Il dolore perfetto
Letteratura italiana
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Un triste Macondo in salsa toscana
Ugo Riccarelli – Il Dolore Perfetto – 2004
SPOILER
Andavo abbastanza sul sicuro, con questo titolo, consigliatomi dai due dei miei "pusher" più affidabili e invece…
[Ricordo – di passata – che quando parlo male di un testo intendo solo dire che non mi è piaciuto e che non mi sognerei mai di muovere critiche personali all'autore o – tanto meno – ai suoi lettori, perché sarebbe illogico].
In estrema sintesi "Il Dolore Perfetto" mi è parso un tentativo di servire Macondo in salsa toscana con esiti che, però, mi hanno ricordato una versione scialba, triste e scolorita di "La casa degli Spiriti" di Allende (che, secondo me, di Cent'anni di Solitudine non era manco parente, per inciso, ma fa niente).
Abbiamo la storia di due famiglie, raccontata in parallelo, fino al momento dell'unione causata dall'amore fra Cafiero ed Annina. Sullo sfondo la storia d'Italia da poco dopo la sua nascita al periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale.
La narrazione scorre abbastanza facilmente e a tratti felicemente, pur non potendo contare su personaggi "indimenticabili" o con cui sia facile empatizzare (o almeno… per me è stato decisamente impossibile).
Fra donne abbastanza insopportabili che, ad un certo punto – come ci informa l'autore – sono circonfuse d'amore e questo le rende wonder-woman ad uomini tanto carucci che o tirano il calzino in modo prevedibile o danno fuori di matto. Si salvano, in parte, giusto il Maestro (forse per la rimembranza di quello di Auster? Chissà.) e suo figlio Mikhail, giusto perché a questi due personaggi (ed in parte ad Ideale1) l'autore fornisce un qualche tentativo di caratterizzazione.
Il tutto condito con quello che – forse – vorrebbe essere "realismo magico", ma che in realtà sembra un "perché sì e non fare domande".
Abbiamo visioni, apparizioni, sogni premonitori, voli miracolosi, precognizioni, un inopportuno profumo di viole, parti miracolosi, personaggi bislacchi che appaiono dal nulla, nel nulla ritornano e dal nulla riemergono per poi dissolversi nuovamente, magari nel sapone e, infine, la cosa – per me – più irritante, il vezzo di alcuni personaggi di avvolgere perennemente quelli che stanno soffrendo in un lenzuolo/coltre/sudario/trapunta di parole, che giuro che se lo diceva un'altra volta mi mettevo ad urlare.
Al di là delle mie idiosincrasie, trovo che il grosso limite di questo romanzo sia nella resa dei personaggi che vengono descritti nel loro animo, ma mai – o raramente – fatti agire in modo concreto e comprensibile; ad esempio, la Vedova, icona dell'amore, circonfusa d'amore etc… agisce, parla, fa qualcosa?
L'autore ci racconta cosa vede, cosa sogna, cosa pensa, ma mai abbastanza bene da farci "sentire" qualcosa di lei. Rosa non ne parliamo neanche.
Show don't tell.
Qui invece siamo decisamente nel regno del "Tell don't show".
Annina in parte si sottrae a questo fato, ma a questo punto è la vicenda che non la sostiene più; la vicenda familiare dei figli di Annina perde decisamente interesse a vantaggio della "storia reale" del periodo, per tacere delle menate di Natalia e delle sue lettere e del particolare finale dell'esplosione dell'aereo per la "distrazione" di Anis'ia che causa la morte del cugino "ritrovato".
No. Ma proprio NO.
L'idea di dare circolarità al tempo e di collegare le lontananze con le suggestioni e con il logos va bene, ma qui non ha decisamente funzionato.
Infine, secondo me, inserire l'elemento magico in una storia realistica è come infilare un elefante in una stanza e sperare che nessuno lo nomini.
Se sei Marquez ci riesci ed è un capolavoro.
Se sei la Allende ti viene una cosa edulcorata con la protagonista che sposta gli oggetti con il pensiero, sullo sfondo, e – se riesci a costruire un plot interessante – la cosa può funzionare.
