Shantaram
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Lungo, lento e prevedibile
Come molti altri all'inizio la mole del libro mi ha un po' spaventato. L'ho preso per via delle tante recensioni positive ma l'ho messo da parte a lungo prima di iniziarlo.
A differenza di altri però non l'ho trovato così scorrevole, soprattutto la prima metà l'ho letta un po' a fatica. Se non ci fosse stato un personaggio molto divertente (Prabaker) a fare da spalla al protagonista probabilmente avrei persino gettato la spugna. La seconda metà invece scorre più liscia, finalmente si riescono a memorizzare i nomi dei tanti personaggi e si è più dentro la storia. La parte migliore è senza dubbio l'ambientazione, un'India affascinante e assolutamente ben descritta.
Sulla trama ho provato un po' di scetticismo dall'inizio alla fine, dovrebbe essere un libro autobiografico ma trovo impossibile che tutto quello che viene raccontato sia veritiero... è un continuo susseguirsi di sfighe terribili e incredibili colpi di fortuna, e tutti coloro che incontra il protagonista casualmente avranno un ruolo chiave per aiutarlo in futuro.
E comunque bastava la metà delle pagine per raccontare tutto, togliendo i continui discorsi filosofici ripetitivi. La sola "teoria della tendenza alla complessità dell'universo" viene ripetuta svariate volte, potrei recitarla a memoria. Persino un orso e i suoi due domatori sono una piccola saga a puntate all'interno del libro, a dir poco superflua.
Nonostante tutto ciò, quando si arriva alla fine il finale è ben poco conclusivo, quasi un nuovo inizio che lascia un po' sospesi e perplessi.
Il secondo problema per me, oltre alla lunghezza, è che quelli pensati come colpi di scena della trama in realtà sono davvero telefonati, tutti molto prevedibili. In particolar modo quelli riguardanti Karla (personaggio a dir poco insopportabile), Abdel Khader Khan, Madame Zhou e Abdullah.
Mi spiace dirlo ma per me il romanzo non è stato niente di memorabile, è tutto "troppo".
Non è una brutta lettura e non è certamente scritto male ma davvero non mi sentirei di consigliarlo.
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Vivere...e sorridere dei guai
Shantaram è il nome indiano che gli hanno attribuito, uomo di pace, significa.
Eppure, avvinghiandoci alla lunga avventura che è la vita dell’australiano più indiano mai esistito, non pace ma tormento scopriamo scorrere nelle sue vene. Il supplizio di colpe mai sanate, di rimpianti mai sopiti, di efferate umiliazioni mai superate, sofferenze mai cicatrizzate e una fame atavica di redenzione. La forza di Linbaba si riversa nella sua lealtà e nel coraggio di donarsi ai più deboli. E scelte sbagliate per il motivo giusto.
In un racconto di eventi, ma anche di afrori e di colori, di sentimenti e di passioni, l’India di Roberts si pressa fra i denti, e stringendo il morso non sono solo parole che si spremono dalle sue carni.
E’un paese di corruzione e violenza, di fame e sporcizia, di odori nauseabondi e profumi esotici, di concretezza e spiritualità, ma soprattutto nucleo della bellezza del vivere indefesso.
Lo vedi quel sorriso irresistibile di Prabaker, nonostante le difficoltà di una vita nello slum, nonostante la brutalità di un destino avverso?
Sorriso indomabile che una volta scomparso ci fa capire che non dobbiamo temere di perdere l’amore in sua presenza, piuttosto della nostra incapacità di smettere di amare nell’assenza eterna, quando la morte ci strapperà l’oggetto del nostro affetto, fino a toglierci il fiato. Poveri o ricchi, in ogni luogo del mondo,
“Fino a quando il destino CE LO CONSENTE, continuiamo a vivere. Che Dio ci aiuti. Che Dio ci perdoni. Continuiamo a vivere.”
Da Bombay con le sue immani contraddizioni fino ai monti dell’Afghanistan dove si compie la brutale guerra santa, dall’amore sulla sabbia di Goa baciata dal tramonto a un lurido buco dove ci si ammazza lentamente di eroina, il voluminoso numero di pagine non spaventi chi legge libri di esile corporatura, perché le vicende avvincenti e la fluidità di scrittura lo classificano come un lunghissimo libro breve.
