La regina del silenzio
Letteratura italiana
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Nel nome della musica
Un inedito Rumiz alle prese con una fiaba, o meglio, con un fantasy, che ci racconta la storia di un regno immaginario che alcuni mostri hanno voluto privare della musica e che una ragazzina, Mila, riesce a salvare. Mila nasce grazie alla musica e cresce in armonia con la natura, affinando una capacità di ascolto straordinaria, un bellissimo dono che ognuno di noi dovrebbe imparare a coltivare. Il senso del suo viaggio è restituire sonorità al mondo intero ed è emblematico che riesca a vendicare il padre non con la spada, ma con l’armonia. Un messaggio trasversale che questo autore speciale ci vuole dare, al di là della trama che, in modo originale, dedica alla fine a se stesso, anzi, al bambino che è in lui. Tratto costante che mi ha fatto sorridere: l’amore per le planimetrie schizzate a mano. Anche in questo libro, che non è un suo vero viaggio, se non forse un viaggio immaginario, ritroviamo schizzi di territori ad aprire e chiudere il volume. Bella la copertina: un soffice tappeto di nubi rosa con colori accesi che sono decisamente da ammirare.
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La dolcezza e la poesia nella Fiaba
Tanto tempo fa, in un mondo semplice ma dai valori profondi, in una realtà fatta di fiumi, foreste, rituali animisti, contadini, capanne, cavalli e carri, migrazioni di popoli, guerre e eserciti … in un luogo non ben definito, forse Europa centro-orientale, caratterizzato dalla brughiera, ma anche da tanti fiumi, poi la steppa, il mare, i monti impervi, i fiordi, le rocce a strapiombo … in una struttura economica semplice, fatta di coltivazioni primitive, autoconsumo, campi e avena … vivevano tante popolazioni, tanti villaggi immersi nella madre natura che veniva rispettata come una divinità. I popoli seguivano con religiosa devozione e ritualità la ciclicità della vita, come un dono offerto da un Dio che era il Tutto onnipresente; l’uomo saggio si scusava se tagliava un albero o se spezzava un ramo, gli antenati venivano celebrati costantemente, potevano ritornare sotto forma di pianta o animale oppure in sogno e davano consigli preziosi, la morte stessa veniva accettata in modo sereno. Le ceneri del corpo dell’eroe morto combattendo per il proprio popolo, entravano in simbiosi con l’universo, si mescolavano col cielo, ritornavano nel tutto.
Chi si addentra nel romanzo di Paolo Rumiz, nella storia del popolo dei Burjaki e nelle avventure della impavida eroina Mila, si troverà davanti ad una delicatissima fiaba, caratterizzata da messaggi attualissimi e da una dolcezza linguistica presente dalla prima pagina e costante in tutto il romanzo. Il libro è corredato da illustrazioni e grafica di estrema raffinatezza e da una mappa del mondo immaginario in cui il lettore si dovrà immergere.
La pianura dei Burjaki, caratterizzata da fiumi navigabili e paludi, viene invasa da un popolo che arriva da nord, comandato dalla terribile regina Ubidaga che, capace dei più atroci malefici, attraverso i tre mostri ( bisonte, serpente e scorpione) sottomette i Burjaki. La regina-strega impone ai mansueti abitanti, una forma di dittatura, proibendo loro qualsiasi forma di musica o melodia, pena la tortura o la morte. Le descrizioni di personaggi e ambienti sono di mirabile intensità. La proibizione della libertà di espressione artistica e la negazione della cultura sono elementi tipici della dittatura moderna ma ci ricordano anche il famoso Fahrenheit 451.
