L'esclusa
Letteratura italiana
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PIRANDELLO DOC
Certo è che pervenire a codesta lettura digiuni di Pirandello svierebbe il lettore dalla reale comprensione del genio narrativo che in questo primo approccio al romanzo- composto nel 1883, successivamente rimaneggiato e apparso in volume nel 1901- è già ben visibile. Di contro, arrivarci conoscendo la sua produzione romanzesca, novellistica e teatrale, permette di gustare i princìpi di una poetica ben nota, familiare e perché no, rassicurante. La storia di Marta Ajala, forse la protagonista del romanzo, si ascriverebbe altrimenti a quella letteratura d’appendice tipica del periodo, riportando infatti l’esclusione sociale subita dalla giovane donna in seguito al ripudio del marito che la scopre ricevere lettere da un estimatore. Marta, in realtà, è semplicemente un ritratto di donna, è in nuce uno dei tanti personaggi pirandelliani che si trova a darsi un ruolo, una maschera, in una realtà composita, inafferrabile e assurda. È una donna che lotta contro lo stigma sociale, contro un modello familiare, un’identità netta, separata e indipendente rispetto al mondo delle convenzioni ed è al tempo stesso la vittima designata di tale realtà che le tocca vivere. È la protagonista? Non penso, è esclusa anche in questo senso, qui il protagonista è il mondo delle convenzioni sociali, schiaccianti, brutali, limitate e limitanti. Un mondo sapientemente rappresentato da Pirandello attraverso i ritratti maschili che costellano la narrazione: un padre ancorato al perbenismo di facciata, un suocero che marchia la famiglia con la convinzione che tutti i figli maschi siano soggetti alla iettatura delle corna, un marito che soccombe all’universo culturale di cui è imbevuto dalla nascita, gli uomini poi che seducono, o sono sedotti senza riuscire a vivere bene l’amore: una ghenga di idioti, tesi al ridicolo e incapaci di amare, grotteschi e goffi al cospetto delle donne. L’universo femminile invece, è quasi al completo rappresentato in accezione positiva, custode della verità ma da essa schiacciata. Il contesto geografico siciliano è poi la degna cornice di un luogo che potrebbe essere ovunque, pur emergendo per la sua specificità territoriale e culturale senza imprimere marchio alcuno ma solo eccellente caratterizzazione, uno spazio anch’esso assurto al ruolo di protagonista sigillando in ben definiti limiti geografici anche effettivi limiti culturali. Ecco perché vi trovo del rassicurante in questa poetica rispetto all’amarezza di quella pregressa, naturalistica: parliamo di vinti in entrambi in casi ma con la netta differenza della consapevolezza e con la potente arma del tentativo del riscatto, tutto ascritto alla volontà della persona anche se circoscritto alla circolarità del paradosso e all’inevitabilità della follia.
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Espulsa e condannata senza remissione
Con uno stile molto Pirandelliano inizia "L'esclusa". Un inizio un pò ironico e in alcuni tratti divertente, celano quello che diventerà una vera e propria tragedia. La tragedia di Marta, espulsa e condannata senza remissione.
Siamo in Sicilia, Rocco Pentàgora scopre che la moglie Marta riceve ormai da alcuni mesi le lettere di un innamorato. Anche se la questione non va oltre questo, ovvero l'aver solo accettato e risposto a queste lettere (senza averlo detto al marito), e pur non avendo mai incontrato lo spasimante, il marito Rocco si sente comunque tradito e decide di buttar fuori di casa la moglie, la quale viene bollata come adultera.
Sembra poi che la famiglia di Rocco non sia nuova a questo genere di cose:
"Fece con una mano le corna e le agitò in aria.
-Caro mio, vedi queste? Per noi, stemma di famiglia! Non bisogna farsene".
Marta si ritrova ad essere esclusa, abbandonata dal marito, evitata dal padre al quale ha portato disonore, è calunniata dal suocero e da tutto il paese. Una donna perduta che grazie alla sola forza in se stessa tenterà di andare avanti. Solo la madre, la sorella Maria ed un'amica le resteranno vicine. Senza considerare poi che le disgrazie non vengano mai sole.
"Sentiva penetrarsi dal convincimento che lei sola era l'esclusa, lei sola non avrebbe più ritrovato il suo posto, checché facesse; per lei sola non sarebbe ritornata la vita d'un tempo".
Un giovane Pirandello ci porta in una Sicilia spietata, pettegola e che non perdona, in cui si da più credito alle voci che hai fatti, una Sicilia in cui una donna sola deve affrontare mille battaglie per sopravvivere e che a volte non sono neanche sufficienti.
