Magellan. Terminal war
Letteratura italiana
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la fine, all'improvviso
La prima parte della saga spaziale ‘Terminal war’, intitolata ‘Juggernaut’, lascia parecchio a desiderare e l’avvicinamento aL secondo volume è avvenuto con una certa prudenza. Il responso è stato più positivo del previsto: non sta tra queste pagine l’Altieri migliore, ma il racconto si snoda senza le confusioni del predecessore fino a un finale aperto che la morte dello scrittore congela per sempre a meno che la terza puntata, ‘Maelstrom’ sià già stata scritta - o quantomeno abbozzata come la ‘Poodle spring story’ del nostro. Sono proprio i capitoli più connessi alla fantascienza a farsi apprezzare. Su una Terra ormai morente e che ha abbandonato da tempo i viaggi spaziali, viene rimessa in sesto la Magellan, un’astronave che consente i salti nello spazio-tempo: un equipaggio di sette persone viene così inviato nella costellazione del Serpente alla ricerca di una probabile vita extraterrestre. Il meccanismo di salto non è semplice e viene disturbato da una forte interferenza, ma in qualche modo si arriva a destinazione. Qui si scopre che una civiltà antica ed evoluta è stata sterminata da una feroce orda – dotata di maschere che rendono tutti i membri uguali, un po’ come ‘Guerre stellari’ (ma di citazioni ce ne sono come di consueto a pacchi, molte delle quali esplicite) - che sembra collegata in un unico organismo senziente: entrata nella Magellan, per sconfiggerla sarà necessario un alto tributo di sangue: uno solo non ci rimette la pelle per scoprire con orrore chi si nasconde dietro la maschera. Che un simile superuomo – uno che sopravvive a lunghe immersioni nel liquido di raffreddamento dell’elaboratore di bordo, per dire – si chiami Karl Adrian Dekker non sorprende chi sia abituato all’immaginario dell’autore milanese: serve ad aumentare il rimpianto per non poter sapere come Altieri avesse immaginato l’avventura conclusiva unendo la sconvolgente rivelazione con l’ingombrante passato (letterario) che un tale nome evoca. Definiti i personaggi e le ambientazioni – siano esse le mille ombre della Magellan o le misteriose architetture aliene – inizia la guerra del titolo e cominciano pure le debolezze: non tanto perché i compagni di Dekker vanno nessuno escluso incontro a una bella morte (incluso quell’antipatico del borioso comandante), quanto perché un terzo di romanzo fatto di nemici che esplodono e vengono falciati in massa finisce per essere un po’ pesante: d’accordo che l’estetica della violenza è stata un’assidua caratteristica altieriana, ma la sensazione di ripetitività fa capolino più di una volta. Così, paradossalmente, la tensione cala proprio laddove dovrebbe raggiungere il culmine, solo in parte riscattata dal colpo di reni del finale: malgrado l’insieme sia in buona misura coinvolgente (e a volte travolgente), la soddisfazione complessiva ne risulta pur sempre diminuita.
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Il secondo capitolo di una saga fantascientifica
Ecco Magellan, il secondo capitolo della saga Terminal War (fantascienza pura) di Sergio Altieri.
In Magellan, inevitabile proseguimento di Juggernaut, lo scrittore alza il livello dello scontro alla dimensione cosmica, trascinando il lettore al di là dell’inimmaginabile, fino all’ultima linea di confine tra l’umano e il non-umano. Un’atmosfera techno-gotica estrema.
La Terra è malata e quello che resta della umanità sembra marcio. Dopo che il Morbo Nero ha reso il resto del pianeta un deserto continuum di rovine bruciacchiate, dove il cielo è violaceo e il vento nero porta solo pioggia torrenziale e monsoni, quanto resta dell’umanità sta ancora provando a trascinarsi fuori dai postumi di una catastrofe planetaria. Sulla Terra, ormai, si vegeta in enormi:
“metastasi urbane da decine, a volte centinaia di milioni di abitanti”,
in un mondo senza regole e con una catastrofe annunciata: perché ciascuno sta morendo, ma rifuta di accettarlo.
Ma c’è un agguato: Karl Adrian Dekker è un hunter-killer (cacciatore-assassino), piagato dalle cicatrici del corpo e dell’anima, che ha troppe guerre alle spalle, che ha calpestato troppo sangue, ed è stato scelto perché il grande progetto Gottsckalk per andare tra le stelle è fallito. E di questo progetto non rimane che devastazione. Ma lui, forse, è ancora in grado di compiere l’ultima missione: nome in codice Progetto Magellan, con la più gigantesca nave spaziale mai concepita dal genere umano. Una missione destinata a rappresentare una svolta nella specie, una missione votata alla conoscenza, alla comprensione e al contatto con un'altra forma di intelligenza. Ma laggiù c’è un nemico che pare invincibile e una nuova guerra terminale, sta per scoppiare.
Altieri:
“un autore- culto della letteratura italiana di genere”,
con Magellan, il suo ultimo lavoro, scrive, ancora una volta, un’opera cult nel settore della fantascienza