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Epigrammi

Letteratura italiana

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La clientela fu la sua costante tortura e la povertà gli intossicò la vita. Egli godé certamente di riguardi e favori: né l'umile condizione fu per lui così spoglia di ogni diletto come può apparire nei suoi versi, dove tuttavia si avverte quella continua aspirazione alla pace che è propria degli spiriti più afflitti.La giornaliera professione di umiltà, la sterile ed irritante vicinanza della ricchezza e del fasto gli dava come una nausea di ogni sontuosità e gli carezzava e ingrandiva quell'amore di vita semplice e oscura, che è qualche volta l'altera passione dell'orgoglio ferito.



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Epigrammi 2015-05-15 17:07:16 viducoli
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viducoli Opinione inserita da viducoli    15 Mag, 2015
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Un grande classico con una tronfia traduzione

Marco Valerio Marziale è uno dei grandi autori dell’antichità romana, che attraverso l’uso dell’epigramma ha saputo trasmetterci un vivido spaccato della società del suo tempo, permettendoci di approfondire la conoscenza della Roma del primo secolo dopo cristo, la Roma imperiale al massimo della sua potenza.
Per farlo utilizza l’occhio della satira, dell’implacabile osservazione dei vizi privati e pubbliche virtù dei potenti e dei ricchi, dell’ipocrisia e dell’istituzionalizzazione dell’adulazione che caratterizzava il sistema clientelare, ed utilizza una forma letteraria bassa, l’epigramma appunto, che gli permette sicuramente una maggiore libertà espressiva rispetto a forme poetiche più ufficiali.
Proprio per l’uso dell’epigramma e per le tematiche trattate, da una parte della critica Marziale è (o per meglio dire era) considerato un autore minore, non accostabile ai grandi poeti tragici ed epici dei primi secoli dell’impero romano. Al contrario, proprio la scelta espressiva e il carattere fortemente realistico della poesia di Marziale ne costituiscono la grande forza, capace di restituirci come pochi altri autori lo spirito di un’epoca cruciale per i destini di Roma e, direi, dell’intera civiltà occidentale come la concepiamo ancora oggi. La suddivisione in generi alti e generi bassi è a mio avviso un espediente utilizzato in passato, ma presente ancora oggi, per tentare di esorcizzare la capacità dissacrante e il potere liberatorio che in genere il comico e il volgare posseggono nei confronti dei paradigmi della società costituita.
Marziale scrive nel periodo della Roma dei Flavii, in particolare al tempo del potere di Domiziano; dopo la congiura patrizia che porta al suo assassinio nel 97 d.C., i nuovi equilibri politici instauratisi con l’ascesa di Nerva e quindi di Traiano lo vedono emarginato nella natale Bilbilis (odierna Spagna), dove poco prima di morire pubblicherà il XII e ultimo libro di epigrammi.
L’opera di Marziale infatti, che ci è pervenuta integra, consta di ben 12 libri di epigrammi che erano stati preceduti da tre libri a tema, dedicati rispettivamente agli spettacoli in occasione dell’inaugurazione del Colosseo, ai doni che si usava spedire agli amici in occasione dei Saturnali e ai doni offerti agli ospiti dei banchetti. Questa edizione Einaudi ha il pregio di offrirci tutta la produzione del poeta, con testo originale a fronte.
Cosa è l’epigramma? E’ un componimento breve, a volte brevissimo, in genere composto di due parti: una prima in cui si introduce l’argomento ed una seconda nella quale la conclusione è spesso inaspettata, spiazzante o paradossale, il che genera quindi un effetto comico. Per capire meglio ecco un esempio (Epigr. X – 43, traduzione tratta dal sito www.marziale.com):

"Filero, sotto terra la tua settima
sposa hai sepolto: terra redditizia
come la tua nessuno la possiede!"