Un personaggio femminile molto forte e indipendente, con qualcosa di rotto dentro davvero difficile da risanare.
Visto i tempi che corrono e le notizie che si sentono, forse i temi dell'esclusa non sono poi così lontani da noi.
Lo consiglio.
Buona lettura!
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Rabbioso orgoglio di una donna di Sicilia
Tra strilla e dolori, in una stanza della casa natìa, Marta Aiala è in attesa di mettere alla luce il figlio di suo marito, Rocco Pendragora.
Tra rantoli e vergogna, Francesco Aiala è rintanato al buio in un'altra stanza, dove maledice sua figlia e la sorte che toccherà al bambino per l'infamia calata sulla famiglia.
E' una scena bellissima e drammatica – costruita in una sorta di montaggio cinematografico ante litteram – quella che Luigi Pirandello pone al culmine di questa storia (sebbene si sia quasi ad inizio libro).
L'esclusa è Marta Aiala, scacciata di casa dal marito il giorno stesso in cui è sorpresa a leggere una lettera inviatale dell'avvocato Alvignani. L'uomo, che ben presto diventerà deputato, è sinceramente invaghito di quella donna. Ma ella è sposata, e in un paese della Sicilia il non rimandare indietro le missive di un altro uomo (senza nemmeno leggerle, naturalmente) è un torto imperdonabile, un'offesa ai costumi, la definitiva perdita dell'irreprensibilità.
All'esordio, Luigi Pirandello racconta la sua Sicilia attraverso un grande personaggio femminile: Marta Aiala, precipitata dalla morale paesana in un baratro, è una donna che semplicemente “non ci sta”. Non ci sta ad indossare i panni della vittima (come pretenderebbero le convenzioni sociali per la colpa che si intende imputarle), non ci sta ad essere additata (per una retrograda morale maschilista alla quale le stesse donne, prima ancora degli uomini, si offrono), non ci sta a sacrificare irrimediabilmente la propria vita né quelle di sua madre e sua sorella.
La via del riscatto è fatta di forza, sofferente tenacia, volontà di rivalsa. Una rivalsa dolente, tuttavia, che non vedrà alcun vincitore: da certe cose non è possibile tornare indietro come nulla sia successo.
C'è tutto Luigi Pirandello in questa storia di grande spessore. C'è la capacità di raccontare il dramma (o, come sarà in altre opere, lo smarrimento esistenziale) attraverso l'ironia: così Rocco Pendragora giustifica la “mancanza” di sua moglie attraverso la tradizione intergenerazionale che vuole le corna quale marchio dei maschi della propria famiglia; così la stessa Marta si riprende ciò che aveva perso in forza di un curioso destino. Ma non difettano nemmeno vicende drammatiche e struggenti, come quella del professor Matteo Falcone.
Non siamo ai paradossi de “Il fu Mattia Pascal” né dei “Sei personaggi in cerca d'autore” o di “Uno, nessuno e centomila”, ma il primo romanzo dell'autore siciliano – pubblicato nel 1901 – contiene già in sé la forza dei capolavori che verranno.
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L'esclusa
Dapprima pubblicato a puntate nel 1901 nell’appendice del quotidiano romano “La Tribuna”, ristampato poi dai Fratelli Treves di Milano in una rivisitata edizione nel 1908 ed uscito infine nella versione corretta e definitiva nel 1927 dall’editore fiorentino Bemporad, “L’esclusa” è uno dei romanzi di Pirandello più complessi ed articolati ma anche meno noti o forse è meglio dire sottovalutati.
Marta Ajala, figlia del proprietario di una conceria Fancesco Ajala sposa l’abbiente Rocco Pentàgora che a seguito della scoperta di uno scambio epistolare tra la moglie e l’avvocato Gregorio Alvignani si autoconvince dell’infedeltà della consorte, e rinforzato dall’appoggio del padre che, quasi per consolarlo, lo assicura che le corna sono “uno stemma di famiglia”, una tradizione di cui non angosciarsi troppo, la ripudia.
Il ritorno nella casa paterna getta i genitori e la sorella Maria nello sconforto; nello specifico il padre, Francesco Ajala, si rifugia nella solitudine, nell’isolamento rifiutandosi di vedere la figlia per essere infine stroncato dal dolore.