L’eroe è morto ma la figlia Mila che non conoscerà mai il padre, dotata di un’innata capacità di ascolto e predisposizione eccelsa per l’arte della musica e del canto, dovrà portare a termine la sua missione; liberare il suo popolo dalla dittatura della strega, liberare Eco dalle viscere del mostro, liberare l’arte, la musica, il canto. Per fare questo dovrà affrontare un lungo viaggio, superare prove che richiedono forza, determinazione e astuzia. Nel viaggio l’eroina vedrà la città e il mare, le montagne rocciose e le strade più impervie; aiutata dall’armonia della natura, dalle capacità straordinarie nel modellare la voce e la melodia, da vari personaggi favorevoli, maestri e amici, ostacolata dalla terribile Ubidaga, Mila supererà le prove che il suo cammino le ha imposto.
Con un linguaggio barocco e una straordinaria varietà di aggettivi e sostantivi legati al mondo naturale, inseriti in una struttura sintattica classica, la storia, ricca di peripezie e avventure, scivola via con estrema dolcezza, lasciando al lettore una serie di immagini poetiche e sfumate, un messaggio ambientalista e il desiderio di ritornare alle origini; forse quel mondo descritto dall’autore rappresenta sia un lato misterioso che è dento di noi dove il bene e il male sono in lotta costante, sia la fuga verso un luogo di sogno, nell’era della società tecnologica, sia la lentezza nel periodo dello stress e della frenesia.
Citazione dal testo
La Bambina: e se l’inverno non finisse mai? Se domani il sole non sorgesse?
Nonno: niente del genere può succedere, se gli uomini non prendono dalla natura, più di quanto la natura può dare.
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UN VORTICE DI MUSICA E SPERANZA
La Regina del Silenzio è un romanzo semplice ed efficace, che colpisce senza troppi giri di parole. Consigliato per chi vuole abbandonarsi ad una lettura semplice ma sensata.
L’aver letto questo libro sembra quasi di aver assistito ad un’esperienza sinfonica.
Un re crudele, accompagnato dalla spietata madre, scende con la sua “Armata del Silenzio” nella terra dei Burjaki, popolo umile e guerriero, occupandola. La regina vieta la musica e bandisce ogni tipo di strumento, eliminando le vocali e adottando una politica di terrore. Il piccolo popolo ha bisogno del proprio canto per poter sopravvivere, ma ormai cantare non è più possibile; addirittura ai neonati viene nascosta l’esistenza della musica. Così il malcontento e il terrore generale si diffondono piano piano nel Regno del Silenzio. La protagonista di questo racconto è una ragazzina, Mila, figlia del valoroso guerriero Vadim, che nasce con un inconsapevole desiderio di musica. Il suo talento indiscusso le viene trasmesso da un grande suonatore, Tahir il bardo, che le canta e suona canzoni fin da quando si trova nel grembo della madre. Sarà proprio grazie al suo dono innato e all’aiuto di diversi personaggi, con le loro ferventi emozioni, che si batterà nel nome della libertà.
La musica è senza dubbio il centro del romanzo. Viene dipinta come una melodia universale, capace di unire specie e genti diverse e di renderle un’anima sola, in mezzo alla grandezza e alla suggestività della Natura. Nel romanzo, l’uomo si fonde perfettamente con il paesaggio descritto creando una totale armonia.
Ciò che mi ha colpito di più dello stile di Rumiz è che assegna nomi inventati a luoghi realistici, che fanno parte del nostro immaginario collettivo, collocandoli su una carta immaginaria (disegnata all’interno del libro dall’autore stesso).
La prima impressione che ho avuto del romanzo è stata quella di leggere una fiaba: trama e personaggi semplici e diretti, luoghi e tempo immaginari e indefiniti, ovvero le sue caratteristiche per eccellenza. La differenza si trova nel lessico del racconto: seppur mirato per un pubblico di preadolescenti e adolescenti, è ottimo per gli adulti che hanno la possibilità di ricordarsi nostalgicamente le fiabe lette da piccoli e che da tempo avevano dimenticato.
