I regni di Nashira. Le spade dei ribelli
Letteratura italiana
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Opinioni inserite: 4
Prosegue male
Speravo che il secondo episodio di questa saga risollevasse un po’ le sorti della storia, ma sono rimasta delusa. Già nel primo romanzo avevo individuato una lunga serie di difettucci intervallati da qualche raro e interessante barlume di genialità ma devo ammettere che la situazione non è cambiata di una virgola nemmeno nel secondo.
Partiamo, di nuovo, dalla protagonista Talitha, la giovane Talarita che rinnega le sue origini e si schiera al fianco degli schiavi liberati, i Femtiti. Pare sempre più una copia sputata di Nihal, protagonista delle Cronache del Mondo Emerso, con qualche sostanziale differenza: è sciocca, superficiale e immatura. Condivide con Nihal l’amore per la spada e la battaglia, ostentato al punto che in diversi momenti mi sono ritrovata a chiedermi se per caso la Troisi non ci stesse narrando la storia dal punto di vista del cattivo. Talitha è assetata di sangue e violenza, la adora, non vede l’ora di combattere e uccidere tutti i Talariti che incrocia sul suo cammino e questo è un atteggiamento che ho trovato agghiacciante. Certo, qualcosa di simile era già stato proposto in Nihal, ma mai portato a simili livelli e non credo che possa essere giustificato con la semplice rabbia che Talitha prova nei confronti dei suoi simili, massacratori di schiavi.
La giovane affianca i ribelli nella loro lotta, ma nel proclamare i suoi ideali si contraddice spesso e volentieri. Verso la fine del romanzo afferma che la sua battaglia è sempre stata per l’uguaglianza tra Femtiti e Talariti, invece per tutta la durata di esso la giovane non fa che eseguire ciecamente gli ordini dei capi ribelli, massacrando a sangue freddo soldati e civili Talariti. E non basta l’aver provato pietà nei confronti di una ragazzina per scusarla e stabilire che in fondo i suoi principi sono nobili, perché non lo sono.
Talitha è una giovane intollerante, che vede nella morte degli altri l’unica via per vendicare le sue blande sofferenze. Persino il ricordo dei mesi passati al monastero, la morte della sorella e le sue ultime scoperte sui soli la portano ad un odio cieco nei confronti dell’intera casta sacerdotale e di conseguenza a ritenere giusto il loro massacro. Sorvolando sul fatto che il tempo passato al monastero sicuramente è stato vessante, ma non così orribile come la ragazza ricorda (la cosa peggiore che le poteva capitare era recitare noiose preghiere e leggere da un libro mentre le altre cenavano), può essere giusto che abbia in antipatia i sacerdoti per essere un ceto chiuso alle novità, che divide rigidamente la società in maniera iniqua e che forse, forse, ha causato la morte di sua sorella (e che invece potrebbe essere avvenuta naturalmente, dato che pare che la sua malattia fosse comune tra le oranti), ma tutto questo è sufficiente a classificare l’intera casta come “male”? Talitha è ben contenta di aggredire un luogo quasi totalmente indifeso e ci viene fatto credere che lei in fondo sia buona solo perché, alla fine, tenta di difendere i pochi prigionieri sopravvissuti dalla condanna a morte.
Un bel gesto, ma è uno in un mare di odio e morte, che, ricordo, domina la Talarita senza un briciolo di rimorso o di esitazione.
Altro problema è appunto la sua gestione dei sentimenti: si innamora e dimentica l’amore nel giro di tre mesi, il ricordo della sorella è completamente spento, nessun riscontro psicologico in seguito alle morti provocate.
Passando al secondo protagonista della storia, Saiph, ammetto che il suo personaggio mi è risultato più gradevole in questo secondo episodio. Almeno lui è bene in grado di distinguere il bianco dal nero e decide di proseguire la ricerca per salvare Talaria, non di invischiarsi in un mare di sangue. Sicuramente Saiph è più maturo, ragionevole e responsabile di Talitha, ma ancora non riesce a svicolarsi dalla personalità della padrona. Nonostante tutto quello che ha passato, rimane sempre il suo schiavo e pensa a lei con la devozione di un cane fedele, non con il rispetto e anche l’affetto di una persona coinvolta in una relazione alla pari. Dal canto suo, Talitha continua a trattarlo come un animale da compagnia e non riesco a leggere in lei nemmeno una briciola del decantato affetto che prova per lui.
