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L'ombra di Medea
Nella cinquina finalista del premio Strega 2013, “Nessuno sa di noi” è un romanzo cha affronta un argomento delicatissimo: quello dell’aborto “terapeutico” e dei connessi conflitti personali, morali e psicologici.
La storia si sviluppa in due parti. Nella prima si narrano gli eventi: la promessa di una maternità che finalmente si realizza dopo tanti tentativi (“Il fatto è che io questo figlio lo voglio”; “Non lo voglio un pecorone che segua il branco, voglio che si distingua e che pensi con la sua testa. Bello o brutto, basso o alto, etero o omo, non fa alcuna differenza. Lo voglio speciale, e con un cuore immenso”), la scoperta – durante una visita di controllo – dell’anomalia genetica del feto (“Displasia scheletrica”; “So che gli acondroplastici sono quegli individui comunemente definiti nani”), la sofferta decisione di ricorrere all’aborto terapeutico.
Nella seconda parte si affrontano le conseguenze della decisione assunta da Luce e Paolo: le ripercussioni sul rapporto di coppia (“Vedo ogni giorno dissolversi quello che c’è tra noi”), l’interiorizzazione del senso di colpa, il suo sbocco, se di sbocco si può parlare…
Quanto alla tecnica narrativa, alle parti descrittive del romanzo vengono intervallate parti in forma espistolare: perché Luce è giornalista, tiene una rubrica su un settimanale (“Leggo sempre la sua rubrica. Mi fa compagnia una sera a settimana…”) e a lei scrivono molte donne. Poi, alle lettere della rivista subentrano le mail del forum “lospaziorosa.com”, che Luce frequenta, alla ricerca di conforto e risposte, attanagliata dal proprio senso di colpa.
Il tema dell’aborto terapeutico è affrontato con una sensibilità che mette in luce i tragici interrogativi che esso pone (“un medico obiettore di coscienza definisce improprio il termine terapeutico accostato all’aborto che si pratica per interrompere la gestazione di un feto affetto da un’anomalia cromosomica” … “si tratta di infanticidio, specifica. E spiega che bisognerebbe insegnare ai genitori ad accettare l’handicap, a valutarlo nella sua completezza, prima di ricorrere a scelte così definitive”).
Anche la dinamica del senso di colpa (“Da cosa crede che dipenda allora il suo senso di colpa?”), l’elaborazione del dramma (“Come si possa sentire una mancanza del genere per qualcuno che non abbiamo mai conosciuto”) e la progressiva consapevolezza che interviene dopo una decisione per forza di cose repentina (“E’ un essere puntiforme e luminoso. Lo vedo circondato da un’aura dorata. Un essere uterino e celestiale che emana una luce calma e costante”) sono analizzate in modo originale, con profondo rispetto per il pluralismo ideologico e nella piena coscienza del relativismo decisionale e del soggettivismo. Con un occhio puntato al complesso di Medea.
Un libro che fa molto riflettere. Un libro che può far soffrire.
Bruno Elpis
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Pia
ricordo la fallaci, un libro che ho letto dopo aver avuto i miei figli. un secolo fa.
ricordo la scelta di una donna che soffre per la perdita, ma che non vuole legami e vincoli alla sua libertà.
bravissimo bruno
@ Pia: tolleranza, democrazia e pluralismo delle idee sono per me valori assoluti. Quando li vedo variamente riflessi in un libro, non posso che apprezzarlo. Grazie :-)
@ Cristina e Paola: la Fallaci l'ho citata più per connessione/contiguità di argomento che per affinità di stile. "Lettera a un bambino" è un libro indimenticabile che vide la luce in un momento storico nel quale il dibattito sull'aborto accompagnava quello di approvazione della legge relativa. E Oriana Fallaci è un'icona. Lo stile della Sparaco è lucido e razionale nell'organizzare una storia difficile, ma sa vibrare quando maneggia contenuti ad alta carica emotiva. :-)
@ Cristina: non cercare la coerenza nei voti che attribuisco! In genere li assegno sulla scia dell'onda sentimentale scatenata dalla lettura recente. :-)
Grazie a tutte per la bella discussione che ne è nata. :-)
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esatto....inutile dire quello che ha rappresentato per me questa lettura quasi perfetta!