Anello di piombo
Letteratura italiana
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Recensione della Redazione QLibri
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L'ispettore Francesco Bagni
Torna l’ispettore Francesco Bagni, già protagonista de Trilogia della città di M e La strategia del gambero, ora in Anello di piombo. L’ispettore, creatura di Piero Colaprico, è nato in Svizzera, è un ottimo e deduttivo investigatore, ma è anche un uomo profondamente solo, in preda ad un dolore sofferto, perenne, senza sbocchi. Infatti:
“Non aveva paura, Bagni . Provava in quel momento una profonda solitudine. Una solitudine assoluta, nella quale s’avvolgeva sin da piccolo. Non era un problema essere solo. Il problema era che intorno a lui, e alla memoria di Nesi, si stava delineando una sigla misteriosa e fetente, chiamata Anello.”
Un dolore, una mancata elaborazione di un lutto particolare: quella del suo maestro e mentore Nesi Sebastiano, detto Tanone, morto anni prima mentre stava conducendo un’inchiesta assai delicata. Infatti indagava sulla strana morte dello psichiatra Eleuterio Rupp, ucciso a Milano negli anni Ottanta. Chi voleva la morte di uno psichiatra all’apparenza irreprensibile? Forse la moglie,
“Bella come una montagna di ghiaccio”,
o c’è dell’altro? Perché poco dopo scompare un libro dal suo studio? E quale significato ha la riproduzione dell’uomo Vetruviano posizionato alle spalle nello studio dello psichiatra?
Tutti quesiti che il suo defunto superiore affida ad un diario che Bagni sta affannosamente, anni dopo, leggendo, cercando di arrivare, finalmente, a fare chiarezza. Si scontra però con i segreti, le omissioni di uno stesso Stato che non riconosce più come suo:
“aveva parlato della teoria del Doppio Stato: uno Stato legale, che mostra la sua faccia, la sua debolezza e la sua forza; e uno Stato occulto, illegale, dove non contano i ruoli ufficiali, ma altri poteri.”
Una lettura avvincente, scritta adoperando uno stile che coinvolge e trascina con curiosità. La descrizione di uno spaccato di vita passata, che però tutt’ora presenta lati oscuri ed inquietanti:
“ Da quando il comunismo stava crollando come sistema. Da quando quel balordo del papa polacco era sfuggito all’attentato dei bulgari, da quando Cosa Nostra era diventata un sostegno ingombrante e imbarazzante, da quando Giulio Andreotti era stato fottuto da Bettino Craxi e il ministro degli Interni, primo o poi, non sarebbe stato più espressione della parte di Democrazia Cristiana più legata al mondo della Nato. Sia i vecchi equilibri sia uno come lui contavano sempre meno.”
Una bella lettura, trascinante e fascinosa, precisa e coinvolgente. Un testo che fa riflettere sui tanti misteri che ancora attanagliano il nostro bel Paese.
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Gli anni di piombo.
Non sapevo che Paolo Colaprico, giornalista e scrittore, avesse per primo coniato il famoso termine “Tangentopoli”, per indicare il giro di bustarelle e corruzione che pesava come un macigno sul comune di Milano, prima ancora dell’avvento di Mani Pulite, che aveva coinvolto il Pio Albergo Trivulzio. Siamo nei cosiddetti Anni di Piombo, dal 1960 al 1980, caratterizzati dall’attentato con bomba alla Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana, dalle violenze di piazza, dalla lotta armata al terrorismo. La vicenda narrata è proprio di quegli anni: in un quartiere bene di Milano, tra porta Venezia e porta Vittoria, viene assassinato nella sua auto e davanti alla sua abitazione un famoso psichiatra, il professor Eleuterio Rupp. Interviene la Mobile, ispeziona lo studio, vastissimo, scrivania in mogano, biblioteca strapiena, anche di ritagli dell’attentato alla Banca: il poliziotto che indaga è Sebastiano Nesi, detto Tanone, amante della collega Martina. Un colpevole viene trovato: il dottor Accursio, un medico fuori di testa, sbattuto in carcere e incriminato senza validi motivi. Ma Tanone non è convinto, continua ad indagare,e, con sorpresa, incontra nell’appartamento di Rupp un generale dei carabinieri, Cataldo, ex fascista ed amico della moglie dell’ucciso, un’autentica carogna che ha fatto rapidamente carriera. Tanone indaga troppo,scopre qualcosa, si sente spiato, pedinato, trova in casa una microspia: pensa di scrivere, temendo per la sua vita, una specie di diario giornaliero, a futura memoria. Infatti, viene trovato crivellato di colpi in casa 12 giorni dopo l’omicidio di Rupp, contemporaneamente al suicidio di un collega della DIGOS, marito di Martina: una messinscena ben costruita, per simulare un delitto di gelosia. Ma Tanone, nei suoi appunti, lascia una traccia, una specie di quiz enigmistico, che l’ispettore Francesco Bagni rientrato in servizio riesce a risolvere: una sigla, Anello, una setta di servizi segreti deviati, responsabile della bomba di Milano. Bagni è riuscito a trovare il diario di Tanone, ha fatto nuove scoperte, compresa l’identità dell’assassino di Rupp: viene però sequestrato da un gruppo armato, trasportato fuori Milano e minacciato di morte se non rivela quello che sa. Chi comanda il gruppo sarà una sorpresa, come pure il finale del romanzo.
Questa in estrema sintesi la vicenda narrata. Leggendo, si entra nel clima infuocato di quegli anni, anni di corruttori e corrotti, anni di vendette politiche e di decisioni contro certi settori prese anche dall’estero. C’era in ballo il pericolo comunista, e per il bene della nazione non si esitava ad estremizzare atteggiamenti, fino a veri e propri omicidi. Colaprico se la cava egregiamente: lo stile è tipicamente giornalistico, coinvolgente ed incalzante, la figura di Nesi, il poliziotto che si espone in prima persona, è tratteggiata con cura, direi quasi con affetto, come si deve ad un servitore dello Stato vittima di poteri occulti, ma amante della giustizia e della verità, a qualunque costo.
Molti i riferimenti storici a personaggi dell’epoca , dal ricordo dell’anarchico Valpreda (è stato anche coautore con Colaprico dei primi 3 romanzi della serie con il maresciallo Binda 2001-2002) al commissario Calabresi (sparato alle spalle) ed all’anarchico Pinelli “volato” via da una finestra della Questura milanese.
Tempi di rancori non sopiti del tutto, tempi in cui nello Stato, secondo una massima di allora, dettavano legge “personaggi neri come corvi dentro, bianchi come colombe fuori, in corpo fiele, in bocca miele”.