La bellezza e la purezza del racconto sono dovute dalla semplicità con la quale ci viene offerta una storia colma di significati e di valori umani, come l’amore, la nostalgia, la lontananza da casa che si riversano nella musica diventando la difesa ad ogni arma. Ti fa sentire il profumo di luoghi lontani da te sia per tempo che per spazio e tradizioni, eppure il suono della tambùriza e del violino, strumenti simbolo delle vicende, ti avvolgono sempre di più. Rumiz è riuscito a riassumere in tutto e per tutto un inno contro alla violenza, che invita ad ascoltare la voce del proprio cuore.
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Una armoniosa favola
Paolo Rumiz scrive La Regina del silenzio: una favola composta da suoni da usare contro la violenza del silenzio e del troppo rumore. Il libro rivolge un pressante invita ad ascoltare la voce del proprio cuore e di se stessi, e di non farsi tiranneggiare dal frastuono che ci circonda.
La protagonista è Mila, una bambina che nasce quando suo padre, il guerriero Vadim, è morto, ucciso da un bisonte dalle corna avvelenate dalla regina Ubidaga, una tiranna che ha imposto il silenzio degli strumenti e la cancellazione delle vocali, schiavizzando un popolo, togliendovi gioia ed armonia. Ma Mila nella pancia della sua mamma ha ascoltato la musica, ha imparato la melodia della tamburica di Tahir, il bardo che ha accompagnato con le sue armonie la morte del padre. Mila acquisisce il senso di nostalgia per qualcosa che non ha più. Fino a quando il nonno Lev non le narra del bardo che ha suonato e lei decide di cercarlo: insieme liberano Eco, prigioniero nelle grinfie della tiranna, restituendo la sonorità e l’armonia a tutto il paese. Inoltre Mila incontra un maestro di violino e lei decide che non ha mai suonato, ma riesce immediatamente a far vibrare le corde con l’archetto e a rivivere la magia dei suoni che in un tempo passato aveva fatto propri.
Il libro è dedicato all’amico musicista triestino Alfredo Lacosegliaz, scomparso un anno fa, l’artista che anticipò l’interesse per la musica balcanica e le contaminazioni con i suoni che venivano dall’Oriente: su di lui e il suo codino grigio è modellato uno dei protagonisti del libro stesso, il bardo Tahir, discendente di un popolo guerriero che canta la nostalgia e con la sua tamburiza seduce uomini e animali.
La Regina del silenzio, dice l’autore, che ha avuto una gestazione lunga. Comincia a sedimentare circa otto anni fa, quando la musica è entrata fortemente nella vita di Paolo Rumiz. L’amicizia con Lacosegliaz, poi con Riccardo Muti, che gli suggerisce la forma per la ballata “La cotogna di Istanbul”, il romanzo-canzone edito nel 2010,più volte riscritto. Infine l’incontro con Igor Coretti-Kuret e con la sua European Spirito f Youth Orchestra, il complesso di novanta giovanissimi musicisti, di diversi paesi, che ogni anno si scioglie e l’anno dopo rinasce, con altri talenti in erba, sconosciuti gli uni agli altri.
Inoltre il libro è frutto di una collaborazione tra “uomini di confine”. L’amico Piero Porro, calligrafo, ha creato le “cornici” dei capitoli in un alfabeto runico un po’ “latineggiante”, più vicino a noi, mentre la copertina e le illustrazioni sono firmate da Cosimo Miorelli, figlio di Moreno, fondatore del festival Stazione Topolò. Sulla copertina Miorelli ha disegnato anche la mappa del paese immaginario dove è ambientata la favola. E’ la terra dei Burjaki, la grande pianura dei Carpazi, dove si stendono l’Ucraina, la Bielorussa, la Polonia. E dove, in assenza della cassa di risonanza naturale delle montagne, i popoli sono costretti a cantare per non deprimersi. Il Mare del Nord è il Baltico, Negroponto il Mar Nero, Ramadania un paese arabo d’oriente.
Ne consegue una favola pieno di suoni contro la violenza del silenzio e del troppo rumore. Una lettura armoniosa, ricca di fascino.