Il lamento dell'usignolo
Letteratura italiana
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Il lamento dell'usignolo
La storia mi ha tenuta incollata fino a quando non ho finito di leggerla. La trama e l’intreccio sono ben costruiti, e l'autrice ha reso la storia avvincente con mille colpi di scena. Ci sono stati due momenti, verso la fine del libro, dove mi sono emozionata; il primo alla morte di Darithia, perché mi ha dato l’impressione di essere l’unico momento di vera umanità di Zagart; e l’altro quando la trisavola di Lara pronuncia la frase nella quale non pensava di ospitare a casa sua re e principi, perché è l’unico membro della famiglia di Lara rimasto in vita che riesce a vedere benedetta, all’interno di una storia piena di violenze, la sua discendenza.
Devo fare, però, alcuni appunti. Nella parte iniziale del libro, durante la prima fuga di Lara, si svela un dono che lei ha, quella della “la ragazza mentale”, al quale Lara non fa più ricorso lungo tutto il libro, mentre avrebbe potuto utilizzarlo anche durante i momenti più duri/difficili della sua storia.
Inoltre, Zagart, sempre attento e accorto, aspetta che gli venga ripetuto da Wingam tre volte prima di capire che gli sono nati altri figli da Lara; sinceramente, ho avuto l’impressione che in questo frangente ci facesse un po’ la figura dello stupido, cosa che non si addice a uno spietato sanguinario come lui.
Devo ammettere che è la prima storia che leggo dove viene descritta con normalità la sindrone di Stoccolma; questo può piacere o non piacere, certo che vedere la vittima affezionarsi al suo carnefice, e cedergli di fronte a qualsiasi tipo di richiesta lungo tutto il libro in virtù di un’antica promessa (se no che fantasy sarebbe?) mi è risultato, soprattutto all’inizio, pesante.
Comunque, per essere un libro d’esordio è sicuramente un lavoro notevole e quando saranno pronte le altre storie del ciclo di Davidia penso che leggerò volentieri.