Con la morte del padre e lo scandalo del matrimonio fallito le tre donne si ritrovano a dover fronteggiare l’ostilità del paese, un astio che si perpetrerà sotto ogni forma e con ogni mezzo. La donna non si arrende e riesce a conseguire il diploma di maestra e a vincere un concorso per insegnare nel collegio locale. Ma si sa, è impensabile che una donna “perduta” educhi delle bambine. La forza dell’ingegno e della volontà di lavorare sono vinti dal giudizio di condanna ed una candidata raccomandata e meno preparata di Marta è scelta per ricoprire quel ruolo.
Sdegnato dalle ingiustizie e dalle condizioni in cui Marta verte, il professor Blandino decide di intercedere presso l’Alvignani, ormai deputato. A Palermo la rinascita, almeno presunta. La donna ottiene in questa città un posto di insegnate, lavoro che le permette di mantenere tutta la famiglia. E’ apprezzata la nostra Marta, sia professionalmente che umanamente tanto che non le mancano i corteggiatori. Ma sentimenti di inquietudine ed infelicità albergano dentro lei tanto che alla fine cede alle avances del rincontrato Alvignani a sua volta stanco e stressato da un lavoro che non lo appaga e lo rende insoddisfatto. Nel frattempo l’ammalato Rocco sente la nostalgia della moglie e vuole riprenderla con sé. Tuttavia ormai è troppo tardi: Marta è incinta dell’Alvignani ed è disgustata dal marito. Dinanzi al capezzale della anche lei esclusa genitrice morente dell’uomo, Fana, i due si ritrovano e li, mentre Rocco piange la perdita della donna, Marta nauseata ed affranta concepisce il proprio proposito di suicidio e di dare in moglie all’ex marito la sorella così che lei e la mamma Agata siano protette e sostenute economicamente.
Scritto nel solco della tradizione della scuola naturalista, “L’esclusa” ci mostra da un lato le difficoltà affrontate dalla figura femminile nella società ostile all’emancipazione e dall’altro temi storici importanti quali la mancata integrazione culturale di un’Italia oramai unita da oltre mezzo secolo. L’opera è infatti imperniata dalla vista di un’Italia retrogada che osteggia vigorosamente ogni fervore culturale.
L’elemento filosofico del romanzo è determinato dal conflitto tra essere ed apparire, fra la vita e la forma, nel paradosso e nell’irrazionalità delle norme morali che regolano la comunità: Marta viene condannata quando è innocente e viene riammessa ed onorata quando consuma realmente l’adulterio.
Un’opera rapida e di facile lettura, ritenuta dalla critica “fredda e disadorna” ma in realtà ricca di umorismo e commozione dove le indiscusse capacità letterarie di Pirandello emergono senza difficoltà attraverso l’utilizzo di un narratore onnisciente e con lo sfruttamento illimitato del discorso indiretto per scandagliare quelle psicologie e quei tratti che altrimenti non sarebbero così ben delineati. Arguta anche la scelta dei nomi chiaramente riferibili alla religione cattolica.
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- Il Fu Matia Pascal,
- Enrico IV,
- Sei personaggi in cerca d'autore,
- Così è, se vi pare.
L'esclusione del nuovo
Antonio Pentagora, duro uomo siciliano indurito nel volto e nello spirito, accoglie in casa il figlio Rocco, che, dolorante, afferma di essere entrato a far parte anche lui del circolo familiare degli uomini “con il marchio dei cervi” dal momento che sua moglie Marta lo ha tradito e porta in sé, nel proprio ventre, il ricordo di quel peccato, essendo rimasta incinta di un brillante avvocato.
Il padre lo fa sedere e reagisce con quegli stessi toni aspri che contraddistinguono la sua personalità sostenendo che sua moglie, nonché madre di Rocco, si sia comportata così esattamente come sua nonna ed ancora la sua trisavola.
“Così fan tutte”: una semplice frase che racchiude la disillusione, ed al tempo stesso, l’amara profezia per la quale qualunque esponente del genere femminile si fosse rapportato alla famiglia Pentagora della terra di Girgenti si sarebbe macchiata di sicuro di tradimento.
Marta diventa, così, l’esclusa, la malafemmina che non ha saputo comportarsi da moglie degna del rispetto che la morale di inizi Novecento, nella profonda ed impervia terra siciliana, impone.
Ma per esclusa si intende qualcosa di più rispetto all’isolamento materiale che la protagonista ha dovuto affrontare.
Con questo termine un uomo vissuto in teatro, che si è occupato di filologia tedesca ed ha respirato il pensiero d’oltralpe, qual è Luigi Pirandello, sembra ravvisare la condizione della donna per un canto, e delle lettere, per l’altro, in un’Italia che ancora non riesce ad imporsi come realtà politica unita ed in cui le divisioni politiche, culturali e sociali si fanno fortemente sentire a poco più di mezzo secolo dall’unificazione.
