Alle radici del male
Letteratura italiana
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Il bene e il male
È maledettamente labile, e mai netto, il confine tra bene e male che emerge fra le pagine di questo sorprendente romanzo di Roberto Costantini. Scopro quasi subito che si tratta del secondo volume di una trilogia, ma procedo comunque nella lettura, pur essendo ignara dei contenuti del primo, perché anzitutto l'ambientazione ha su di me una presa immediata: la Libia degli anni Sessanta, dove la toponomastica di Tripoli ancora tradisce il passato coloniale e il ghibli soffia “il suo alito infuocato di sabbia”.
È laggiù che cresce Michele Balistreri, chiamando casa quella torrida terra nordafricana su cui a poco a poco iniziano ad addensarsi le nubi minacciose della Storia. Una vita agiata all'ombra di un nome che conta, quella vissuta dall'adolescente protagonista, senza peraltro farsi mancare esperienze che definire delinquenziali suona in verità riduttivo; un vecchio patto di sangue tra amici lascia una cicatrice indelebile sul polso e ancor più nell'anima, mentre delusione e rabbia approdano infine sull'altra sponda del Mediterraneo per continuare ad avvelenare un'esistenza che non sembra possa trovare requie né perdono.
La lunga vicenda narrata si divide in due parti, delle quali la prima, catturando il lettore fin dall'incipit, è forse quella meglio riuscita. Personalmente, ho trovato una prosa davvero molto coinvolgente, capace di muoversi con abilità attorno a un mistero agghiacciante di cui soltanto l'epilogo, dopo vari depistaggi ad arte della penna dello scrittore, svelerà retroscena e crudeltà dinanzi a cui la giustizia umana, quella al di fuori dei tribunali, non può tentennare. Trama complessa da raccontare in breve; occorre leggere e lasciarsi trasportare dalle inquietudini di un personaggio molto ben riuscito come quello di Balistreri e sferzare dal ghibli che proviene da quegli umani, insondabili deserti dove luce e ombra spesso si confondono e il male mette silenziose radici.
Valutazione complessiva, dunque, di quattro stelle e ½, per la storia in sé e lo stile narrativo, nonché per l'ambientazione libica (e la breve parentesi egiziana) che dimostra una conoscenza diretta da parte dell'autore (non a caso, Costantini è nato a Tripoli nel 1952) di luoghi e società araba locale.
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I vari volti del male
«Michelino, nella vita non vince sempre chi spara per primo.»
Tripoli, decennio anni Sessanta/Settanta. Michele Balistreri è un giovane adolescente in astio col padre, infatuato del volto della madre, Italia. Ella è per lui l’idolo da seguire, l’emblema del giusto, il modello detentore della verità e custode di quel fascismo che giorno dopo giorno il giovane assorbe e fa proprio dalle sue parole. È ancora l’eroina perché resiste a quel marito che viene dal nulla ma che così tanto vuole difendere la propria posizione. Michele ha un gruppo di amici molto lontano dal suo ceto sociale e tra loro viene sugellato un patto di sangue che li accompagnerà senza mai ammettere deroghe. Anche quando il corpo di una giovane donna viene rinvenuto con la figlia privo di vita in condizioni di avanzato stato di decomposizione, anche quando la sorella di uno di quei membri del patto di sangue viene rinvenuta in quel che resta del suo abito blu deceduta e violata per mano bruta altrui. Le peripezie, il lasciar la scuola, il riprenderla. L’esodo forzato che lo riporta contro sua volontà nel paese d’origine.
«Ora capisco. Questo è il mondo in cui devo crescere. Alcuni esseri umani valgono quanto le scimmie.»
Roma, 1982. Michele Balistreri, il poco più che trentenne e svogliato Commissario che abbiamo conosciuto in “Tu sei il male”, è ancora provato dal fallimento del caso Sordi quando viene incaricato di occuparsi di un nuovo delitto. L’omicidio perpetrato lo obbliga a tornare indietro nel tempo e proprio a quegli anni tra il 1962 e il 1970 del suo vissuto libico e di tutto quel che questo ha rappresentato. Ed è qui che si tratteggia la maestria del narratore perché questa prima e questa seconda parte, che si inseriscono cronologicamente prima e dopo l’omicidio di Elisa Sordi, si ricollegano tra loro e al primo episodio creando un unico filo conduttore.
