Il giorno
Letteratura italiana
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La folle vittoria dell'apparire sull'essere
La vita culturale del XVIII secolo fu dominata da un grandioso movimento intellettuale, che a partire dalla Francia del 1730 conquistò tutta Europa, raggiungendo perfino l'America. I principi fondamentali di questo imponente ed eterogeneo movimento furono l'esaltazione della ragione come unico mezzo per vagliare criticamente la realtà e la centralità della figura dell'intellettuale, il cui proposito è quello di assicurare felicità e benessere agli uomini. Per questi due motivi il movimento divenne noto con il nome di Illuminismo. Fu una corrente di pochi, di un' élite cosmopolita e laica di intellettuali bramosi di modernizzazione dello Stato e di miglioramento della società. Tanto che la realizzazione concreta di buona parte dei principi illuministici furono attuati da monarchi disposti a innovare i loro regni che presero il nome di “despoti illuminati”. L'Italia, nonostante la sua frammentazione politica, non fu immune da tali spinte. I centri più importanti furono il Granducato di Toscana con Pietro Leopoldo d'Asburgo-Lorena ( il primo stato del continente in cui fu abrogata la pena di morte in tempo di pace!), il Regno di Napoli e Sicilia con Carlo III di Borbone e Milano. Propaggine della Felix Austria dell' illuminata imperatrice Maria Teresa d'Asburgo, la città lombarda non fu esentata dalle riforme della sua sovrana che invitò a partecipare gli intellettuali lombardi. Ben presto questi si concentrano in due poli: l'Accademia dei Pugni con esimi personaggi quali i fratelli Verri e Cesare Beccaria e la più “letteraria” Accademia dei Trasformati dove brillò l'ultima stella dell'illuminismo italiano e la prima a congiungerlo con il neoclassicismo sino alle sponde del Romanticismo. Il suo nome? Giuseppe Parini (1729-1799) che passò alla storia con il suo capolavoro (ahimè incompiuto), Il giorno.
Poemetto in endecasillabi sciolti ( secondo l'ironia del suo autore per attenersi alla moda del momento), Il Giorno fu riunificato in tutte le sue componenti ( sebbene le ultime due mutile) soltanto nei primi dell'Ottocento da F. Reina. Infatti Parini pubblicò a tappe dei poemetti che insieme sarebbero andati a costituire un tutt'uno con il nome di Il giorno. Inizialmente programmò tre parti: Il Mattino(pubblicato nel 1763), Il Mezzogiorno ( pubblicato nel 1765) e la Sera. In seguito ad un lungo periodo di astinenza dovuto agli impegni “politici” ( nel 1769 ottenne la cattedra di Belle Lettere nelle scuole di Brera), Parini tornò alla sua opera rivedendo le parti precedenti (Il Mezzogiorno divenne Il Meriggio) e programmò di dividere la Sera nel Vespro e nella Notte ma, a causa della morte nel 1799, non le pubblicò mai.
Il Giorno tratta della giornata tipo del Giovin Signore, archetipo della gioventù dorata milanese, e dei pesanti fardelli che quotidianamente deve sopportare. Si passa dalla toilette del mattino ( tra i dolori atroci dei pettini e delle pomate del parrucchiere) alla casa da gioco della Notte passando per il pranzo a casa della sua Dama ( “la pudica d'altrui sposa a te cara”) di cui è cavalier servente del Mezzogiorno e per le sfilate in carrozza presso il corso e le visite agli amici del Vespro. Il tutto narrato dalla voce dell'autore che si presenta come precettore del Giovin Signore al quale dà saggi consigli e ammonimenti sagaci per poter superare gli orribili ostacoli che incombono su di lui (come scegliere per colazione il “cioccolatte” o il caffè). Ma a dominare l'intero assetto è la satira pungente del Parini che si fonda sull'antifrasi. Questa è una figura retorica per cui il significato di una parola, di un sintagma o di una frase risulta opposto a quello che assume normalmente. Così mentre il narratore-precettore descrive con cura maniacale le abitudini e le occupazioni giornaliere degli aristocratici (“almo concilio di semidei”), non fa altro che sottolinearne la vacuità e il degrado. Servendosi a scopo parodico di formule epiche classicheggianti e di favole eziologiche su cianfrusaglie ( come la cipria e il tric-trac), si viene formando un ampio ritratto a tinte forti sulla decadenza che sta lentamente logorando l'aristocrazia lombarda. Ciò che colpisce di più è la mancanza di attività, di vita, di sentimenti. Tutto è coperto da un freddo velo di etichetta, cerimoniale ed ipocrisia il quale ha fatto cadere la noblesse milanese in un eterno torpore. Gli aristocratici si sono chiusi in un mondo immaginario dove a dominare è l'indifferenza e dal quale non si sporgono mai a sentire l'atmosfera rovente che in breve tempo porterà alla Rivoluzione Francese e alla fine dell' Ancien Règime. Non se ne preoccupano. Vivono il presente, denigrando il glorioso e virile passato degli avi e beffando il futuro, occupati come sono ad organizzare merende, balli e ricevimenti, a metter su discussioni pseudo-colte e ad attenersi alle amorali convenienze del loro status sociale, in primis il famelico cicisbeismo (cicisbeo - o cavalier servente - era il gentiluomo che accompagnava una nobildonna sposata nelle occasioni mondane e l'assisteva nelle incombenze personali come toletta,compere, visite, giochi. Passava con lei gran parte della giornata e doveva elogiarla, sedersi accanto a lei nei pranzi e nelle cene, nelle passeggiate o nei giri in carrozza).
Parini si serve di uno stile accuratissimo, solenne, aulico, elevato, ricco di nozioni mitologiche, di eufemismi ironici pazzeschi e di descrizioni minuziosissime, che variano dalle raffinate miniature rococò in cui intervengono amorini ed allegorie ad un sublime lirismo neoclassico.
Non è assolutamente un linguaggio semplice, è ricchissimo di sfumature e di riferimenti che irrimediabilmente scombussolano il lettore se non spreme di continuo le meningi. Ma, nonostante ciò, è incantevole, intrigante, raffinato e seducente.
Il Giorno non è un'opera leggera. Può annoiare terribilmente come conquistare richiedendo comunque da parte del lettore tempo, energia e sforzo. Però il risultato è oggettivamente strabiliante. Buona lettura!