Dettagli Recensione
Il senso di Amélie per Ensor
Il volumetto contiene due racconti stralunati e surreali nella prosa tagliente e spigolosa alla quale Amélie Nothomb ci ha abituati.
L’ENTRATA DI CRISTO A BRUXELLES
Il protagonista Salvator ha una gioventù piuttosto difficile (“Ci sono casi in cui la compagnia di se stessi è talmente tossica che qualsiasi altra cosa è meglio”). Decide di fare da segretario a uno zio ricco, anche per carpirne l’eredità. Poi “lo zio Nazaire volle presentargli una ragazza. Irène aveva diciannove anni: raffinata quanto incantevole”. Ma interviene una grossa disillusione, alla quale Salvator reagisce con un crimine violento. Da lì una fuga, per riparare a Hong Kong, ove il fuggiasco intraprende una fiorente attività commerciale. Arricchitosi, torna a Parigi ove incontra e impalma l’affascinante e sfortunata Zoe (“Hai lasciato che sposassi una succhiatrice di teste senza avvertirmi!”), che soffre di terribili emicranie. Il viaggio di nozze tra Ostenda, la città di James Ensor, autore di “L’entrata di Cristo a Bruxelles,” e Bruxelles (“Un amore che resiste a una notte a Bruxelles è un amore credibile”), sarà l’anello di congiunzione con il terribile passato e dimostrerà che “non c’è amore più grande di quello edificato sulle macerie di un crimine inconfessato”.
Senza nome
Il protagonista innominato della seconda storia intraprende la follia di un viaggio in solitaria nella Lapponia finlandese: “Come spiegarla se non con quell’estasi del nord che si impadronisce dei sognatori?”
Sopravvive alla fame decimando i cani che trainano la slitta, poi si rifugia in uno stravagante casolare-labirinto, abitato da quattro giovani taciturni e impenetrabili, dediti a un’unica occupazione: la visione di demenziali soap opera videoregistrate. Trascorsa la prima notte, il protagonista “senza nome” penetra il segreto che accomuna gli abitanti della casa: “Scoprii i meriti dei programmi che rincretiniscono. Non solo obbligavano il mio compagno a tacere, ma in più ci mantenevano in una specie di letargia propizia al nostro stato d’animo: passiamo le nostre giornate a rilento, in modo da conservare per la notte l’energia vitale.”
Dopo un’esperienza per certi versi paragonabile a quella che Ulisse visse con le sirene, la conclusione in parte spiazza, in parte no: “In quest’epoca sinistra in cui la maggior parte delle persone si ammazza in lavori stupidi per avere il diritto di dormire in un letto, io avrei passato le giornate a riposarmi per essere fresco e in forma per la voluttà notturna”.
Leggere Amélie Nothomb è sempre interessante e piacevole, ma posso dire che è sempre meno sorprendente? Soprattutto il plot del primo racconto l’ho trovato piuttosto prevedibile…
Forse ravviso tra le righe l’ansia di continuare a sorprendere a tutti i costi, anche forzando un po’ la mano, per non tradire le aspettative di lettori sin troppo affezionati alla “ragazza terribile” della scrittura…
Bruno Elpis
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Pero' dopo uno, due, tre libri, quando cominci ad averli letti quasi tutti ti rendi conto che a volte ritorna...