vincitore del Premio Tedeschi. Gli appassionati del genere sapranno che si tratta del premio più importante per chi ama scrivere di gialli e/o ambisce a diventare scrittore di questo filone.
È nel 1937 la “Squadra Fognature” rinviene il cadavere sgozzato di una donna. Nello specifico si tratta di un comando ad hoc finalizzato ad occuparsi del sottosuolo e della sua perlustrazione. Ne 1940, a Cattolica, il commissario Marino – in segreto antifascista – riceve una dritta proprio da questi ex agenti. Quel che scoprirà lo porterà a perdere il sonno a causa di quel cadavere così ben descritto. La donna, infatti è collegata alla famiglia di Francone Brandimarzio, un imprenditore che ha fatto fortuna nelle Colonie d’Africa e che adesso si è ritirato nella cittadina romagnola insieme ad Attilio, il figlio, e a una bellissima ragazza eritrea (la bella abissina di cui al titolo).
Marino conosce della famiglia, è semplicemente intoccabile poiché mantiene i gerarchi corrotti con denaro non lecito. Smascherare l’assassino ed evitare che torni a mietere vittime non sarà per niente semplice. L’indagine assumerà, ancora, connotati di profonda gravità quando le vere idee politiche dell’agente rischieranno di essere scoperte.
Lucarelli si ripropone in libreria con un romanzo incasellato perfettamente nell’epoca. Il clima è magistralmente descritto esattamente come l’indagine. I personaggi sono ben delineati, l’arcano è ben sviluppato ed è capace di incuriosire il lettore che vuol conoscere della sua evoluzione.
Ciò che più spicca è inoltre l’umanità di Marino. In “Bell’abissina” egli arriva al lettore sia come investigatore che come uomo, un uomo che come tutti sbaglia, un uomo con le sue fragilità e debolezze.

«È uno bravo» disse indicandolo agli altri, «promosso e rimosso per aver fatto una cazzata che non piaceva al governo. Dicevano così, quello bravo che ha fatto una cazzata, anche se nessuno sapeva qual era.»

Ancora una volta Carlo Lucarelli si conferma un maestro nella narrazione, rende i protagonisti vividi e tangibili con mano, li unisce e fonda in un mondo da scoprire e amare. Al tutto si somma uno stile asciutto, rapido, pungente, asfittico, con le giuste descrizioni e con la giusta calibratura del romanzo storico. Rapido e magnetico. Il mio più sincero ringraziamento a chi mi ha fatto dono di questo scritto che altrimenti non so se avrei mai letto.

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