Nicolas Eymerich, inquisitore
Letteratura italiana
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L'inquisitore, gli psitroni e i viaggi interspazia
Primo libro di una longeva saga che dal 1994 giunge fino a questo 2017, Nicolas Eymerich Inquisitore, come già anticipato dal titolo, ha per protagonista un personaggio liberamente ispirato alla figura storica dell’omonimo inquisitore spagnolo del XIV secolo. Si tratta di uno di quegli insoliti casi letterari in cui il protagonista è un autentico "bastardo", dotato di un corredo d’inappellabili attributi negativi, formidabile catalizzatore di subitanee antipatie da parte del lettore.
Quello dell’antica Aragona, teatro di un’oscura indagine capitanata dal protagonista è in realtà solo uno dei 3 piani dimensionali su cui si sviluppa il romanzo, che contro ogni previsione si mantiene comunque decisamente una lettura agile, mai intricata.
L’atmosfera di una università americana contemporanea abitata da un ambizioso giovane Frullifer colmo di idee rivoluzionarie per la fisica ortodossa, ed il mirabolante viaggio, in un futuro fantascientifico, di una astronave guidata da un misterioso abate e un comandante affetto da dispotismo cronico, completano il quadro.
Eymerich merita la palma di miglior interprete, per la splendida naturalezza con cui si muove nei panni del più tremendo e disumano degli inquisitori; innegabile in tal senso che in qualche modo ci si possa affezionare al maligno così ben costruito dall’autore.
Frullifer è invece una figura assimilabile al puerile anti-eroe di alcuni celebri fumetti americani, nella sua bidimensionalità fatta di difficoltà di socializzazione e doti straordinarie poco collaudate.
Benché dotata di una buona bordata di spannung, la trama non impressiona particolarmente per contenuti, mantenendosi piuttosto semplice, eppure, grazie ad una scrittura molto ben congegnata, dove brillano le descrizioni dei mutamenti espressivi sui volti, dei gesti e delle modulazioni vocali, la lettura risulta celere ed al contempo piacevole.
Mi riservo una proroga per il giudizio definitivo, dopo almeno un altro capitolo della lunga serie marchiata Eymerich.
Indicazioni utili
Nicolas Eymerich, inquisitore
Ogni tanto, da lettore compulsivo ai limiti della dipendenza, sento la necessità di imbarcarmi in qualcosa di più sostanzioso. Come, ad esempio, una saga. Non essendo un amante del fantasy le alternative di trovarne una di mio gradimento diminuiscono drasticamente. Quando ho scoperto l’esistenza di una saga che coinvolgeva un personaggio storico, esistito e poi romanzato, mi ci sono buttato a capofitto ed ho acquistato il primo volume di questo ciclo che vede come filo conduttore Nicolas Eymerich. Non sapevo molto ne dei numerosi libri che la compongono ne dell’autore, Valerio Evangelisti, di cui, tra l’altro, sono concittadino. Le premesse erano buone e fortunatamente, almeno per quanto riguarda il primo capitolo della saga di Eymerich l’inquisitore, non sono stato deluso.
Nonostante non sia il mio genere letterario d’elezione, l’apparentemente difficile connubio di generi che opera Evangelisti ha toccato alcune corde positive ed ha incontrato il mio gusto. Tre sembra essere il numero ricorrente nella costruzione di questo romanzo: tre trame incrociate, tre storie con diversi personaggi, tre vicende che si snodano linearmente in tre tempi differenti della storia umana. Più semplicemente: passato, presente e futuro il cui unico legame è rappresentato dalle stupefacenti possibilità di una invenzione, sensazionale e rivoluzionaria, firmata dal Dottor Marcus Frullifer.
Apparentemente inconciliabili, le tre diversissime situazioni che vengono proposte contemporaneamente al lettore svelano a poco a poco ciò che le lega assieme, rivelando una strepitosa inventiva che ha permesso la costruzione di una funzionante struttura narrativa, che, nelle sole duecento pagine di questo breve primo romanzo, dimostra l’ingegno e il carattere necessario per rivisitare, senza essere trita e stucchevole, un tema così consueto come il viaggio nel tempo e in universi paralleli.
Ben costruita la parte più fantascentifica, dove i numerosi paroloni pseudo-scientifici, probabilmente alcuni inventati al fine di disorientare positivamente il lettore, fungono da base sostanzialmente concreta per costruire una credibilità di fondo che ci porti a non doverci domandare se ciò che stiamo leggendo abbia delle proiezioni nella realtà possibile ed immaginabile. Se ci si accontenta di quello che Evangelisti ci propone per spiegare un possibile viaggio in mondi immaginari e paralleli al nostro, tutto fila liscio e senza intoppi.
Interessante è poi la figura principale di Nicolas Eymerich, inquisitore spagnolo vissuto realmente nel XIV secolo, tramite cui ci è permesso rivivere, sebbene tramite una ricostruzione storica non particolarmente dettagliata, forse, perché no, volutamente, gli anni che vedono il massimo potere raggiunto dalla temibile inquisizione spagnola. Protagonista che suona quasi come un’esperimento che l’autore rivolge al lettore, proponendo un personaggio che risalta all’occhio come sgradevole e cinico ai limiti della crudeltà, in linea con quanto doveva essere realmente il carattere di un funzionario appartenente ad un organo tanto impietoso verso i miscredenti. Molti hanno trovato e troveranno antipatico Nicholas Eymerich. Dal canto mio ho apprezzato il rischio che ha corso Evangelisti nel delineare non il solito caritatevole, giusto ed eroico paladino. L’ho trovato azzardato e ben riuscito e il fatto che Eymerich sia così estremamente arcigno e freddo non credo faccia decadere la mia voglia di proseguire con i successivi capitoli di questo imponente ciclo letterario, che ha fatto molta strada dalle prime pubblicazioni presso “Urania” e che spero possa farne ancora.
Tutto sommato si tratta di una lettura assolutamente piacevole e veloce, adattissima ad impersonare il ruolo di quelli che io chiamo “libri cuscinetto”, atti ad inframmezzare libri più lunghi ed impegnativi. Una sorta di divertissement che serve a staccare la mente, quasi un telefilm dalle molte puntate che ci si può gestire nei momenti in cui la mente non è così propensa ad affrontare un tomo culturalmente più elevato.
Lo consiglio, con l’amichevole raccomandazione di non condannare definitivamente il caratteraccio di Eymerich, che, in fin dei conti, redime se stesso e la sua crudeltà con quella sostanziosa dose di acume di cui si serve per risolvere il fitto arcano celato nelle pagine di questo romanzo.