Le odi
Letteratura italiana
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La poesia come spinta al progresso sociale-morale
Uno dei cardini dell'Illuminismo fu quello della superiorità della ragione,l'unica capace di poter vagliare criticamente la realtà e di individuare la verità con un metodo empirico e sperimentale, fatto di curiosità, osservazioni e raffronti. Nonostante la scoperta durante il secolo dei Lumi del sentimento e dell'emergere della riflessione e della psicologia che in campo letterario si rifletterono nel romanzo epistolare, l'intellettuale illuminista era un saggista, un giornalista, un filosofo ma di sicuro non un poeta. La poesia venne aspramente biasimata dai philosophes in quanto rivolta più al cuore che al cervello e comunque soggiogata dalle trionfanti scienze. Il dibattito sulla superiorità o meno del trattato sul poema fu accesissimo tra francesi ( strenui difensori dell'Enciclopedie e del progresso) e italiani ( fissati sulla preminenza del classicismo e inchiodati ancora all'Arcadia, ormai in cancrena). In questo dibattito si inserisce anche Milano mediante l'agonismo tra Accademia dei Pugni, “filo-francese”, e la “filo-italiana” Accademia dei Trasformati, in cui assunse un ruolo di primo piano Giuseppe Parini. Proprio lui, strenuo classicista, risolse il problema innovando le fondamenta della poetica italiana d'allora: i versi da raffinato e dotto intrattenimento si fecero portatori di modelli sociali e soprattutto etici ( in un secolo in cui la morale era assai lontana dall'austerità vittoriana), in quanto - servendoci di una fortunata espressione dello studioso Dante Isella- “la bellezza nella poesia , nella sublime serenità delle sue forme , è l'espressione eternatrice dei massimi valori della civiltà”. E tale paradigma lo praticò nelle sue odi, che ebbero una grande fortuna, facendo entusiasmare grandi come Foscolo, Manzoni e Carducci.
Le Odi sono un insieme di 25 componimenti variegati composti da Parini in un ampio lasso di tempo che va circa dal 1758 al 1795 e poi messi insieme in un corpus unico da due suoi studenti,Agostino Gambarelli e Giuseppe Bernardoni. Possiamo individuare una stratificazione temporale e stilistica che permette di suddividere il corpus in 3 sezioni:
- quella illuminista ( 1758-1766), costituita dalla Vita Rustica, La Salubrità dell'aria, L'impostura, La musica, La educazione, L'innesto del vaiuolo e il Bisogno. Qui notiamo la forte componente sociale che spinge Parini mediante l'uso di versi,strofe e rime a occuparsi di costumi a lui contemporanei e di vagliarli criticamente con un metodo da secolo dei Lumi (perciò la ragione, la ricerca della felicità e del benessere comune possono essere trasmessi non solo da saggi o giornali, ma anche dalla bellezza espressiva della poesia). Così l'autore ci mostra la disumanità della pratica della castrazione operata dai padri ai figli senza alcun rimorso, per destinarli al teatro ma spesso alla miseria e alla rovina di ogni possibile progetto familiare. Oppure evidenzia il pregiudizio e l'ignoranza dei ceti non solo bassi per far vaccinare i giovani, evitando così il vaiolo, che uccideva dopo una terribile agonia o deturpava il corpo, demolendo il destino dell'ammalato. O ancora si focalizza nella necessità di una giustizia volta più alla rieducazione che alla punizione, perché gran parte dei crimini commessi sono dovuti alla penuria e al bisogno, che annullano il sottile confine tra giustizia e “ingiustizia”( tematica poi sviluppata largamente nei Delitti e delle pene di Beccaria);
- quella intermedia (1771-1790), in cui si inseriscono scritti di occasione- composti nei periodi di “relax” dal compito di professore di Belle Lettere nel ginnasio di Brera ( come Il piacere e la virtù, Il Brindisi, Le nozze e La recita dei versi)-, dediche per avvenimenti importanti ( come La laurea in onore del diploma in giurisprudenza conseguito da Maria Pellegrina Amoretti, evento incredibile nella società maschista dell'epoca) o personaggi molto cari al poeta ( come La Gratitudine, destinata al cardinale Angelo Maria Durini, ammiratore sincero di Parini) e componimenti di carattere più riflessivo e intimistico ( come La tempesta che si incentra sulla caducità dei favori e dei privilegi umani)
- quella neoclassica (1793-1795), con Per l'inclita Nice, A Silvia e Alla Musa in cui l'impegno politico del poeta lascia più spazio all'interiorità ,all'introspezione con un lirismo affascinante di evidente ascendenza classica.
Rispetto al pungente e inflessibile precettore del Giorno, fisso nel ruolo di stilizzare con caricature e antifrasi i vuoti e freddi gesti di una aristocrazia in degrado, qui troviamo un Parini interessato a questioni di pubblico interesse ma sopratutto troviamo un Parini più umano, con i suoi “acciacchi”( indimenticabile La caduta in cui l'autore casca più volte a causa del peso dell'età e della gamba malata), le sue virtù e incredibilmente caparbio nel lasciarci una vera immagine di sé, che sia immune dalle deformazioni dell'invidia e delle malelingue e che si può sintetizzare con dei versi dalla Vita Rustica: “ Me non nato a percotere/ le dure illustri porte/ nudo accorrà ma libero/ il regno della morte. No, ricchezza né onore/ con frode o con viltà/ il secol venditore/ mercar non mi vedrà.”
Da qui anche la concezione della poesia che non deve essere encomiastica e lucrativa, ma deve essere genuina, tendere al vero e celebrare chi veramente merita di essere celebrato.
Sebbene il linguaggio non raggiunga i fuochi pirotecnici del Giorno, consiglio fortemente questa breve opera franca e schietta che senza fronzoli ci descrive i vari mali del diciottesimo secolo e sopratutto ci svela un Parini più au naturel. Buona lettura!