E se in una prima porzione di narrato siamo colpiti dalla ricostruzione del passato del protagonista, un volto i cui tasselli del puzzle pagina dopo pagina si ricompongono sino a delinearne i tratti completi, un volto di giovane che odiava sentirsi incatenato, che non sopportava la democrazia e quel suo accostarsi alla parola “libertà” in contrapposizione a un qualcosa di precedente e negativo e che eppure veniva idolatrato dalla madre, il volto di un giovane che mai e poi avrebbe voluto assomigliare e diventare come quel padre venuto dalla povertà e ambizioso e desideroso di non tornarvici, dall’altro assistiamo al come quell’adolescente testardo e scontroso sia diventato il Commissario che conosciamo, un uomo schiacciato dai sensi di colpa, dagli errori commessi, dai torti subiti, dal passato vissuto, un uomo che ancora ritroviamo adulto e con una nuova e profonda maturità che mai cela quel suo esser stato e quel suo esser dannato.
Con un ritmo che rallenta e accelera a seconda del periodo e delle vicende che si susseguono, con un perfetto connubio tra finzione e realtà, Roberto Costantini dona al suo lettore un secondo capitolo delle avventure di Balistreri perfettamente complementare al primo, necessario ma non meno all’altezza, dall’intreccio solido e parimenti complesso e senza mai cadere nell’inverosimile. L’autore, attraverso la forma del thriller, tratta anche di tematiche che vanno dalla conclusione del Secondo Conflitto Mondiale, alla colonizzazione della Libia, alle questioni ancora oggi attuali inerenti al petrolio, alla corruzione politica, all’ascesa di Gheddafi e a tutto quel che ha significato, sino ad arrivare ai giochi di potere, al Vaticano, a quel male radicato nell’animo umano quasi come se si trattasse di una conditio sine qua non.
Il risultato è quello di una fotografia del volto dell’Italia per mezzo della ricostruzione di quello del protagonista che nelle sue settecento pagine si lascia semplicemente divorare.
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Patto di sangue e sabbia
Secondo libro della trilogia del male. Ha tutta una prima parte che racconta la giovinezza del protagonista e, visto che è anche un notevole salto indietro nel tempo, ti chiedi come mai questo sia il seguito del primo volume. Poi, nella seconda parte del libro, tanti tasselli si chiudono e comprendi meglio la storia se effettivamente hai letto il primo volume, anche se non ritengo che sia indispensabile per apprezzare questo giallo che è davvero bello. Ben congegnato. Ben strutturato. Ben composto. Ben scritto. La trama sta in piedi per conto proprio. E’ molto importante però entrare in sintonia con il protagonista e leggere la prima parte della trilogia ti dà un valore aggiunto indispensabile per apprezzare pienamente l’opera. Notevole è la capacità dello scrittore di rallentare il ritmo della narrazione, pur di creare quel senso di attesa e, nello stesso tempo, quel senso di urgenza nel lettore che lo invoglia a proseguire anche se la lettura è indubbiamente impegnativa. Importanti sono i temi storici sullo sfondo, i temi sociali che sono intrecciati nella storia, i risvolti psicologici. Perché tutto è una specie di corsa, di ricerca, in fondo al buco nero dell’anima, perché è in quel punto che si deve tornare, il punto che in tutti i modi si era cercato di dimenticare. Perché se è vero che libertà è poter scegliere tra luce ed ombra, non raggiungi la vera libertà finchè non ti si sono chiusi tutti i cerchi che ti tormentano l’anima.
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Sabbia e sangue
“L’Italia di oggi è il riflesso della classe politica che la rappresenta, i cittadini hanno imparato che spesso la convenienza personale viene prima della lealtà”. Michele Balistreri sembra avere le idee chiare su quali siano virtù e vizi del popolo italiano. Una nazione che non sente propria, lui che è nato a Tripoli nel 1950, in una delle famiglie più ricche e influenti della città, radicatasi in Libia a partire dal trasferimento del nonno Giuseppe.
Non ha dimenticato l’esodo forzato con cui la colonia italiana fu costretta a fuggire dalla Libia nel 1970, in seguito all’ascesa al potere di Gheddafi. Un tradimento, un sacrificio di pochi per un interesse generale di tanti.
Nel 1982 ritroviamo il cinico Balistreri, nel frattempo divenuto commissario di un quartiere romano, alle prese con un caso di omicidio. Una vicenda che si inserisce cronologicamente tra i fatti accaduti nel primo romanzo della serie, “Tu sei il male”, e che lo costringe a rituffarsi nel doloroso passato libico.