In questo caso i personaggi non funzionano, la storia dei personaggi è poco appassionante, del magico non importa a nessuno, mentre quello che si salva sono alcune descrizioni/momenti in cui la Storia impatta sui luoghi e sulle comunità:
"E così atroci furono le parole di quelli che partirono ragazzi e tornarono uomini fatti e sconciati che la fantasia narrativa di tutto il paese si arrese di fronte all'immensità di quell'orrore, e per la prima volta nessuno, dal Colle fino alla Piana, riuscì a raccontare quelle vicende diversamente da come in effetti erano state riferite, rinunciando all'innata capacità di narrare le cose della vita come piaceva a loro, e non alla vita."
Queste parti non sono rare e, in genere, sono molto belle.
Spero di trovarne molte negli altri libri di Riccarelli.
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Il dolore perfetto
Romanzo "perfetto"!...l'intreccio storico e romanzato di due famiglie allargate ubicate nella pianura e collina toscana...le varie vicissitudini composte da miseria, guerre, amori dannati, violenza, ingiustizie, amor proprio, dignità e coraggio di un gruppo di persone nell'arco di oltre 60 anni che vedono la trasformazione graduale, ma ineluttabile, del loro modo di vivere e del progresso incombente che "miete" le sue vittime...
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Un tragitto lungo un secolo
Questo romanzo (premio Strega nel 2004), decisamente particolare nell’impianto, nello stile, e nel linguaggio, si configura come la saga di due famiglie radicalmente diverse tra loro, per convinzioni, valori, estrazione ed aspirazioni sociali. Ambientata a Colle, un immaginario paese della maremma toscana, la saga si dipana tra l’ultimo scorcio del XIX secolo e i primi anni successivi alla seconda guerra mondiale. Da una parte la famiglia libertaria costituita dalla vedova Bartoli, con un figlio dal precedente matrimonio, che si unisce per la vita al “Maestro”, un anarchico proveniente dal lontano Mezzogiorno per insegnare a Colle; dall’altra la famiglia di Ulisse Bertorelli, titolare di una florida impresa di allevamento e commercio di maiali, dei suoi fratelli, Telemaco ed Ettorre, e della moglie Rosa.
La profonda diversità tra le due famiglie si manifesta sul piano delle convinzioni, dei valori, dell’estrazione e dei comportamenti sociali, e diventerà vera e propria contrapposizione, anche cruenta, cui però si sottrarranno alcuni personaggi primari della vicenda. I destini delle due famiglie vengono infatti ad intrecciarsi ad opera di Annina Bertorelli. Annina è il nome che assume di fatto la figlia di Ulisse e di Rosa: il padre vorrebbe chiamarla Elena, secondo un’ostinata predilezione familiare dei Bertorelli per nomi presi dai miti e dalla storia dell’antica Grecia; la madre, invece, vorrebbe chiamarla Maddalena, in segno di omaggio e gratitudine per la levatrice che l’ha miracolosamente salvata assistendola nel parto gemellare. Tra Elenina e Maddalenina si afferma, quasi un compromesso, il nome Annina. Annina sposa l’ultimo dei figli del “Maestro” e della vedova Bartoli: Cafiero, nato quando il padre era già deceduto, e sopravvissuto fortuitamente alla morte accidentale della madre.
La narrazione viene svolta da diversi punti di vista – tra cui prevale quello dell’Annina – e talora particolari eventi vengono rinarrati dal punto di vista di personaggi diversi. Ma è la voce del narratore esterno e onnisciente a dominare, spesso anche tramite commenti e giudizi espliciti sulle vicende o sui personaggi.
Le vicende si svolgono sullo sfondo di eventi storici dell’intero periodo, e ne vengono tutte toccate o anche determinate (la prima guerra con l’Etiopia, la repressione dei moti milanesi, la prima guerra mondiale, l’epidemia di spagnola, l’avvento del fascismo, la seconda guerra mondiale, la rotta del corpo di spedizione italiana in Russia, l’8 settembre, il conflitto tra repubblichini e antifascisti) mentre Colle viene trasformata dalle mutazioni economico-sociali connesse allo sviluppo di una manifattura meccanica e della ferrovia. Più che a delineare un vero e proprio romanzo storico, però, mi sembra che gli eventi in questione conferiscano un’ambientazione realistica alle storie dei personaggi e agiscano come accidenti esterni, incontrollabili, nel deciderne il corso.