Per quanto riguarda il resto della storia proseguono i pesanti parallelismi con le Cronache e le Guerre del Mondo Emerso. Ce ne sono davvero tanti e la storia, nonostante abbia degli spunti originali, ricalca sempre quegli schemi e sembra una scopiazzatura. Per fare alcuni esempi: abbiamo Talitha che è l’ombra di Nihal (come lei segue la strada della spada, porta i capelli corti, non vede l’amore che l’amico di una vita ha per lei e lo snobba, si innamora di un uomo più grande che la rifiuta, sfoga il suo odio nel sangue), Saiph è l’ombra di Sennar (pacato, più incline allo studio che alla guerra, innamorato devotamente dell’amica di sempre e da lei rifiutato, si avventura in un viaggio solitario in seguito ad un litigio con lei), Verba ricorda Sennar vecchio nelle Guerre del Mondo emerso (amareggiato, sconfitto, ha perso la fiducia nel genere umano e non ha alcun interesse a salvarlo), Grele somiglia molto all’assassina Rekla nelle Guerre (odia la protagonista, è stata umiliata da lei e vuole rifarsi sulla sua pelle, è una combattente, un’assassina ed è disprezzata dalla famiglia di origine), Megassa, il padre di Talitha, è la copia di Dohor, il padre di Learco (ambizioso, spietato, disinteressato al bene dei figli che usa come strumenti per consolidare il proprio potere, violento con la moglie e pronto ad uccidere per il comando).
Questi sono tutti i parallelismi che mi sono venuti in mente e sono già tanti così.
Altri problemucci sono alcuni punti poco realistici: un drago e un uomo che sopravvivono una settimana nel deserto razionando semplicemente l’acqua che l’uomo aveva portato con sé (non mi intendo di draghi, ma se un cavallo beve dai 15 ai 20 litri al giorno credo che il drago faccia almeno altrettanto, no?), Talitha che a inizio romanzo si accorge di avere una ricrescita rossa sotto la tinta verde e che nessuno alle miniere ha notato, le infinite volte che Saiph sfiora la morte, riprende i sensi e torna a vivere come se niente fosse.
In tutta questa negatività permangono dei buoni spunti, ma rimangono, appunto, spunti. Sarebbe stato interessante sapere di più sulla religione di Talaria, sempre accennata e mai spiegata nel dettaglio, dare una posizione più centrale alla catastrofe naturale e vedere Saiph nei panni del simbolo della ribellione. Per questi posso ancora sperare nel libro terzo, per tutto il resto comincio ad essere scettica.
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Sempre la stessa storia
Avevo già commentato il primo libro di questa saga, riassumendo, mi era piaciuto per la novità di questo mondo in cui l'aria è il bene più prezioso e le regioni si distinguono in base alle stagioni, ma avevo trovato tantissime analogie con le altre trilogie dell'autrice. Per quanto riguarda il secondo episodio... bè, l'entusiasmo della novità non c'è più e spesso, mentre leggevo, mi sono ritrovata a dire "di nuovo?!?!".
Insomma Licia, abbiamo capito che ti piace la protagonista tosta e combattiva, ma qualcosa devi pur cambiare! Il coprotagonista è sempre un amico, innamoratissimo che ad un certo punto si ritrova a pensare "non ha più bisogno di me"; la storia si divide in due avventure distinte, quella della protagonista e quella del coprotagonista; l'eroina ha un amore non corrisposto per il tipo bello, molto più grande e impossibile; la solita spada speciale ha i suoi pro e contro (non voglio anticiparvi niente); c'è un antico popolo estinto; c'è un luogo proibito, unica traccia del passato di questo popolo, che si configura come un monolite che si erge in mezzo a un deserto pieno di schegge di pietra (... non vi ricorda niente?). E ci sono tantissime altre analogie, che ora non starò ad elencare, ma che sicuramente troverete in altre recenzioni!!!
Ok essere affezionati ad uno stereotipo, ma mi sembra di rileggere sempre la stessa storia, cambiano solo i nomi e le descrizioni.
Ho messo lettura consigliata, perchè comunque è scritto bene, è scorrevole e Licia non si perde mai troppo in chiacchiere e tempi morti. Ma sicuramente ve lo godrete di più, se non avete letto le altre trilogie!