La prima parte del libro, nonché la migliore, assomiglia ad un racconto di formazione e tratteggia la figura di un adolescente testardo, scontroso, lealmente dalla parte delle minoranze, siano esse politiche o sociali. Un giovane idealista che mal sopporta la democrazia, accostata spesso ad un’altra parola, “libera”, come una giustificazione accanto a qualcosa di negativo, una scusa non richiesta. E che desidera con tutto se stesso di non diventare come il padre, affarista di successo, un “venditore di ghiaccio agli eschimesi” tanto abile con le parole e i sorrisi quanto avido e manipolatore.
Il Balistreri trentaduenne, disilluso protagonista della seconda parte del romanzo dedicata ai fatti del 1982, è invece il risultato di un passato che pesa come un macigno, il prodotto di torti subìti e compiuti che affondano le radici nella giovinezza libica.
Ancor più che nel precedente capitolo, la storia fonde personaggi fittizi a vicende storiche reali (la seconda guerra mondiale, la colonizzazione fascista in Libia, i rapporti con l’Italia e la questione del petrolio, l’ascesa al potere di Gheddafi, i Mondiali di calcio). Motivo per cui “Alle radici del male”, pur essendo un romanzo di intrattenimento, ha una complessità ben differente da quella di un semplice thriller. E al contempo il bravo Costantini è riuscito ad alzare il livello qualitativo della serie, dopo l’ottimo “Tu sei il male”, nonostante alcune dispersioni ed eccessive complicazioni nell’intreccio, peraltro probabilmente inevitabili data una lunghezza pari a 670 pagine.
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Al di là del Male
E’ da “L’Impero Colpisce Ancora” che aspettavo questo momento.
Perennemente deluso dai secondi capitoli, spesso insipide estensioni del primo, ovvie e deludenti conseguenze di un brodo senza carne allungato con tanta acqua, devo ammettere di aver tentennato troppo ad iniziare “Alle radici del male”.
Mi chiedevo cosa potesse aggiungere Costantini su Michele Balistreri. Sapevamo già del suo tormentato passato, del suo traballante percorso di redenzione attraverso la militanza nei Servizi Segreti e poi l’ingresso in Polizia come Commissario. L’autore ci aveva efficacemente e sapientemente descritto un personaggio complesso, attraverso un cerchio che si apriva nel 1982 con l’omicidio di Elisa Sordi, per poi chiudersi nel 2006 dopo una estenuante caccia all’Uomo Invisibile
Ma Costantini sa e ci chiarisce subito che la vita non è un solo cerchio, ma è fatta da tanti cerchi che si aprono e si chiudono intersecandosi tra di loro, hula hoop colorati e impazziti che escono via dal nostro corpo volteggiando tra il prato verde e un cielo azzurro, sparpagliati. Una polaroid, leggermente sfocata e sbiadita, li riunisce.
Altro giro dunque, che inizia in Libia nel 1958, dove troviamo Michele/Mike ragazzo mentre guarda la finale di Sanremo tra la mamma Italia e Laura Hunt, le donne della sua vita.
Una Libia drammatica e intensa, tra il giallo della sabbia spazzata via dal ghibli incessante e il blu intenso del mare, teatro perfetto per post colonialisti italiani, carabinieri comunisti, preti in ascesa, ex ufficiali americani (o spie in servizio permanente effettivo?) reduci dalla guerra in Corea, Arabi pronti ad una guerra contro gli Israeliani, inconsapevoli che non durerà più di sei giorni.
In mezzo, Mike, il suo l’amore per Laura Hunt, il patto di sangue con Ahmed, Nico e Karim, la banda dei MANK, che avvia, quasi per gioco una serie di attività illecite, ma molto redditizie.
Sembra il cerchio perfetto, ma nel 1969 due terribili omicidi lo interromperanno bruscamente, per poi riaprirsi nel 1982, dove ritroveremo il nostro protagonista subito dopo la drammatica conclusione del caso Nardi che, quasi per caso, riuscirà a riannodare alcuni fili, gettando una luce parziale sulla ricerca della verità che tanto lo devasta, grazie all’aiuto di una donna coraggiosa e di ritorni inaspettati.
“Ora hai capito, Mike? E’ così che finirai”
Yes! E ora sotto con il terzo e ultimo capitolo.
1980
Le luci si erano appena accese mentre terminavano i titoli di coda. Esterrefatto da un finale così drammatico e inatteso, percepivo nella sala riecheggiare ancora, o forse solo nella mia testa, “Luke, Io sono tuo padre!”
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C'era una volta in Libia...
Interessante secondo capitolo della trilogia noir di Roberto Costantini iniziata con 'Tu sei il male': trama alquanto complessa e ricca di intrighi di ogni tipo, passionali, religiosi e persino politici con infiltrazioni mafiose... insomma ce n'è per tutti i gusti.