Di cosa trattano gli epigrammi del nostro? Marziale è un cliente, è cioè legato a nobili e potenti che deve in qualche modo servire per poter mangiare (letteralmente: il potente dava giornalmente al cliente la sportula, paniere di vivande o piccola somma per acquistarle). Questo lo porta a contatto diretto sia con il mondo dei patrizi e dei ricchi su cui si basava il potere imperiale, sia con quello dei clientes (oggi si chiamerebbero precari) e del popolino che cercava di sopravvivere raccogliendo (come nella cristiana parabola del ricco Epulone) le briciole che cadevano dalle tavole imbandite di tanta opulenza. Sono questi mondi che gli epigrammi ci raccontano, mondi espressione di quella che allora era una città unica, una metropoli di un milione di abitanti che costituiva un vero e proprio universo di umanità varia.
Marziale racconta questo mondo con realismo estremo, cogliendone, attraverso l’arma della satira, le infinite sfumature ed i paradossi. In un epigramma (X – 4) ci espone quello che può essere considerato il suo manifesto culturale: Qui non troverai né Centauri, né Gorgoni, né Arpie: la mia pagina sa di uomo. Non c’è mitologia, non ci sono dei negli epigrammi: ci sono il sangue, le membra, i pensieri degli uomini della Roma del primo secolo, delle diverse classi di uomini in cui la società era divisa, ci sono i rumori, gli odori, la corporeità pulsante della grande metropoli antica, con i suoi riti, le sue lotte, i suoi grandi spettacoli e le sue grandi crudeltà. Marziale osserva tutto questo spietatamente, ma non mette in discussione che debba essere così, non propone alternative: semplicemente constata, ma così facendo dissacra usi e costumi e mette alla berlina uomini e donne, e attraverso questi lo stesso ordine sociale; per sé aspira a poco, sostanzialmente ad un podere in campagna, in una prospettiva che oggi potremmo definire piccolo-borghese.
Se gli uomini e le donne concrete di Roma sono il suo bersaglio, il sesso, l’erotismo non possono che rivestire un ruolo centrale negli epigrammi. L’infedeltà coniugale, le impotenze nascoste, le abitudini segrete dei suoi concittadini forniscono a Marziale un materiale sterminato sul quale costruire molti degli epigrammi più memorabili, che per il loro essere espliciti rimando ad una lettura diretta. E’ in questi epigrammi che emerge appieno la forza corrosiva della satira di Marziale, perché è qui, trattando questi temi che viene maggiormente esplicitata da un lato l’ipocrisia regnante nella società, dall’altro il carattere eversivo e liberatorio del sesso. Non mancano ovviamente epigrammi a contenuto scatologico, a riprova di una libertà espressiva che non si ferma neppure davanti agli aspetti più intimi del vivere, e che sa fare anche di questi spunti di critica sociale.
Nell’ambito di questo quadro complessivo vi sono anche epigrammi dotati di un intenso lirismo, come quelli funebri, dedicati ad amici o conoscenti di Marziale morti: su tutti quello famosissimo dedicato ad Erotion (V – 37) morta a sei anni, per la quale Marziale chiede alla terra che la ricopre di esserle così leggera come lo era stata la bimba alla stessa terra. Questi epigrammi colti dimostrano quanto la scurrilità, il realismo del complesso dell’opera di Marziale sia una precisa scelta espressiva, dettata dall’esigenze di raccontare ciò che lo circonda oltre che, presumibilmente, da precise esigenze "editoriali".
Il piacere di poter leggere l’intera opera di Marziale è purtroppo fortemente attenuato, nell’edizione Einaudi che ho utilizzato, dalla traduzione di Guido Ceronetti. Credo che raramente si sia assistito, in un’opera di traduzione, ad una volontà così pervicace di sostituire alla resa della poetica dell’originale il proprio ego letterario. Ceronetti non esita a stravolgere ritmi, a introdurre termini moderni, a cambiare il senso di intere frasi pur di far emergere la sua personalità di traduttore. Il risultato è a mio avviso grottesco, tanto che molte volte per capire cosa effettivamente significasse un epigramma ho dovuto leggere il testo latino a fronte. Il tronfio Ceronetti (che a mio avviso sarebbe stato il perfetto soggetto di uno degli epigrammi dedicati da Marziale ai colleghi pseudoletterati) è perfettamente cosciente dell’operazione che compie, tanto da esortare il lettore, al termine della sua ovviamente prosopopeica introduzione, ad imparare il latino, così da leggere "Marziale e non Ceronetti!". A mio avviso c’è un modo più semplice per gustare Marziale pur non conoscendo il latino: stare lontani da Ceronetti avvalendosi di una edizione curata da un traduttore degno di tale epiteto.

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Giovenale e Lucrezio (magari in traduzioni decenti)!
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