Antonio Fogazzaro
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Recensione della Redazione QLibri
Introduzione alla lettura di Antonio Fogazzaro
Dopo tanti anni aveva deciso che fosse arrivato il momento di prendersi una vacanza, da tutto: quindici giorni lontano dal lavoro, dalla sveglia e soprattutto dalla mancanza di tempo.
Si recò in stazione con il suo fido zaino in spalla e il biglietto in tasca, la sosta all'edicola era d'obbligo poiché era la più fornita di fumetti arretrati e capitava spesso che trovasse dei numeri che mancavano ad una delle tantissime collezioni incomplete e che gli facevano compagnia mentre ondeggiava verso mete più o meno lontane.
Entrò e iniziò a rovistare in quella specie di santuario, in cui pareva si fossero dati appuntamento tutti gli albi meno comuni, per caso, scorse con la coda dell'occhio un volume che pareva appartenere ad un tempo ben più antico di quello contemporaneo, si avvicinò e lo prese tra le mani, lo sfogliò e si accorse che era la ristampa anastatica, voluta per i centocinquanta anni dell'unità d'Italia, di un volume del 1861 il cui titolo era "Diritto e necessità di abrogare il francese come lingua ufficiale", quasi nello stesso momento la voce metallica annunciava l'arrivo del suo treno, senza pensare lo prese e lo pagò, così quel giorno, invece delle immagini disegnate, ad accompagnarlo fu quel linguaggio aulico che gli riportava alla mente lunghe mattinate trascorse ad ascoltare noiose lezioni di storia in compagnia di Cavour, Napoleone III e Bismarck.
Salì sul vagone, scelse un posto e si sedette, iniziò a leggere quel volumetto, mentre il treno lo portava in Veneto, sul Lago di Garda, in un periodo in cui i colori stagionali vertevano al giallo e la temperatura era prossima a scendere: sperava che dalle rive del lago si alzasse quella lieve umidità che penetra nelle ossa e che genera emozioni così profonde.
Mentre scorreva le pagine dai caratteri antichi, nel suo scompartimento la pace finì, si sedettero due signori, che misero le valigie nel vano apposito e iniziarono a discorrere: prima di sport, commentando gli anticipi di campionato e come degli allenatori navigati suggerivano le loro soluzioni per una partita che sarebbe, di sicuro, risultata vincente, poi iniziarono a parlare di politica.
Gli venne un tuffo al cuore, dopo pochi minuti di involontario ascolto; i loro discorsi apparivano serrati, fitti di analisi, economiche, sociologiche, anche pertinenti, ma mancava del tutto una cosa: la fede in un ideale.
Più li ascoltava, più quel libretto sembrava urlargli che c'era stato un tempo in cui gli uomini credevano, in cui morivano per degli ideali, per delle idee che non avrebbero mai viste realizzate, ma che sapevano incarnare la giustizia.
Il tempo passava e la meta si avvicinava, la sua mente, per un'associazione di idee richiamò un romanzo che aveva letto nello stesso periodo delle noiose lezioni di storia: Piccolo mondo antico di Fogazzaro.
Forse furono le sponde di quel freddo lago, forse i discorsi così vuoti degli sconosciuti viaggiatori, forse quell'unità d'Italia per cui molti morirono, ma le immagini di quel libro si fecero vivide e una volta sceso cercò una libreria, cercò il titolo, scelse una panchina e pagina dopo pagina lo divorò e alla fine, sentì che ancora molto c'era da fare, ma che se c'era stato un tempo in cui gli uomini facevano della politica la loro vita e per essa potevano immolarsi, allora, ancora oggi era giusto credere e riscoprire degli ideali e forse il modo migliore per farlo era proprio attraverso le pagine di quel libro.