E quando c'è troppa carne sul fuoco è facile che si bruci troppo e l'arrosto non sia più saporito... Fortunatamente, invece, la prima parte del romanzo di Costantini, ambientata nella Libia degli anni '60 ed incentrata sul racconto della vita adolescenziale del protagonista, il futuro commissario Mike Balistreri, funge da ottimo prologo per le vicende di cronaca nera descritte nella seconda parte del libro, amalgamando bene tutti gli ingredienti tipici del genere noir con un risultato sicuramente soddisfacente.
Tra l'altro la prima parte del romanzo, condita da un'accattivante descrizione di Tripoli e del paesaggio nord-africano, un continuo alternarsi di sabbia e mare, caldo e pioggia, bene e male, rappresenta forse il punto di forza di questa seconda opera di Costantini che altrimenti sarebbe stata sin troppo simile al primo capitolo della trilogia; offre, inoltre, al lettore la possibilità di conoscere più a fondo il commissario Balistreri, portando alla luce gli episodi drammatici che hanno segnato la sua adolescenza, sino a renderlo quell'uomo cinico e disinteressato, come già conosciuto in 'Tu sei il male'.
Una curiosità per concludere: anche se forse è solo una mia impressione, leggendo la prima parte del romanzo mi è sembrato di rivedere alcune scene del capolavoro di Sergio Leone, C'era una volta in America: i 4 amici, il loro patto di sangue e di eterna amicizia, i soldi conquistati anche con mezzi poco leciti, il potere, le donne, l'ambizione... c'è persino il salto in mare dal pontile, questa volta non in macchina ma in moto: "Ci facciamo un bagno?"
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ALLE RADICI DEL MALE
Non si può certo dire che questo autore non sia originale. Anche in questo secondo lavoro Costantini è riuscito a regalarci un thriller di alto livello con uno stile molto personale, facilmente distinguibile. Personalmente amo questa interpretazione del genere poliziesco, con una cura molto attenta del contesto socio-politico, per poi cucirci sopra una storia di fantasia come un abito su misura.
Questo romanzo può aiutare a far chiarezza su avvenimenti realmente accaduti, che sono stati in qualche modo distorti dai servizi segreti del tempo. Stiamo parlando dei difficili anni 70/80, dove ancora l’opinione pubblica poteva essere facilmente pilotata e deviata dalla verità. Costantini ci propone una sua interpretazione, molto credibile, di avvenimenti come l’uccisione di Mattei, l’ascesa di Gheddafi e di altri fatti altrettanto significativi, che nel contesto della storia sono sapientemente incastonati.
La storia che ci propone non è altro che il sequel del precedente libro, anche se in realtà si tratta di un “ritorno al passato” della vicenda raccontata nel primo lavoro. La mole del libro potrebbe spaventare qualche lettore, ma posso assicurare che questo romanzo necessita di tutte le 700 pagine, in quanto la vicenda ha innumerevoli collegamenti che hanno bisogno dei dovuti chiarimenti. Le prime cento pagine possono risultare per qualcuno un tantino pesanti, ma poi tutto prende il giusto ritmo e non si vede l’ora di arrivare alla fine. Ora aspettiamo l’ultimo capitolo, che nel frattempo è già uscito in libreria! Il male non dimentica.
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Il lato oscuro...di Mike
Devo ammettere che “Alle radici del male” è stato un piacevole viaggio nel lato oscuro del Mike Balistreri, l’autore è riuscito a mantenere ritmi e interesse alto sino alla fine. Nonostante la storia vacillasse in alcuni punti, è riuscito con abilita a nascondere le debolezze della trama puntellandole con un ottimo stile noire.
Balistreri è in qualche modo legato all’82’ a doppio filo, ed ho trovato affascinate questo gravitare di Mike attorno ad un anno che per lui significa l’inizio di un incubo e la fine di un dramma: Il precedente romanzo “Tu sei il male” trovava le sue origini proprio in quell’ anno, quest’ultimo invece trova il suo epilogo.
La lettura è molto gradevole, Costantini descrive la Libia in modo fantastico, palmeti,sabbia, uliveti, colori ambrati che si stagliano e dipingono i contorni di sordide vicende, trascinandoti in uno spaccato di vita quotidiana e accompagnandoti ad un epilogo di un momento storico italiano oserei dire controverso, sfruttandolo a proprio vantaggio.
Gli intrighi politici tratteggiati dal’ autore vacillano in alcuni punti,ma si riesce a sorvolare data la scorrevolezza e la necessità di dare continuità alla trama.