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Mal d'India
Shantaram è un romanzo che racconta una vita straordinaria, un viaggio all'interno di un Paese e del suo popolo, l'India, e contemporaneamente un viaggio introspettivo all'interno della propria coscienza e del senso della vita. 1174 pagine, potrebbe sembrare una lunghezza scoraggiante, ma si fa leggere con grande fluidità, ben scritto. ipnotico, cattura l'attenzione e diventa difficile non divorare il romanzo per sapere come l'azione andrà a finire.
La storia narra le esperienze vissute in India dall'autore, Gregory David Roberts, questo ovviamente conferisce ancora più potenza ai sentimenti, alle riflessioni, alle considerazioni scaturenti dal libro. E' un'opera con un punto di forza: non può lasciare indifferenti, costringe a guardarci dentro e a riflettere, a prendere in considerazione cose che davamo per scontate.
Il protagonista ha visitato un Paese di bellezza straordinaria, ma è entrato a contatto con le persone più povere della terra, con gangster della malavita, è andato in guerra per sua scelta in Afganistan per un conflitto che non era il proprio. Eppure ha trovato cuore, bellezza, purezza dove non immagineremmo mai, amore fraterno, paterno, filiale nei luoghi più incredibili.
Forse per giudicare persone e azioni è necessario andare oltre l'inutile superficie del perbenismo...?
Secondo me uno dei 100 libri da leggere assolutamente una volta nella vita, bisogna solo scegliere gli altri 99.
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Il buon Johnny Depp ci aveva fatto la bocca
Si narra, che quando, quasi 10 anni fa, questo enorme romanzo, fece il suo debutto nel mondo, il grande attore americano e idolo di tante ragazzine e donne sparse per il globo, aveva avuto l'idea di farci un film, nel quale naturalmente avrebbe fatto la parte del protagonista che salva il globo tutto.
Poi a causa di insormontabili difficoltà economiche legate alle produzione, il bel Johnny aveva deciso di metterci una pietra sopra, mandando in frantumi i sogni e i desideri tante ragazze sparse per il pianeta terra.
Effettivamente il romanzo ha un suo fascino, un suo alone di mistero.
A me garbò molto, soprattutto per quanto riguarda la parte relativa all'India, poichè è si un racconto ma è anche per certi versi un trattato antropologico e sociale di come si vive in alcune relatà dimenticate delle megalopoli dell'est, abbandonante a un destino, che ahimè è quasi sempre privo di speranza.
La seconda parte del racconto, invece la trovo abbastanza stucchevole e che enfatizza in maniera anche un poco puerile le gesta del protagonista, che diviene una sorta di Rambo, al limite del Mission Impossible del sorriso che abbaglia, Tom Cruise.
Dopo averlo una volta letto, non ho mai più avuto fantasia di riprenderlo in mano, anche se a differenza di altri libri non l'ho regalato o messo al macero.
Ora con questo isolamento, che darebbe tedio anche a un monaco tibetano, ho deciso di rileggerlo e purtroppo la prima idea che mi ero fatto rimane la stessa: un buon libro, nel quale però alla fine lo scrittore tende troppo a compiacersi a esaltare il prode protagonista che mette nell'ombra tutti gli altri interpreti. Per questo sarebbe perfetto per una sceneggiatura di Hollywood, l'addove negli Studios sono i maestri assoluti nel rendere mito un bel paio di occhi e un sorriso che conquista!!
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Lasciarsi trasportare dalla vita
Libro autobiografico, affresco bellissimo di un mondo molto lontano da quello nostro occidentale. La storia è quella di un fuggiasco, che trova la sua nuova dimensione e nuova vita in India, a Bombay, pur con il trambusto pulsante che contraddistingue la città, foresta di corpi, miscuglio di qualsiasi tipo di odore e qualsiasi tipo di colore. Il protagonista si abbandona agli eventi, non tiene il timone della sua stessa vita, ma si lascia trasportare dal fiume della vita, dagli incontri casuali che cambiano per sempre i suoi giorni, portandolo, senza alcuna colpa, prima a soffrire in una prigione indiana, poi sulle montagne dell’Afghanistan. La narrazione è fluida, ti cattura. Così come ti ammaliano sia i personaggi, belli e positivi, che incontra lungo il suo cammino, sia quelli più enigmatici ed anche pericolosi. Il protagonista è un uomo che vuole dimenticare se stesso per sopravvivere, ma forse questo è il modo migliore per ritrovare il vero se stesso.
