Il buono, il brutto e il figlio del cattivo
Letteratura italiana
Editore
Nelson Martinico, di origine siciliane, è nato a Roma. Dopo una folgorante quanto effimera carriera da giovane promessa del pallone, interrotta a un passo dal professionismo in seguito a uno sfortunato incidente, ha fatto di tutto: camionista, barman, imbianchino, stuntman in una dozzina di spaghetti-western del periodo declinante, fatto parte di un quintetto folk sardo-siculo (alla fisarmonica). Infine ha insegnato Latino e Greco. Ha pubblicato cinque volumi di poesia. L'ultimo, un poema in terza rima dantesca, è stato adottato nelle scuole. Conduce laboratori itineranti di tecnica della poesia nei mercati rionali. Odia l'automobile.
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Sergio Leone si rivolta nella tomba
Si, sono proprio loro. I mitici personaggi dell'indimenticabile capolavoro di Sergio Leone, ovviamente orfani di Sentenza (il Cattivo), ormai sepolto sotto due buoni metri di terra al cimitero di Sad Hill.
Nelson Martinico immagina questi vecchi "gunfighters" vent'anni dopo: Tuco (il Brutto) è appena uscito di prigione, il Biondo (il Buono) ha messo in piedi un circo itinerante. C'è ancora una parte del bottino da recuperare, per cui Tuco si mette sulle tracce del Biondo al quale dà la caccia anche John Wiseacre, ovvero il figlio vendicativo ed ambizioso di Sentenza.
Sincero ma abbastanza insipido questo omaggio allo spaghetti-western per via di una storia molto esile, tra l'altro completamente strutturata su dialoghi di spessore discutibile. Si va da beceri scambi di battute tipici del cinema o della letteratura di frontiera a piatte digressioni esistenziali, inerenti disparati argomenti tra cui religione e letteratura.
Assente ingiustificata l'azione: i duelli e le sparatorie si risolvono in poche righe e non sono quasi mai raccontati, bensì ripresi a proiettili sparati e cadaveri in terra, come è quasi totale l'assenza delle descrizioni riguardo ambienti, caratteristiche fisiche, abbigliamento, ecc...
Una scelta che rende il lavoro di Martinico tanto scorrevole quanto privo di elementi efficacemente contestualizzanti, oltre che di palpabile tensione e di quello spirito epico che sta alla base di ogni rispettabile avventura western.
Non mancano dubbi su alcuni personaggi illustri, Buffalo Bill e Mark Twain sembrano infilati a forza nella narrazione (lo stesso dicasi per gente come Wyatt Earp), inoltre il Biondo così loquace e colto non convince.
L'idea di fondo si salva, ma solo quella.