Le isole del paradiso
Letteratura italiana
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Homo vs Natura
“Le isole del paradiso” porta la firma di un autore che ha scritto tanto ma abbastanza sconosciuto nel panorama letterario, parliamo di Stanislao Nievo. Il cognome ci porta ad un'associazione diretta con l'Ippolito de “Confessioni di un italiano”, l'esimio prozio.
Stanislao si è dedicato a studi di natura più scientifica, come zoologia, etnografia e biologia, che lo hanno portato in giro per il globo e reso cultore e appassionato delle specie offerte dal mondo vegetale, animale e non ultimo umano.
Questo testo del 1987 sancito vincitore dalla giuria dello Strega, nasce dal desiderio di raccontare uno spaccato di storia di fine Ottocento che vede gli europei in fermento e competizione per accaparrarsi fette di nuovi continenti. Terre dove sembra regnare un'eterna primavera, vegetazione rigogliosa e acque cristalline. Insomma un paradiso da conquistare a tutti costi.
Il tentativo di colonizzazione delle isole della Melanesia da parte di francesi e britannici, è un evento realmente accaduto a cui Nievo nella prima parte dell'opera dona una veste romanzata.
Porta sulla scena una galleria di personaggi di buon spessore, dai capitani delle flotte agli armatori europei, dai “candidati” coloni ai nativi locali.
Incisive le immagini dell'incontro-scontro tra le due umanità, quella evoluta che vuole sottomettere e quella primigenia, regolata da ritmi e qualità di vita impensabili e lontani anni luce alla civiltà occidentale.
L'autore fa emergere la diversità degli uomini con forza e crudezza, un incontro che non porta nulla di buono, un tentativo di conciliare due civiltà che si spegne come un tizzone inondato di acqua.
L'arcipelago della Nuova Guinea da sogno diventa incubo per questo esercito di colonizzatori, una masnada di uomini e donne tra cui un nutrito gruppo di italiani, mossi dall'illusione di trovare un pezzo di terra da coltivare per sfamare la propria famiglia.
Purtroppo bisogna fare i conti con i vulcani, con malattie mortali, con un clima torrido, con stregoni e cannibali.
Dopo la prima parte descrittiva e di stampo narrativo, se ne apre una dalla veste prettamente saggistica, dove Nievo mette in campo le sue doti di documentarista e naturalista descrivendo quanto rilevato durante i suoi viaggi nelle stesse isole su cui sbarcarono i nostri predecessori, spingendosi alla ricerca delle tracce lasciate dai volti a cui ha dato voce.
La cesura è netta e rende il lavoro un ibrido per contenuti e stile di scrittura, tanto che la parte saggistica si percepisce come appendice e approfondimento, cui avrebbe giovato una sforbiciata su qualche pagina.
Nel complesso si tratta di una lettura gradevole, di un autore avvezzo all'uso della penna che ci ha lasciato la sua visione di un connubio esplosivo, quale riesce ad essere UOMO e NATURA.
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Una storia di grandezza e di miseria
Le isole del paradiso di Stanislao Nievo: “È una storia piena di grandezza e di miseria. Cominciò nell’anno 1699, nel mese di marzo”.
La Melanesia è un paradiso naturale (“La natura aveva colori forti, più aggressiva di quella che conoscevano. Sbocciava contorta, avviluppando d’intrecci bruni il suolo da cui spuntavano qua e là artigli di roccia livida”). Ma è anche un luogo maledetto o proibitivo, tamboo in lingua locale.
Nella Nuova Irlanda giungono coloni-emigranti, anche italiani, che subito interpretano il ruolo che l’uomo sa assumere prontamente (“Se c’è acqua a dislivello idrico, vedrai che colpo facciamo con la mia fontana elettrica!”): intervenire sulla natura (“Dall’altra parte c’è la macina di pietra… Devono farla funzionare perfettamente. Altrimenti addio frantoio e segheria!”), dominarla (“Angelo ha in mente di applicare al mulino che costruite un motore elettrico di sua invenzione”), appropriarsene. Salvo poi patirne le reazioni.
Qui Nievo fonde il gusto del romanzo (“Emma Coe, creola di sangue reale venuta da Samoa tre anni prima col marito Farrell a colonizzare la piccola isola di Mioko, da cui si domina la costa della Nuova Britannia e della Nuova Irlanda”) e il proprio naturalismo in una storia che vinse il premio Strega nel 1987.
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Natura batte romanzo
Questo libro è stato il vincitore del Premio Strega nel 1987. E' il racconto di un'avventura, che racconta la storia della fondazione di una comunità in un'isola della Nuova Guinea e si rivela una vera e propria epopea. Nelle pagine si trovano anche dei riferimenti storici a scontri culturali reali, anche se prevale nettamente l'aspetto romanzesco della vicenda rispetto a quello più prettamente storico. Più di tutto l'ho però vissuto come un vibrante omaggio alla bellezza della natura, da parte di un appassionato viaggiatore e naturalista. E' un libro in cui si è fusa la sua passione storica con la sua passione geografica per le isole dei mari del Sud ed ogni pagina è secondo me lo specchio dell'anima di quest'autore, affascinato da una dimensione magica della natura. C'è un senso dell'avventura e dell'ignoto, ben intrecciato con una passione contemplativa che ci regala descrizioni magiche.