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Una donna, una città ed un pizzico di fortuna..
"Questa storia inizia come tante altre: una donna, una città ed un pizzico di fortuna".
Ma a differenza di tante altre storie che muoiono dimenticate, Shantaram riscuote un successo editoriale a livello internazionale risollevando le sorti della turbolenta esistenza dell'autore Gregory David Roberts alla cui vita il romanzo è ispirato.
Eppure Shantaram non può essere considerato, a mio parere, un capolavoro: un capolavoro è sinonimo di perfezione mentre Shantaram non è esente da difetti: eccessiva prolissità e ripetitività di contenuti che hanno sicuramente rimpinguato la mole del libro rendendo però noiosa oltre misura la lettura di alcuni capitoli; una costante e spesso stucchevole propensione verso note mielose tali da rendere sin troppo platonica e e finta la storia d'amore che si svilupperà durante l'intera trama e che poco realisticamente non sfocia mai in momenti di più 'carnale' passionalità; infine, la figura del protagonista esageratamente mitizzata, a tratti paradossale, una sorta di super-eroe dalle mille e una vite in grado di evadere dal carcere australiano di massima sicurezza in cui era rinchiuso per rapina a mano-armata, atterrare a Bombay sotto il falso nome di Lindsay, trovare rifugio in una delle misere baracche dello slum alla periferia di Bombay dove viene osannato quasi fosse un santone assistendo centinaia di indiani grazie all'esperienza 'medica' acquisita curando ferite in carcere, riesce ad infiltrarsi nella più grande organizzazione criminale di Bombay diventando in poco tempo un guru nell'arte del riciclaggio, della contraffazione e del traffico di armi, sopravvive alle più terribili torture che mente umana possa concepire, diventa manager di Bollywood e, dulcis in fundo, partecipa a missioni suicide contro l'esercito russo in Pakistan e Afghanistan, a dispetto quasi dell'appellativo 'Shantaram' (ossia 'uomo di pace' in lingua marathi) che gli viene attribuito durante la sua permanenza in un villaggio indiano.
Non saprei ora quanto ci sia di autobiografico in tutto ciò e quanto sia frutto di fantasia ma credo che il piatto della bilancia sia fortemente inclinato verso questa seconda opzione.
Dunque ci sarebbe da chiedersi: perché Shantaram ha avuto così tanto successo?
Perché è magico. Perché riesce a trasmettere emozioni, riesce a magnetizzare il lettore catapultandolo in India, a Bombay, tra le sue strade, tra i suoi milioni di abitanti, un caleidoscopio sociale multi-etnico in cui trovano posto esseri umani di ogni razza ed estrazione amalgamati in un improbabile miscuglio. Shantaram è una finestra sull'India, la sensazione che si prova leggendolo è analoga a quella ben descritta dal protagonista appena atterrato a Bombay e sopraffatto dall'aria di quella città:
"La prima cosa che mi colpì di Bombay, il giorno del mio arrivo, fu l'odore diverso dell'aria. E' l'aroma impregnato di sudore della speranza, è l'aroma acre e soffocante dell'avidità, è l'azzurro aroma di pelle del mare. Fiuti il trambusto, il sonno ed i rifiuti di sessanta milioni di animali, in gran parte topi ed essere umani. Fiuti lo struggimento, la lotta per la vita, i fallimenti cruciali e gli amori che creano il nostro coraggio."
Leggere Shantaram è come guardare un film di Bollywood che ti avvolge con le sue scenografie dai colori sfarzosi e le struggenti melodie di amore: perché come scoprirà lo stesso protagonista durante la sua permanenza a Bombay, nonostante la violenza, le ingiustizie e la criminalità che imperversa in tutta la città, gli indiani credono fermamente e senza alcuna remora nell'amore e nella speranza che porta con sé:
"Erano poveri, stanchi e preoccupati ma erano indiani, e ogni indiano è pronto a dirvi che anche se l'amore non è stato inventato in India è qui che ha raggiunto la perfezione. E' così che questo posto pazzesco sta insieme - grazie al cuore. Duecento fottute lingue diverse e un miliardo di persone. L'India è il cuore. E' il cuore che ci tiene insieme."
Non mi resta quindi che augurarvi buon viaggio attraverso l'India e le Mille e 165 pagine di Shantaram.
