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Motori di ricerca, smartphone, applicazioni, social network: le recenti tecnologie digitali sono entrate prepotentemente nella nostra vita quotidiana. Ma non solo come strumenti esterni, da usare per semplificare la comunicazione e il rapporto con il mondo: esse piuttosto disegnano uno spazio antropologico nuovo che sta cambiando il nostro modo di pensare, di conoscere la realtà e di intrattenere le relazioni umane. A questo punto, la domanda che Antonio Spadaro si pone e ci pone è: la rivoluzione digitale tocca in qualche modo la fede? Non si deve forse cominciare a riflettere su come il cristianesimo deve pensarsi e dirsi in questo nuovo paesaggio umano? Forse, egli risponde, è giunto il momento di considerare la possibilità di una ‘cyberteologia’, intesa come intelligenza della fede (intellectus fidei) al tempo della rete. Non si tratta però, semplicemente, di cercare nella rete nuovi strumenti per l’evangelizzazione o di intraprendere una riflessione sociologica sulla religiosità in internet. Si tratta piuttosto – e qui sta la pionieristica novità di Spadaro – di trovare i punti di contatto e di feconda interazione tra la rete e il pensiero cristiano. La logica della rete, con le sue potenti metafore, offre spunti inediti alla nostra capacità di parlare di comunione, di dono, di trascendenza. E, dal canto suo, il pensiero teologico può aiutare l’uomo in rete a trovare nuovi sentieri nel suo cammino verso Dio. È un territorio ancora inesplorato, nel quale Spadaro entra con indiscusso background teologico e grande competenza tecnica, ma soprattutto con spirito di fiducia nella capacità del cristianesimo e della Chiesa di essere presenti là dove l’uomo sviluppa la sua capacità di conoscenza e relazione. La rete è un contesto in cui la fede è chiamata a esprimersi non per una mera ‘volontà di presenza’, ma per una connaturalità del cristianesimo con la vita degli uomini. La sfida, dunque, non è come ‘usare’ bene la rete, ma come ‘vivere’ bene al tempo della rete.



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Cyberteologia 2013-03-06 20:06:52 Lorenzo Roberto Quaglia
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Lorenzo Roberto Quaglia Opinione inserita da Lorenzo Roberto Quaglia    06 Marzo, 2013
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Cyberteologia

Nel mese di marzo 2012 è uscito il nuovo lavoro di Antonio Spadaro: Cyberteologia, sottotitolo: pensare il cristianesimo al tempo della rete. Con quest’opera Spadaro si conferma tra i principali studiosi italiani dei rapporti tra il w.w.w. e la religione cristiana, tra la rete e la teologia cattolica, cioè universale, come la rete.

In poco più di centotrenta pagine il gesuita direttore de “La Civiltà Cattolica” analizza i cambiamenti che inevitabilmente sono intervenuti nel nostro modo di pensare e di agire dall’affermarsi della rete.

“La rete” scrive Spadaro nell’introduzione, “non è uno strumento, ma un ambiente nel quale noi viviamo”. …”E se abbiamo uno smartphone acceso in tasca siamo sempre dentro la rete”.
La domanda quindi è, se la rete cambia il nostro modo di pensare, cambierà , o è già cambiato, anche il nostro modo di vivere la fede? Da questo incipit prende avvio l’analisi profonda, acuta e originale dell’autore. Vengono declinati i “paradigmi” che caratterizzano la rete e che, al momento, ne determinano lo sviluppo: i motori di ricerca, la visione shuffle, il sistema push e quello pull, le applicazioni Instapaper e così via.

Ciò che a Spadaro interessa mettere in luce è che “la sfida dunque non deve essere come usare bene la rete, come spesso si crede, ma come vivere bene al tempo della rete. In questo senso la rete non è un nuovo mezzo di evangelizzazione, ma innanzi tutto un contesto in cui la fede è chiamata ad esprimersi non per una mera volontà di presenza, ma per una connaturalità del cristianesimo con la vita degli uomini”” (pag. 22).

Che tipo di Chiesa è presente in rete? Una Chiesa liquida, senza autorità, una Chiesa hub? Spadaro, pur sensibile alle novità che la rete porta con sé, rimane in comunione a ciò che la Chiesa da sempre insegna agli uomini e cioè che è impossibile che la realtà virtuale sostituisca l’esperienza reale di una comunità cristiana visibile e storica, così come non è possibile sperimentare in rete i sacramenti e le celebrazioni liturgiche. Nel libro sono molteplici i riferimenti a documenti vaticani che testimoniano ciò.

Quello che emerge dalle pagine del libro è l’amore che la Chiesa porta al creato, creato da Dio, e il desiderio che nulla rimanga inesplorato e dimenticato. Ne consegue che il cristiano è chiamato a testimoniare anche nella rete la gloria di Dio e la risposta vivente ai bisogni dell’uomo che è Cristo. In questo senso il concetto di “testimone” e “testimonianza” nella rete merita una seria riflessione da parte di ogni cristiano che naviga nel web.

Per concludere: “La cultura digitale pone nuove sfide alla nostra capacità di parlare e di ascoltare un linguaggio simbolico che parli della trascendenza. Gesù stesso nell’annuncio del Regno ha saputo utilizzare elementi della cultura e dell’ambiente del suo tempo: il gregge, i campi, il banchetto, i semi e così via. Oggi siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone che possono essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”.

Questo libro è un’esaltazione, nel senso di valorizzazione, degli aspetti positivi che si trovano nella rete ed è scritto con tanta passione per l’ingegno dell’uomo che ha creato il w.w.w. , nuova frontiera, nuova terra di missione per il cristiano del ventunesimo secolo.

Completa l’opera una ricca Bibliografia che testimonia ulteriormente, se mai ce ne fosse bisogno, l’importanza di quest’opera che porta seco anche il dono della sintesi.

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