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Nihal della Terra del Vento 2
Aspettavo questo libro con ansia, purtroppo, non ha soddisfatto le mie aspettative, e dal momento che è il quinto libro che non mi colpisce, sto iniziando seriamente a pensare che il problema non sia tra le pagine ma in me, ad ogni modo, vi spiego le mie ragioni. Andiamo con ordine e partiamo dalla cover. Come quasi sempre, Paolo Barbieri ha fatto un buon lavoro: molto, molto bella; sicuramente più della prima (che pure mi era piaciuta), ma questa la trovo migliore: il viso di Talitha in primo piano, lo sguardo deciso, la spada insanguinata e ghiacciata: esprimono con precisione il carattere della protagonista e ciò che le succede nel libro. Passiamo al contenuto. A differenza del primo libro, qui a narrare non sono solo la ragazza e Saiph ma anche alcuni personaggi secondari quali: Grele, Megassa, Kora e Petra(la mamma di Talitha). Questi capitoli, seppur piacevoli, non sono fondamentali per la storia e credo che siano stati inseriti semplicemente per allungarla. Come il precedente tomo, anche questo è diviso in tre parti. Sulla prima non ho nulla da ridire: Talitha ed il suo amico si rimettono dall’ultimo scontro ed intraprendono un viaggio che li porterà fuori dai confini di Talaria. Nella seconda parte i due protagonisti si separano: Saiph intraprende un viaggio mentre Talitha resta a combattere con i ribelli. Sui capitoli dello schiavo nulla da dire, eccetto la comparsa sulla scena di Mareth, un drago che, non si sa per quale assurdo motivo, inizia a scarrozzare il Femtita di qua e di là e verrà poi ucciso qualche capitolo più avanti. Evidentemente quest’espediente serviva alla scrittrice per far percorrere al ragazzo molte leghe in poco tempo ma tanto valeva abbreviare il percorso oppure, semplicemente, la Troisi non c’è la fa a scrivere un libro nel quale i protagonisti non cavalchino draghi almeno un po’. Per quanto riguarda la ragazza, invece, sono rimasta molto delusa. Mi è sembrato che in meno di dieci capitoli Licia riassumesse, in modo anche piuttosto superficiale, buona parte del primo libro delle Cronache del Mondo Emerso: Talitha si invaghisce di un uomo più grande che non se la fila per nulla ed il rifiuto da parte di questo personaggio, fa sì che si dedichi alla guerra anima e corpo. Tornano l’immancabile brama di sangue, l’eccezionale bravura con la spada e le arti magiche (nonostante nel tomo precedente avesse avuto solo un rudimentale insegnamento). Infine, la terza parte. Saiph incontra finalmente Verba e questa è stata sicuramente una delle parti più interessanti del romanzo, anche se molte domande sono rimaste ancora senza risposta. Per quanto riguarda la contessina (che di principesco non ha più nulla), è continuata la rivisitazione di “Nihal della Terra del Vento” eccetto sì e no, l’ultimo paio di capitoli. Non mancano riflessioni più o meno esplicite su grandi temi quali: la necessità o meno della guerra, i risvolti tragici che può avere una battaglia giusta, il meritarsi d’essere salvati dalla distruzione, la brama di potere, la corruzione politica e religiosa, la discriminazione del diverso solo perché tale, l’abbandono alla fede grazie al quale è più facile accettare il nostro destino, la paura della morte, la brama di conoscenza, l’oscurantismo religioso, e molti altri. La storia scorre fluida e senza intoppi grazie alla bella prosa della Troisi, le parole utilizzate non sono astruse ma nemmeno del lessico quotidiano, errori di scrittura non ve ne sono eccetto uno soltanto e qualche punto mancante qua e là a fine frase. In conclusione, mi ha parecchio delusa la parte di Talitha (i copia e incolla dalle Cronache se li poteva decisamente risparmiare!) mentre carini sono stati i capitoli di Saiph e dei personaggi minori. Con questo, non voglio dire che sia un brutto libro, perché non lo è, tuttavia, se avete letto e riletto la prima trilogia della Troisi, vi daranno un po’ fastidio alcune parti.
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Buono ma con riserve
Premetto che ho letto tutti i libri scritti da Licia Troisi (a parte la serie della ragazza Drago). Se non avessi mai letto un libro di Licia Troisi sarei sicuramente stata molto entusiasta di questa continuazione della trilogia. Purtroppo invece, avendo letto 11 suoi libri mi ritrovo purtroppo a ri-leggere un libro scritto nel solito stile e i personaggi fin troppo simili ai libri precedenti.... Talitha sembra proprio Nihal, solo più immatura e con idee decisamente "indecise". Saiph sembra Sennar da giovane, quando era cotto di Nihal ma non voleva ammetterlo con lei... Verba è la "reincarnazione del Sennar ormai vecchio de "Le Guerre del Mondo Emerso". Vedo inoltre una fin troppa somiglianza tra il perfido conte Megassa e il padre di Learco... Per non parlare di Grele e la somiglianza con Rekla... Diciamo che per quanto riguarda i personaggi secondo me non si è data abbastanza da fare per variare. Per quanto riguarda invece le descrizioni, posso ritenermi soddisfatta della sua immaginazione per quanto riguarda il nuovo mondo in cui i personaggi vivono e tutta Nashira. Beh aspetto speranzosa il terzo libro sperando in un finale inaspettato.