Terminati i proclami della propaganda risorgimentale, si può parlare di una cultura italiana omogenea? Ed ancora, quale può essere il ruolo delle donne all’interno di questa rinnovata sceneggiatura politica in cui le nuove famiglie borghesi, di cui gli stessi Pentagora sono esponenti, cercano animosamente un posto al sole?
Personalmente ritengo che l’opera di Pirandello vada letta proprio nell’alveo della circolazione delle idee nel primo ventennio del XX secolo. La figura di Marta personifica, a mio avviso, quella delle donne ed, ancor più in generale, dei nuovi fermenti culturali che tentano di farsi strada in una realtà politica ancorata, seppur nel Novecento, ad idee reazionarie legate ad una società per ordini, incardinata ed immobile, propria dell’Ancien Règime.
Significativa è anche la scelta del nome della protagonista vittima dell’ossessione della gelosia del marito: Marta, come la Marte del Vangelo di Luca cui Gesù dice: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”. Come l’eroina biblica, la dolce Marta pirandelliana è una donna che si diletta a scrivere, cosa disdicevole per una donna del Sud, che, dunque, componendo lettere, si distoglie dal compiere “l’unica cosa di cui c’è bisogno”: fare la brava massaia. Accanto a questa donna, un’altra, Anna Veronica (anche qui, il nome tratto dalle Scritture Sacre è una peculiarità dell’autore), definita “cane giudeo”, che si avvicina a Marta perché colpita dalla sua stessa onta sociale.
Un libro che si legge con facilità e rapidità e nel quale convergono la capacità di Pirandello di costruire i personaggi avvalendosi di metafore prese dalla natura o da figure religiose e la sua chiarezza narrativa in grado di cogliere il punto focale di ogni questione senza dilungarsi in vagheggiamenti inutili e che distraggono il lettore.
Insomma: una lettura che consente tante interpretazioni: letterale, storica, femminista… e, proprio per questo, formidabile!
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Il dominio assurdo delle malelingue
“Innocente per essersi difesa con inesperienza da una tentazione, non ostante la prova della sua fedeltà: in compenso, l'infamia; in compenso, la condanna cieca del padre! E tutte le conseguenze di essa aggiudicate poi come colpe a lei: il dissesto, la rovina, la miseria, l'avvenire spezzato della sorella; e poi l'infamia ancora, il pubblico oltraggio d'una folla intera senza pietà, ad una donna, sola, malata, vestita di nero. Aveva voluto vendicarsi nobilmente, risorgere dall'onta ingiusta col proprio ingegno, con lo studio, col lavoro? Ebbene no! Da umile, oltraggiata; da altera, lapidata di calunnie. E questo, in premio della vittoria!”
Ecco il dramma, ecco l'assurdo di una società bigotta e ipocrita che investe la “peccatrice innocente”, l'energica protagonista dell'esordio letterario di Luigi Pirandello (1867-1936): L'esclusa, pubblicato per la prima volta a puntate sulla rivista “Tribuna” nel 1901.
Marta Ayala, è la brillante e bellissima figlia del benestante imprenditore Francesco Ayala, proprietario di un'importante conceria agrigentina, e di sua moglie Agata, una donna placida, dolce, umile, tranquilla, remissiva verso il violento consorte, al quale comunque vuole bene.
A 16 anni, nonostante la sua intelligenza e il suo alto rendimento scolastico, viene fatta uscire dal collegio, luogo di giochi e di passeggiate con le amiche, e in breve tempo sposa un ragazzo, proposto dai genitori di lei, il ricco Rocco Pentagora. Così la giovanissima Marta lascia scuola, amiche, i genitori, la sorella Maria per entrare nella famiglia di Rocco. Questa è composta dal cognato, Niccolino, ragazzo di nobili sentimenti che si affeziona subito a Marta, dalla bisbetica zia acquisita Sedora e sopratutto dal suocero Antonio Pentagora. Costui è un uomo cinico, assai freddo e scorbutico con la nuora, in quanto “tutti gli uomini, per lui, venivano al mondo con la parte assegnata;sciocchezza il credere di poterla cambiare” e per i Pentagora la parte assegnata è il tradimento da parte delle mogli ( infatti ben 2 generazioni hanno subito tale pena) e quindi,secondo lui, presto le corna sarebbero venute anche per Rocco. La noia, in cui Marta ( in breve tempo incinta) vive, poco dopo il matrimonio, viene rotta da delle lettere che vengono gettate quotidianamente all'interno della sua camera. Sono lettere d'amore, scritte dall'onoratissimo avvocato Gregorio Alvignani. Marta ride delle galanterie smielate del suo ammiratore ma è interessata alle questioni intellettuali e sociali che infarciscono le varie epistole. Così inizia un rapporto (meramente intellettuale) con l'Alvignani, discutendo accesamente dell'emancipazione femminile. Tuttavia un giorno Rocco trova una lettera dell'avvocato e, acceso d'ira, caccia via di casa la moglie, pensando che essa lo abbia tradito ( ecco realizzata la profezia di Antonio Pentagora!).
