Carmilla e altri racconti di fantasmi e vampiri
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Attenzione ai vostri istinti, ragazze...
Per me, per i miei interessi letterari, un racconto od un romanzo sono interessanti soprattutto quando, sollevando i veli in cui è avvolta la storia in quanto tale, la storia esplicitamente narrata dall’autore, è possibile trovare altri livelli interpretativi, è possibile capire perché la storia è stata scritta, da quale contesto culturale nasce, cosa voleva comunicarci d’altro l’autore.
Non sempre questo è possibile: esistono molti libri che sono scritti riprendendo pedissequamente cliché e mode letterarie, scritti con l’unico obiettivo di vendere, che non ci comunicano nulla, e ciò a mio avviso riguarda la stragrande maggioranza delle proposte della moderna industria culturale, in un’epoca in cui la produzione letteraria risponde quasi unicamente a logiche di mercato.
Forse tra un secolo da tutto il ciarpame edito in questi decenni emergerà comunque qualche opera che avrà resistito all’inevitabile oblio, per il fatto di essere stata in grado di raccontare la nostra epoca. Ho tuttavia l’impressione che opere di questo genere, se pure vengono scritte, difficilmente vengono pubblicate, per l’ottica mercantile che ormai pervade tutta la produzione letteraria, e che è perfettamente coerente con il processo di ottundimento delle coscienze lucidamente portato avanti dai padroni del vapore. Credo quindi che l’archeologo che andrà alla ricerca dello Zeitgeist di questa nostra epoca (di archeologo si tratterà, perché questa in-civiltà si autodistruggerà – ne sono certo – in breve tempo) dovrà ricercarlo nei like di Facebook, nel degrado egotistico dei selfie, piuttosto che in opere letterarie che in generale si badano bene dal raccontarci perché siamo giunti a tutto ciò. A mio avviso, quindi, è solo leggendo i classici, con la loro capacità di raccontarci l’epoca in cui sono stati scritti che possiamo sperare di avere e diffondere gli strumenti culturali in grado di farci capire l’epoca in cui viviamo.
Carmilla, di Joseph Sheridan Le Fanu, è un ottimo rappresentante di opera letteraria stratificata, leggibile a più livelli, e pur appartenendo indubbiamente alla categoria dei romanzi di genere (in questo caso il genere gotico) mostra una complessità interpretativa che lo colloca tra i libri da leggere se si è interessati a capire lo spirito dell’epoca vittoriana, del periodo in cui lo sviluppo dell’industrializzazione in Gran Bretagna (il racconto è del 1872) comportava un necessario controllo delle coscienze, la definizione di una ideologia basata sulla repressione delle pulsioni, in primis quelle sessuali quali anticamera del disordine sociale. E’ questa un’epoca che presenta inquietanti analogie con la nostra in termini di ideologia dominante, anche se un secolo e oltre di affinamento delle tecniche di controllo sociale hanno portato a rendere più conveniente inibire il potere sovversivo del sesso attraverso la sua esibizione e disponibilità totale, piuttosto che attraverso la sua negazione e sublimazione.
Carmilla è innanzitutto ancora oggi un bel racconto, piacevole da leggere, nonostante alcune ingenuità stilistiche e ambientali che derivano dall’essere noi i lettori del XXI secolo di una storia destinata a mettere paura ad un pubblico del XIX. La storia è quella di Laura, (che come spesso capita in questo genere di racconti la narra in prima persona anni dopo, a garanzia dell’happy end) figlia di un funzionario austro-ungarico di origine inglese, che vive diciottenne in un solitario maniero della Stiria, con l’unica compagnia del padre e di due istitutrici. Per una serie di avvenimenti molto oscuri nel castello viene ospitata una ragazza della stessa età di Laura, un personaggio enigmatico, dai comportamenti bizzarri, languida e bellissima, e tra le due ragazze nasce una intima amicizia che sconfina apertamente verso l’amore. Subito nei villaggi circostanti iniziano a morire giovani fanciulle, affette da un misterioso morbo che toglie loro l’energia vitale: in breve tempo anche Laura inizia ad avere incubi in cui strani animali si introducono in camera sua e la mordono al seno; inizia a sentirsi sempre più spossata e solo il tempestivo intervento di un amico di famiglia, un generale a riposo che sta dando la caccia ai vampiri riuscirà a risolvere la situazione con l’immancabile (ma per allora non così scontato) paletto di frassino nel cuore di Carmilla e successiva decapitazione.
Moltissimi, anche da questa breve sintesi, sono gli elementi che emergono e che fanno di Carmilla un testo che si può dire era volto all’educazione delle giovani rampolle della borghesia vittoriana. In estrema sintesi e con una certa dose di brutalità e approssimazione la morale della storia può essere la seguente.
"Attenzione, giovani fanciulle che state entrando nell’età in cui dovrete decidere del vostro avvenire: troverete sulla vostra strada le insidie del sesso, gli oscuri impulsi che guidano il vostro istinto. Essi si presenteranno estremamente attraenti, ambigui ed affascinanti. Seguendoli, tuttavia, andrete incontro alla rovina certa, alla morte. Non dovete però temere, perché le autorità sapranno mettere tutto a posto e vi reindirizzeranno verso la retta via, dove potrete adempiere felicemente i vostri compiti sociali."
