La madre
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
La madre
Nulla eguaglia il rapporto viscerale che si instaura tra una madre e un figlio; su questo solido mattone Grazia Deledda costruisce una storia di lacrime, sofferenze e passioni.
Come di consueto è l'aspro territorio sardo ad accogliere tra i propri luoghi i protagonisti del racconto; anime sole, chi per un motivo chi per un altro, eppure cuori che ribollono di ardore passionale.
Una madre le cui mani sono consunte dalla fatica, poche gioie e tante rinunce, in nome di una piccola felicità fugace che le ha lasciato in grembo un figlio da crescere e da sfamare.
Un figlio amato nonostante le avversità di una vita grama, deciso a percorrere la strada della vocazione religiosa.
Quando tutto sembra scorrere per il verso giusto, l'autrice lacera la veste della normalità per dare voce agli istinti umani, giusti o ingiusti, naturali o torbidi.
La maestria dell'autrice confeziona un romanzo in cui l'evoluzione temporale degli eventi pian piano rallenta, avvolgendo i protagonisti in tinte cupe e notturne, in uno stato emotivo in cui la luce non filtra più; è il tempo dello struggimento, dilaniante e corrosivo, è il tempo delle riflessioni sulle conseguenze delle proprie scelte, è il tempo della chiusura dei conti che la vita impone inesorabile a ciascun individuo.
“La madre” è un romanzo piuttosto breve, possiede una trama succinta, ma l'intensità del contenuto è poderosa. Rispetto ad altri scritti l'elemento naturale del territorio sardo tanto caro all'autrice, è meno presente in nome di una maggiore evidenza degli stati emotivi, colti con struggimento e forza evocativa.
La Deledda sente la necessità di portare alla luce le forze embrionali più genuine e naturali dell'essere umano, siano esse generate dall'istinto siano esse forgiate dagli usi e dai costumi della terra che li ha generati.
Una lettura che costituisce un tassello importante sia per apprezzare gli scritti deleddiani sia per addentrarsi nel panorama letterario del secolo scorso.
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La grazia
Un romanzo breve scritto cent’anni fa. Una delicata raccolta d’immagini. La descrizione di un mondo lontano nel tempo che riusciamo ormai solo a comprendere, che provoca un pizzico di nostalgia per valori perduti e per la semplicità del pensiero, colmo di umiltà e modeste ambizioni.
Nel pieno rispetto del proprio nome, l’autrice narra con grazia immensa la storia di una madre e del figlio sacerdote. Racconta di come l’abnegazione di una donna, sostenuta dal desiderio di agevolare l’esistenza del proprio figlio possa non raggiungere il suo scopo.
Non è per vocazione che egli diventò prete e parroco del paesino di Aar. L’ansia di donargli un avvenire sicuro e stabile nascose alla madre le sue reali inclinazioni, escluse la possibilità di vivere un amore terreno sano e coinvolgente.
Due personaggi genuini ai quali la Deledda scoperchia il cuore rendendoci partecipi dei loro timori, dello struggimento causato da un imprevisto scuotimento delle loro anime.
Grazia Deledda è colei che ha saputo aprire un varco per le numerose scrittrici che le sono succedute, ma è difficile far fruttare la pesante eredità che ha lasciato loro. L’armonia e il sentimento che scaturiscono dalle pagine dei suoi romanzi sono difficili da emulare.