Da questo momento Marta diviene l'esclusa che per il suo tradimento va isolata e evitata da tutte le persone “per bene”, affinché non si corrompano anche loro. Anche nella propria famiglia viene esclusa. Mentre la madre e Maria (anche loro ormai cadute nel fango ed allontanate dalla società per le azioni di Marta) comprendono tutto e la accolgono, il padre, il “galantuomo” Francesco Ayala, non pensa assolutamente a difendere la figlia preferita dalla calunnia di Rocco, ma anzi si rinchiude nella propria camera perché ormai disonorato dalle “sporche azioni” della giovane. Oltre all'esclusione, anche la miseria, la malattia, lutti a non finire colpiscono la casa “maledetta” degli Ayala dove osa entrare solo Anna Veronica, una amica di Agata che ha subito il medesimo esilio di Marta. Ma la giovane donna è combattiva, energica, non vuole subire questo ingiusto martirio, non vuole sottostare all'onta in cui è stata gettata e tenterà in ogni modo di sollevarsi dalla miseria e vergogna che hanno colpito lei, suo madre e sua sorella. Quindi l'esclusa si mette contro tutta la società con le sue calunnie, ma quest'ultima le riserverà un esito paradossale....
Il primo romanzo di Pirandello rappresenta un'eccezionale esordio per il grande scrittore che si inserisce ancora nel filone naturalistico siciliano ( la composizione del romanzo fu molto incentivata da Luigi Capuana) ma con elementi peculiari. A differenza dei grandi romanzieri veristi (vedi Cavalleria Rusticana di Verga, dove l'onore scatta ad adulterio compiuto), qua il disonore travolge a partire solo dal sospetto che colpisce la protagonista ultra-colpevolizzata dalla maldicenza popolare. Tuttavia Marta, nonostante all'apparenza sia combattiva e determinata, è in realtà molto fragile, sempre balenante tra la rabbia per l'ingiustizia subita e il dolore della non-vita in cui è stata incarcerata, tra la volontà di emergere e andar contro ai tabù della società e il desiderio di auto-esclusione per permettere di far vivere serenamente sua madre e sua sorella, le uniche persone che occupano realmente il suo cuore che è sempre stato spinto da altri ad amare degli estranei, Rocco e Alvignani.
In conclusione consiglio molto questo stupendo romanzo pirandelliano per i suoi personaggi assolutamente ben descritti dal punto di vista psicologico, per l'ironia dell'autore che si scaglia verso la contraddittorietà e il bigottismo della collettività, per lo stile velato che lascia a volte al lettore solo degli indizi per animare la sua mente e la sua fantasia e per le ricche descrizioni, che rappresentano il punto di forza del libro. Buona lettura!
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Il paradosso di una 'questione d'onore'
Pirandello non è mai banale nelle sue opere, e il suo primo romanzo, datato 1901, mette subito in primo piano il contrasto tra apparenza ed essenza.
La vicenda narrata è paradossale: nasce "per caso", si alimenta grazie alle dicerie popolari e si conclude - coerentemente - nel modo più contraddittorio e assurdo possibile.
La problematica del 'diverso' intrecciata all'orgoglio di non voler perdere la propria reputazione per nessun ragione al mondo: ecco, in sintesi, la principale chiave di lettura dell'opera pirandelliana. Un'opera "anomala" con poche sequenze narrative a favore di numerosi capoversi interamente dedicati alle descrizioni ambientali e alle riflessioni dei protagonisti.
Una critica, non senza sarcasmo, agli usi e ai costumi del tempo, eccessivamente ipocriti, ristretti ed "esasperati", con il linguaggio dialettale, la focalizzazione interna e l'utilizzo massiccio di figure retoriche che fanno pendere l'ago della bilancia verso un giudizio più che positivo.
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Sei personaggi in cerca d'autore;
Enrico IV;
Così è, se vi pare;
Uno, nessuno e centomila.