Questo è secondo me il messaggio sociale che il racconto vuole consegnarci. Ne sono testimoni molteplici particolari, quali la figura stessa della protagonista, che non è un vampiro di orribili fattezze (si pensi per contrasto a Nosferatu) ma una bellissima fanciulla, manifestamente il doppio oscuro di Laura. Ne è testimone il ruolo che svolgono i personaggi che risolveranno la questione: il padre funzionario imperiale, l’amico generale, il prete, i dottori: tutti rappresentanti emblematici della buona società che agiscono saggiamente per il meglio.
Il racconto è però ancora più complesso, e permette di scoprire, se adeguatamente scandagliato, ulteriori livelli interpretativi. Vi è infatti un livello squisitamente psicanalitico, che attiene a come viene descritto il rapporto tra Laura e Carmilla in un’epoca in cui parlare di sesso era, come detto, tabù. Qui secondo me Le Fanu dà il meglio di sé come narratore, perché è in grado di scardinare questo tabù senza formalmente metterlo in discussione. Sempre in chiave psicanalitica può essere interpretato il ruolo che nel racconto assume la dimensione onirica.
Vi è infine secondo me un livello ancora più sottile di interpretazione del personaggio di Carmilla, che non solo rappresenta il pericolo che le pulsioni sessuali costituiscono rispetto all’ordine sociale, ma, in quanto proveniente da una famiglia nobile di epoca medievale, accosta tali insidie al mondo feudale europeo (non dimentichiamo che il padre di Laura è inglese). Carmilla è poi anche manifestamente atea, materialista e illuminista (come ci dice Attilio Brilli nella bella e breve postfazione all'edizione Sellerio da me letta): assomma in sé quindi anche le minacce che alla società borghese trionfante potevano derivare da un lato dalla reminiscenza del vecchio ordine feudale e dall’altro dalla cultura radicale che era stata alla base stessa della presa di potere della borghesia, me che ben presto venne rinnegata perché non funzionale alla costituzione del nuovo ordine economico.
Pochi decenni dopo Henry James scriverà la sua storia di fantasmi più nota, Il giro di vite e l’incombenza della crisi farà sì che nessun finale lieto sia più possibile, che nessun esorcismo, nessun paletto di frassino possa fare scomparire creature per larga parte generate proprio da quegli stessi meccanismi sociali che tentano di distruggerle.
Indicazioni utili
"Carmilla" di Joseph Sheridan Le Fanu - Il comment
Leggendo Carmilla e i racconti di Joseph Sheridan Le Fanu ho provato la stessa sensazione che assaporo quando leggo Poe. Perché ho la netta impressione di trovarmi di fronte all’inventore di un genere destinato a grandi fasti.
Carmilla, la fanciulla vampiro, è datato 1872; il “Dracula” di Bram Stoker è del 1897: quindi Le Fanu ha anticipato di cinque lustri colui che viene comunemente considerato il capostipite dell’horror che nei vampiri individua gli indiscussi protagonisti di un ricco filone letterario.
In “Carmilla” gli elementi e i “topos” della letteratura successiva ci sono già tutti.
Sto pensando all’atmosfera misteriosa e decadente, ravvisata anche nel paesaggio e nella natura:
“La luna, quando splende così intensamente, ha una straordinaria influenza sullo spirito.”
O alla dimensione di un eros nel quale si scontrano romanticismo e ferocia:
“Ci siamo incontrate nel sogno, tanti anni fa, e ora ci ritroviamo, l’una di fronte all’altra, con il ricordo indelebile di ciò che accadde”.
Sto pensando alla rappresentazione della natura della creatura maledetta, che si dibatte in una condizione di morte strutturale:
“… malgrado quella spossatezza che caratterizzava i suoi movimenti …”
imprigionata nel freddo interiore prima che in quello corporeo:
“Alle mie pressanti richieste lei sorrideva debolmente, con una sorta di gelida malinconia che non appartiene alle ragazze della nostra età.”
Sto pensando al determinismo di una legge alla quale non ci si può contrapporre:
“Vi sono delle leggi che non possono essere violate, e io ne sono schiava.”
E al rituale per la soppressione dell’essere maledetto, tanto caro alle rappresentazioni successive:
“Era infestato dai vampiri … Molti furono inseguiti fino alle loro tombe, e distrutti nel solito modo, vale a dire impalandoli, tagliando loro la testa e bruciandone i resti sul rogo.”
Carmilla è un racconto che, pur trattando di morte e di maledizione, conserva un’armonia composta, una soavità calibrata di stampo neoclassico. Così lontana da tutte le derivazioni truculente di sottogeneri che fanno del sangue e della morte un vessillo per catturare audience. Carmilla é una storia da leggere, per recuperare nuovamente il gusto per l’allusione o per il sottinteso, caratteristica che rende uno scritto un’opera d’arte e non uno slogan da gridare ai quattro venti. Una storia che, per tutti questi motivi, ha stregato …
… Bruno Elpis