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"Una finestra vista lago" di Andrea Vitali - Comme
Facile per un comasco (io lo sono) appassionarsi ai romanzi di Andrea Vitali. Anche questa sua opera, una saga che racconta fatti di tre decenni (il dopoguerra, i fantastici anni sessanta e gli anni settanta), è disseminata di particolari molto significativi per le persone del luogo. Qualche esempio? I riferimenti culinari: dalla caseula agli gnocchi di zucca, dal pollo in gelatina al minestrone con la codega … Oppure la terminologia: slandretta per dire donna di facili costumi, e altre espressioni dialettali, senza mai eccedere con il vernacolo … Tuttavia, quello che rende grande un autore, che spesso viene accostato a Piero Chiara e a Mario Soldati per le abilità narrative, è il suo essere interessante in senso generale e non soltanto per gli autoctoni. Di questa storia, già celebrata dalla critica, voglio evidenziare alcuni aspetti che mi hanno divertito.
Innanzitutto il piglio bonario nel tratteggiare la “gente di paese”: si tratti di descrivere la curiosità dei cittadini quando sentono suonare i rintocchi che annunciano una morte (“la Stopina” muore, risorge e muore una seconda volta per effetto delle dicerie e delle frasi mal riportate) o di far affiorare gli schemi della mentalità provinciale di una terra “bianca” nei confronti del comunismo. Su questi meccanismi, a volte prevedibili, gli stessi protagonisti (e il tessuto narrativo) fanno perno per imprevedibili sviluppi.
In secondo luogo l’abilità nel tracciare fenomeni sociali che hanno attraversato la storia di questi decenni: le passioni politiche (il PSIUP: chi se lo ricorda?) del dopoguerra e della “prima repubblica”, la speculazione edilizia degli anni settanta, il contrabbando praticato nelle terre di frontiera, la pesca di frodo.
Ma quello che, a parer mio, rende vitale il romanzo di Vitali (scusate il bisticcio di parole), accanto all’incedere di una storia avvincente, sono i personaggi secondari, figure autentiche e originali da premio Oscar per il ruolo di “attori non protagonisti” e da incorniciare per soprannomi onomatopeici: oltre alla già citata Stopina, la “Merdera”, la “Luisina Uselanda” (manco a dirlo, presunta responsabile della diffusione del “mal francese”, ossia la sifilide) , il “Biglia” (l’edicolante con un occhio di vetro!) e altri ancora.
Sono riuscito a non essere troppo campanilista?