"Ho imparato che bisogna saper cogliere ed esprimere a parole i momenti di affetto e sincerità, perché potrebbero non ritornare mai più. Se rimangono inespressi, accantonati ed inutilizzati avvizziscono e, quando dopo troppo tempo, la mano del ricordo vorrebbe coglierli, si sgretolano fra le sue dita."
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LA GIUSTA RAGIONE
In più di mille pagine di racconto pregno di storie, passioni, dolori e orrori le pagine che mi sono rimaste più impresse sono la prima e l’ultima, perché nelle prime pagine racconta del suo arrivo nella frenetica e sovrappopolata Bombay dove si scontra, immediatamente sceso dall'aereo, con un’ondata di calore e umidità che toglie il fiato e che ti attacca i vestiti addosso e che imparerà ad amare; l’ultima , senza fare spoiler, è la summa di questo viaggio incredibile che, anche se l’autore ha ribadito essere inventato, ripercorre esattamente le tappe della sua incredibile vita che gli ha per forza di cose ispirato questo racconto immenso e a me piace pensare che il sorriso di Prabaker fosse reale e che la vita avvolgente dello slum ricca di emozioni e di affetti e di senso di comunità così come viene descritta da Roberts sia esattamente quello che si può incontrare in un viaggio in India. Un libro pieno di amore, leggere un uomo che esprime il proprio amore in maniera cosi diretta verso un amico affermando di amarlo con tutto se stesso non è una cosa da poco.
Tra le tante vite vissute dal nostro Lin (ho sinceramente dimenticato il suo nome reale) fuggitivo ricercato australiano, quella vissuta nello Slum nel suo ambulatorio in veste di dottore è senza dubbio quella più piena. E’ emblematico il momento in cui torna nello slum in una delle sue tante visite e si rende conto della sensazione di casa che quelle strade gli trasmettono così lontana dalla prima sensazione di paura e ribrezzo con cui si era avvicinato la prima volta. Ecco, questa ritrovata sensazione è la stessa che provavo io leggendo; quanti pregiudizi abbiamo nel pensare che coloro che vivono in condizioni di povertà lontane dalle nostre vite borghesi non possano condurre una vita “normale” fatta delle nostre quotidiane abitudini solo con maggiore inventiva e meno comodità. E’ questa la più grande conquista a mio parere di questo meraviglioso romanzo, avvicinare alla normalità condizioni umane di vita al limite dell’accettabile, fatta di baracche senza intimità , spazi adibiti a bagni condivisi, lotte contro inondazioni , tutto normale , tutto facente parte del normale ordine delle cose.
E dopo mille avventure alcune particolarmente dolorose anche e non solo fisicamente, dopo aver conquistato i cuori della mafia indiana, dopo essersi follemente innamorato di Karla, donna dalla dubbia verità sempre al limite della menzogna, dopo aver lottato in Afghanistan al fianco di Kadherbai , uomo adorato e guida spirituale prima che guerriera, alla ricerca costante della propria identità ormai confusa tra i nomi e passaporti falsi, tra le mezze verità raccontate sulla vita pregressa, è solo nello Slum che Lin riesce a trovare un po’ di pace, dove riesce ad ottenere uno scambio sincero di affetto. La gente dello Slum lontano dai crimini efferati della Mafia indiana non scende a patti con essa nonostante possa rendere la loro vita solo un più semplice.
Leggere dell’India è stato davvero illuminante, paese pieno di odori e colori che l’autore, tramite Didier , uno dei tanti personaggi fuggito dalla sua passata vita per ritrovarsi in India, in una pagina molto divertente paragona alla nostra Italia: “Sia in India che in Italia ogni uomo diventa cantante quando è felice e ogni donna ballerina quando va a fare la spesa dietro casa. Per questi due popoli il cibo è musica nel corpo, e la musica cibo nel cuore”.
Rincorrendo tra le pagine l’avventura di Lin, ho dimenticato fosse un criminale, ho imparato a comprendere il suo animo umano sofferente che a causa di rocamboleschi giri che alla volta la vita fa, si ritrova ad essere un ricercato in patria, un fuggitivo nella sua nuova patria ma, nonostante tutto, con una eticità distinta che impressiona dapprima gli ignari amici indiani dello slum e poi i criminali che incontrerà nella sua strada. Non ho trovato dei grandi personaggi negativi al 100%, a parte qualche apparizione di poco conto, ma ogni personaggio è presentato con tutto il suo bagaglio di storia personale che in qualche modo è portato a giustificazione delle azioni compiute.