La narrazione si affida assai largamente all’evocazione di ricordi, all’esercizio dell’immaginazione, alla proiezione di fantasie, alla contemplazione di situazioni e scenari; il ricorso al dialogo manca quasi del tutto, così come è assente, nei vari personaggi, una inclinazione all’introspezione; l’utilizzo di flash-back e di anticipazioni è piuttosto diffuso; la prosa è ricca di metafore misurate ed efficaci, caratterizzata da passaggi lirici, elegiaci ed anche epici, ma non priva di attenzione all’ironia ed al grottesco.
Un peso notevole è assegnato ad elementi e vicende dichiaratamente emblematici. Sono ben plausibili, oltre che simbolici, i nomi assegnati ai figli del Maestro e della vedova Bartoli (Ideale, Mikhail, Libertà, Cafiero). Ma nello straripare dei nomi classici e altisonanti della famiglia Bertorelli (oltre a quelli già ricordati, Paride , Ganimede, Oreste, Tebe, Anchise, Ecuba, Penelope, Didone, Enea, Cassandra, Polluce) appare più scoperta l’intenzione di esaltare, per contrasto, i caratteri materialistici della famiglia. E non può apparire fortuita l’assegnazione di nomi estranei a questa rigida tradizione proprio a quei personaggi che dirazzano dalla famiglia dei propri ascendenti, e finiscono quindi per apparire predestinati. La costruzione di una macchina del moto perpetuo indefinita assume un ruolo esclusivamente allegorico.
Tutti questi elementi contribuiscono in termini decisi ad assegnare al romanzo una connotazione fiabesca. I personaggi interpretano i ruoli assegnati dal narratore, non evolvono in termini autonomi e personali. Valga per tutti un esempio: sarebbe inutile voler comprendere ragioni, motivi e dinamiche che conducono proprio l’Annina – la figlia di Ulisse Bertorelli da lui prediletta per essersi dedicata con vigore ad affiancare l’attività paterna di allevamento e commercio dei maiali, sostituendo il figlio maschio, Sole, nel ruolo cui il padre l’avrebbe voluto – ad innamorarsi dell’esponente postumo della famiglia avversa e ad unirsi a lui.
E’ in questi termini fiabeschi che vengono affrontati i temi del romanzo: la laboriosità delle nascite, la formazione delle famiglie, la dedizione alla propria vita, la morte, la malattia, le fughe dalla realtà, la violenza domestica, la sopraffazione degli eventi collettivi, anche la diversità sessuale. E naturalmente, e soprattutto, la sofferenza, il dolore. Questa caratterizzazione fiabesca finisce però per attenuare il senso dell’empatia: attenuazione che, a mio avviso, è accentuata dalla ricorrenza insistente e, in certa misura, fuorviante, della locuzione del “dolore perfetto”.
Con questa dizione, che a prima vista si direbbe doversi riferire a un dolore assoluto, totalizzante, esclusivo – e quindi disperato e disperante – l’autore, secondo quanto da lui dichiarato in alcune occasioni, intendeva dar vita ad una antinomia in grado di rappresentare “un rumore che la vita porta con sé,… un motore che ti spinge avanti”: sensazione di una perdita, che raggiunge un culmine, e dà ai protagonisti la forza di andare avanti; un dolore che cambia e offre una possibilità di conoscenza. Con reminiscenze della gaddiana cognizione del dolore.
