Narrativa italiana Classici Il ventre di Napoli
 

Il ventre di Napoli Il ventre di Napoli

Il ventre di Napoli

Letteratura italiana

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Matilde Serao 1856 – 1927 scrittrice e giornalista, pubblicò romanzi e racconti con cui sfiorò il Nobel, fondò con il marito tre giornali (tra cui “Il Mattino”) e, da sola, un quarto quotidiano, che diresse fino alla morte, distinguendosi, agli albori del regime, per ferme posizioni antifasciste. Il ventre di Napoli, la sua opera più coraggiosa e innovativa, è il primo grande reportage letterario italiano, tributo lucido e appassionato alla sua città e alla sua professione: “Dal primo giorno che ho scritto, io non ho mai voluto né saputo essere altro che una fedele e umile cronista della mia memoria”.



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Il ventre di Napoli 2013-11-28 09:05:24 silvia t
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silvia t Opinione inserita da silvia t    28 Novembre, 2013
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Il ventre di Napoli

Matilde estasia, Matilde commuove, Matilde stupisce ed ammalia.
Un nome che evoca ricordi lontani, piccole righe in antologie liceali, sulla carta quasi scolorite, nella memoria, al massimo, il nome di una strada o di una scuola.
Può capitare di imbattersi in un volume, per caso, di Matilde Serao, aprirlo e scoprire un mondo, lontano, ma attuale; scomparso, ma ancora possibile.
“Il ventre di Napoli” nasce come un reportage giornalistico a puntate e si prefigge l'ambizioso obiettivo di descrivere la realtà del popolo napoletano di fine ottocento.
In questo modo, con un attacco diretto all'allora Presidente del Consiglio Italiano, inizia questo straziante viaggio nei vicoli, nelle strade, nelle botteghe e nelle case di una Napoli oscura, nera, ombrosa e sporca; così la troviamo nel 1884, pressoché identica nel 1904 dopo vent'anni.
Un inno all'ipocrisia della politica urlato e mostrato senza veli, con la forza incredibile di una donna del secolo scorso, che non indugia di fronte all'improbo compito di difendere i più deboli, di essere la voce di un popolo muto, la penna di un popolo analfabeta.
L'ipocrita immagine patinata da cartolina di Napoli viene disintegrata e sporcata dalle luride acque che allagano i piccoli vicoli dove il popolo sopravvive, nello squallore dell'abbandono, nella tristezza di case troppo piccole per quel mare di persone che si arrangia come può, per le quali il pasto quotidiano è l'obiettivo.
La penna della Serao si fa efficace e diretta, con uno stile semplice, non certo elegante, di sicuro non edulcorato, riesce nello stesso tempo a descrivere lo squallore inenarrabile dei luoghi e la vitalità e la forza delle persone, che cercano nel gioco del Lotto la speranza, che vivono per il sogno che il Lotto regala loro, sicuri che la ruota prima o poi girerà per loro.
Esponente del verismo Matilde Serao riesce a trasmettere al lettore tutto quello che è necessario, generando gli odori nauseanti che appestano le strade, i colori scuri e fumosi che vi aleggiano e i rumori, il ciacaleccio delle voci, la confusione dei mercati, il vociare dalle finestre; riesce in tutto questo penetrando nel profondo e depositando un seme che solo nei cuori più aridi non potrà germogliare.
Nel leggere queste pagine ci si sente quasi marchiati da un peccato originale, quasi responsabili per quelle sventure, per quell'abbandono che non avrà fine, né allora, né dopo vent'anni.
Una lettura consigliata, per troppo tempo dimenticata, un'autrice che non si limita a scrivere un libro, denuncia una situazione scandalosa e lo fa dalle prime pagine di un giornale, senza paura, senza peli sulla lingua, ma con la genuina schiettezza del popolo napoletano; il suo popolo e non solo esso le sarà per sempre grato.

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