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Questa è stata la mia Caporetto
“Le regole del fuoco” (romanzo secondo classificato al premio Campiello 2016), così come le vede Elisabetta Rasy, nel romanzo finalista al Campiello 2016, vengono declinate nell’esperienza della napoletana Maria Rosa Radice e della comasca Eugenia Alferro, entrambe coinvolte da una scelta coraggiosa ai tempi della grande guerra (“Partivo per il Nord, per la guerra, per il fronte come infermiera volontaria”).
Hanno motivazioni differenti: l’una è fuggita all’ambiente annoiato dell’aristocrazia napoletana (“Ero venuta al fronte non per amor di patria ma per odio”), l’altra persegue un sogno professionale ambizioso per una donna d’inizio XX secolo e, anche per questo, sembra più adatta agli orrori e alle mutilazioni della guerra.
Pur essendo così diverse (“Mio padre è morto e il tuo?... Mio padre è socialista e crede a questa guerra”), le due giovani donne s’innamorano e vivono una struggente storia d’amore saffico tra le veglie in corsia, i bombardamenti, la fuga (“Questa è stata la mia Caporetto”)…
La guerra, così come le ha unite, le separa (“Anche tu non avevi più il mio indirizzo”).
Un tenero epistolario le riunisce brevemente (“’O surdato ‘nnammurato. Io invece ero un’infermiera innamorata di un’altra infermiera e nessuno avrebbe cantato il mio amore per te”), pur nella paura che le lettere possano essere lette anche da altri.
“Le regole del fuoco” e la perdita della fotografia dell’amata insegneranno comunque alla narratrice Maria Rosa, ribattezzata Alba Rosa nella consuetudine che gli amanti hanno di chiamarsi in modo personale, a scegliere la propria strada di vita: a Parigi, lontano dalla Napoli dalla quale era fuggita.
Giudizio finale: un romanzo romantico e crudele per celebrare la fierezza di una donna capace di autodeterminarsi.
Bruno Elpis