La citazione ricorrente – come di un ritornello, è stato osservato – si verifica nel romanzo, secondo più di un commentatore, diciannove volte. Personalmente sono riuscito a individuarne solo quindici, riferite, di volta in volta, al travaglio di parti difficili, alla perdita della verginità, al venir meno -vissuto o immaginato - dei propri cari, al conflitto insanabile tra i propri genitori, alla prospettiva di un incontro mancato, alla consapevolezza della propria solitudine, alla propria morte, all’eclisse dei ricordi d’infanzia. Circostanze estremamente differenziate, ma spesso non dissimili da quelle in relazione alle quali la frequente menzione del dolore viene associata ad altre qualificazioni (sottile, corrosivo, comune, immenso, sordo, familiare, nascosto, esploso, fisico, che impedisce il riposo, che mangia la pancia, che ci si porta appresso, che corrode). Ma ecco, direi che, salvo una parziale eccezione in cui ad esprimersi è - non a caso- l’Annina, la dizione e la concezione del “dolore perfetto” non sembra proprio poter appartenere al carattere e alla voce dei personaggi cui è attribuita; così come , altrettanto certamente, nella specificità di parecchie circostanze, non sembra possa avere alcuna valenza di agente di cambiamento, di conoscenza, di sprone. Si avverte, cioè, che si tratta dell’espressione di una visione che appartiene tutta alla voce del narratore e alla sua interpretazione- costruzione. Tutto ciò può finire per generare nel lettore una sensazione di distacco emotivo e di astrazione cognitiva. Penso che sarebbe stato più efficace, attenuandone l’impressione di artefatto, fare emergere la concezione che dà il titolo al romanzo senza costringerla in riferimenti letterali estranei a personaggi o situazioni.
Tutto ciò non inficia tuttavia il giudizio complessivo di trovarsi alle prese con un romanzo impegnativo quanto notevole, nei modi e nei contenuti, di una lettura dotata di un suo particolare fascino, che incalza il lettore a compiere, con attenzione e partecipazione crescenti, il complesso, dolente, ma anche appagante tragitto circolare che si concluderà con la morte della protagonista con la quale si apre la storia
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Il dolore perfetto
"...Ideale capì il vero segreto del movimento perpetuo, l'immobilità perfetta con la quale tutto ritorna, scorre e rimane dentro di noi per sempre."
Alcuni passaggi di questo libro mi hanno colpito, sono disarmanti, quelli dove l'autore ribadisce il concetto di "dolore perfetto", il dolore che ogni giorno, ognuno di noi, vivendo le proprie storie, costantemente, invariabilmente, come un "meccanismo perpetuo" deve affrontare, accettare, combattere, sfidare come i personaggi del libro. Il "dolore perfetto" ci accompagna, ma per fortuna la vita sarà fatta anche di altri sentimenti altrettanto forti, intensi e travolgenti come l'amore e la nascita dei figli.
Le vicende dei protagonisti sono legate indissolubilmente agli eventi storici che sono costretti a subire, che cambiano e sconvolgono il corso delle loro vite, la prima modernizzazione di fine Ottocento, le guerre coloniali con la sconfitta di Adua, la Prima guerra mondiale, l'avvento del fascismo fino alla Seconda guerra mondiale, l'invasione tedesca e la Resistenza, un libro eccellente, per chi ama leggere storie di famiglie, vissuti, percorsi che si intrecciano con lo scorrere del tempo.
"Le cose cambiano, avrebbe detto Telemaco, cambiano le stagioni e tutto torna, e forse pensare di sfuggire a questo rotolare è cosa ingenua, debole luce che contro il tempo non vale."
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La grande storia nelle vicende di due famiglie
“Appena qualche attimo prima di morire, appoggiata al nocciòlo del giardino, l’Annina emerse dall’ombra in cui la sua mente si era nascosta da molti anni e, all’improvviso, in quei brevi istanti che la morte ancora le concesse, come se fosse in volo rivide la casa col pino e la Mena che pregava appoggiata a un angolo della madia, e di fronte alla Mena vide sua madre partorirla urlando di un dolore che le sembrò perfetto, e solo alla fine, quasi spiando, scorse la propria testa uscire da quel corpo rosso e gonfio dallo sforzo, e sentì per l’ultima volta l’odore di viole del suo fratello gemello che da dentro la pancia la spingeva nel mondo.
Fu come un lampo, uno starnuto di una forza così intensa che l’Annina si dovette appoggiare con tutte e due le mani al nocciòlo per non cadere, e il suo ultimo respiro le uscì in una voce flebile, quasi un sussurro.
disse, sorpresa da quello spettacolo stupefacente.