Un ottimo sequel per chi ha già avuto modo di incontrare l’ispettore Balisteri, un buon inizio per chi ancora non ha avuto il piacere …
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La maledizione del secondo volume
Forse è un caso ma tutte le volte che ho avuto a che fare con qualche trilogia (che si tratti di libri o di film) il secondo capitolo è sempre quello che mi piace meno! è stato così con Ritorno al futuro, Millennium di Stieg Larsson, Il signore degli Anelli e, anche se non ho ancora letto il terzo, finora l'aspettativa è confermata!
In "tu sei il male" il giallo è l'elemento fondamentale e tutto ruota intorno all'enigma di una serie di omicidi, quindi l'attenzione è sempre vita. Qui non è così: nella parte iniziale ci si perde in una serie di giochi narrativi che rendono il tutto eccessivamente pesante e prolisso. è interessante conoscere il ruolo che hanno avuto gli italiani in Libia nel dopoguerra, per cui se si riesce a scindersi dal desiderio di "sapere chi è l'assassino" e semplicemente immergersi in una sorta di manuale di storia, il libro può anche essere piacevole.
Nella seconda parte, il romanzo diventa più interessante. Si riprende la vicenda laddove si era fermata in "Tu sei il male", dopo l'omicidio di Elisa Sordi e si descrive l'Italia degli anni ottanta in modo assolutamente realistico, almeno per quel che riguarda il tessuto sociale: avvento delle tv commerciali, presenza e prevalenza della democrazia cristiana, giochi di potere ecc... Un po' troppo all'americana la descrizione di un certo tipo di malavita che ora non posso descrivere nel dettaglio, altrimenti faccio spoiler. :)
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Le radici del male italiano
1969
Il piccolo Michele "Mike" Balestreri è il nipote di uno dei più conosciuti coloni italiani in Libia, vive a Tripoli dove il padre, di origini palermitane, è uno dei più importanti imprenditori locali.
Mike ha un carattere forte, scontroso e difficle, non ama i giovani italiani della sua scuola e preferisce la compagnia di Nico, un lontano parente bistrattato da tutti per il suo buffo aspetto fisico, il lavoro "poco nobile" di sue padre, un benzinaio ed i suoi difetti di pronuncia. Oltre a vito Mike frequenta anche i figli del fidato collaboratore del padre Ahmed e Karim, il primo un'ombra per Mike, il secondo un giovsne amante della cultura che contenderá a Mike la bellissima ragazzina americana Laura Hunt.
I quattro ragazzi sono legati da un patto di sangue e sabbia che renderá la loro adolescenza un vincolo indissolubile.
Ribelli, non convenzionali, i quattro giovani fonderanno una societá che si occuperá di molte attivitá, la maggior parte illecite.
Il padre di Mike, Salvatore Balistreri con il fido don Eugenio e l'ex poliziotto convertito al comunismo Busi, trameraano alle spalle della Libia per favorire le rispettive posizioni sociali in Italia.
A far da colorrario a queste storie, quattro misteriosi e cruenti delitti che lasciano nell'animo di Michele Balistreri un solco profondo ed un'instabilitá crescente.
1982
L'anno del Mundial in Spagna.
L'ispettore di polizia Michele Balistreri è più interessato alle donne ed alla bella vita piuttosto che ai casi di due delitti comessi a Roma, nel quartiere di sua giurisdizione.
Claudia Teodori è una ragazza ribelle, appassionata di teatro e recitazione, sta per entrare nel magico mondo della televisione: il volto del nuovo status simbol del benessere italiano.
Michele Balestrieri viene incaricato dal padre di Teodori, un vecchio poliziotto in punto di morte, di controllare la figlia, ma questi preferisce il poker, il fumo, l'alcool e le droghe ad una ragazzina viziata!
Un atro omicidio fará destare la curiositá di Mike, una giovane argentina. Molte analogie, troppe coincidenze che riportano il ribelle Balistreri alla Libia, alla sua infanzia, ai suoi vecchi incubi.
Se Tu Sei il Male vi è piaciuto, questo è il libro che dovete leggere. Personalmente ero entusiasta del primo libro e questo prequel non ha tradito le mie altissime aspettative.
Roberto Costantini cattura il lettore con il suo eccentrico prtagonista, portandolo per mano nella Libia deglia anni 60, facendolo ragionare sulle varie sfacettature polito-temporali dell'Italia dell'epoca, saltando poi agli anni 80, il boom economico ed i risultati del Male creato dai sotterfugi politici dell'epoca.
Un libro da leggere ed assaporare, che parla di Italia e di noi stessi, di rabbia e di amicizia, del bene e del Male, di tutti e di noi stessi.
Consigliatissimo