“Si può combattere una guerra in modo onorevole e mantenere la pace in modo riprovevole”.
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L' ORA DEL CHAI
Shantaram è un romanzo basato sulla vita dell’ autore, Gregory David Roberts; un rapinatore tossicodipendente evaso dal carcere australiano di Pentridge, divenendo da quel momento in avanti uno degli uomini più ricercati dell'Australia. Come dichiarato da Roberts il libro è semi-autobiografico, basato su persone e fatti realmente esistiti; ovviamente, per rendere il tutto più appetibile condito da episodi di fantasia. Il libro mi è stato consigliato caldamente da un mio amico, indicandomi Shantaram e manoscritto Q, come i libri più belli che avesse mai letto. Convinto, sono andato a comprato e sono rimasto subito colpito dalla sua mole imponente, ben 1177 pagine. Prendo coraggio faccio un respiro e inizio il libro. Appena finito, dico solo una parola WOW, Che romanzo, un capolavoro della letteratura del xxi secolo secondo me. A questo libro non manca niente, lo stile è fluente e scorrevole; la trama è intrigante e per nulla scontata, ben supportata anche dai flashback del protagonista della sua vita passata. I personaggi sono descritti e caratterizzati molto bene, tutti con una storia alle spalle; fuggiasca, oscura e alcuni misteriosa. I momenti romantici e magici non mancano e rendono il tutto più indiano e stile Bolliwood. La filosofia permea il romanzo con discorsi: sulla condizione umana, su Dio, l'universo, il fato. I dialoghi fra Khaderbai e Lin sono molto interessanti e profondi. Questo romanzo, per me, è un opus magnum, sull’ India è scritto così bene e con tanto amore per questo paese che automaticamente ti viene voglia di partire e scoprire questo paese meraviglioso. Roberts è riuscito nell’ arduo compito, di saper cogliere appieno, con le parole e le esperienze vissute, lo straordinario, contraddittorio e magico mondo indiano. Affrettatevi a comprarlo, non ve ne pentirete, ne vale veramente la pena, fidatevi perché libri così ce ne sono uno su un milione …… vi rapirà l’ anima
L’anima non ha cultura, non ha nazione.
L’anima non ha colore, accento, stile di vita.
L’anima è per sempre.
L’anima è una.
E quando il cuore prova un momento di verità e di dolore l’anima non sa restare immobile.
P.S: Depp ha acquistato i diritti del libro da tanti anni, speriamo che faccia in fretta e faccia un buon lavoro.
Intanto inizio il secondo libro sperando che sia bello quanto il primo.
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L'amore, l'India e gli Orsi.
Forse è l'unico libro a cui metterò tutti 5. Parto dalla fine. Quando ho finito di leggere il libro ho fatto l'errore di cominciarne subito un altro. E' stata un'abitudine, sbagliata in questo caso. Non dirò il nome ne l'autore del libro che ho letto dopo ma vi dirò che non mi è piaciuto molto, nonostante fosse il mio genere. La colpa è stata tutta di Shantaram che non sono riuscito a togliermelo dalla testa. In qualche modo ho avuto la pretesa di provare e trovare nel nuovo libro le stesse sensazione che Shantaram mi ha lasciato.
Shantaram è un libro molto profondo, scritto molto bene e che mi ha lasciato molti insegnamenti. Inutile dire che adesso amo l'India ed ho voglia di andarci. Ho voglia di immergermi tra i suoi colori, i suoi odori e la sua povertà, più ricca di sentimenti e onestà di quanto si possa immaginare. Inoltre il libro è pieno d'azione, di amore, di cultura, di cibo e di musica.
Forse solo noi italiani possiamo capire bene questo libro perché come dice l'autore "Gli indiani sono gli italiani d'Asia... Per questi due popoli il cibo è musica nel corpo, e la musica cibo nel cuore".
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Cormac McCarthy - La Strada
Incantevole
Bellissimo. Un vero grande tomo che non fa perdere la voglia di leggerlo nemmeno un istante. Un personaggio quasi irreale, umano e diabolico al tempo stesso che attraverso il suo amore per l'India sa farsi amare. Lo stile è a volte poetico a volte crudo ma sempre scorrevole. Il contenuto è a dir poco coinvolgente e l'india viene ben dipinta anche nei suoi aspetti meno allettanti. Un libro da non perdere davvero.