Poi lasciò che un sorriso le ammorbidisse la bocca, scivolò lentamente verso la base del tronco, e là si fermò per sempre. “
Di Riccarelli non avevo mai letto nulla, sapevo solo che era considerato un buon scrittore ed è stata proprio la sua recente scomparsa a indurmi a occuparmi di lui, a vedere se i giudizi ampiamente positivi di critici di rango rispondessero a verità, almeno secondo il mio metro di valutazione. Devo anche dire che nutrivo il timore che tanti elogi non fossero meritati, ma quando ho aperto questo libro e ho letto la prima pagina - che ho riportato integralmente sopra - ho provato nel contempo una grande gioia e un dolore perfetto. Una grande gioia perché mai mi era accaduto di trovarmi di fronte a una descrizione così semplice, ma al tempo stesso sublime, di una morte; un dolore perfetto per aver dubitato delle qualità di questo narratore, una sorta di rimorso per un uomo capace di scrivere in questo modo e già scomparso troppo presto. La figura di questa Annina che ha perso la memoria e la ritrova nel momento supremo, ricordandosi proprio della sua nascita, delinea in un arco di tempo brevissimo i due momenti salienti della vita di ogni essere umano: la sua comparsa sul mondo e la sua dipartita, due eventi che sono il recto e il verso di una stessa medaglia, la vita. È un destino, questo, che ci accomuna, ma è ciò che si è stati e si è fatto vivendo che lascia traccia di noi, e nelle storie di questo stupendo romanzo il ricordo è sempre presente, partendo, nella saga di due gruppi familiari, dall’Unità d’Italia per arrivare quasi ai giorni nostri, storie di individui che s’incrociano con la grande storia, che ne fanno parte, che contribuiscono a crearla. Alla famiglia del Maestro, ispirata da nobili ideali e da un profondo senso di libertà e di rispetto per la dignità di ogni uomo, si contrappone quella dei Bertorelli, commercianti di maiali, più inclini alla materialità, al guadagno e a un certo egoismo, piuttosto che alla solidarietà.
Le vicende di queste due famiglie procedono parallele per un certo periodo di tempo, ma poi accade che, con un matrimonio, si incrocino, e sullo sfondo troviamo i grandi fatti, i moti popolari del 1900, le cannonate di Bava Beccaris, la prima guerra mondiale, l’epidemia di febbre spagnola, l’avvento del fascismo, il secondo grande conflitto, l’occupazione tedesca, la resistenza, il difficile dopoguerra. Nelle storie di queste due stirpi si legge la storia d’Italia, si legge con piacere, perché non ha il carattere didattico e spesso impietoso dei saggi, secondo un metodo che ha solo un precedente, lo stupendo Cuore di pietra, di Sebastiano Vassalli.
Noi ritroveremo così anche le nostre radici nelle vicende di queste due famiglie, segnate da fatti luttuosi, ma anche da grandi gioie, una serie di accadimenti che incalzano in una narrazione sospesa fra un realismo esemplare e un immaginario fiabesco, perfettamente integrati, capaci di far sognare quando la realtà è troppo brutta, insostenibile, smorzando i toni, svelenendo l’orrore di tanti eventi tragici.
Riccarelli ha una grande leggerezza - ma meglio sarebbe dire delicatezza - nello scrivere, frutto anche di una notevole sensibilità che si riflette nei tanti personaggi, nelle loro gioie, nei loro dolori. E al riguardo cos’è il dolore perfetto? È quello del Maestro che pensa alle ingiustizie del mondo oppure quello di quando va incontro alla morte con la forza solo dei suoi ideali, è quello di Rosa che accomuna la violenza insensibile sul maiale ammazzato a quella con cui il marito consuma il matrimonio, solo per fare degli esempi.
Il dolore perfetto sarà anche quello che vi avvolgerà leggendo della morte di non pochi protagonisti vissuti solo per testimoniare il loro ideale di libertà, ma sarà anche quello che vi prenderà, giunti all’ultima pagina, consapevoli che non ve ne sono altre di questo capolavoro che tiene avvinti dall’inizio alla fine, scatenando un’ondata emozionale da cui è difficile sottrarsi.
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"I SAPORI DI UNA VOLTA"
Il Maestro, la vedova Bartoli, Ideale, Mikhail, Libertà, Cafiero e poi i Bertorelli con l’Ulisse, la Rosa, Sole e l’Annina, con un altro Sole e Natalia e Telemaco, l’Isolina, Enea, Oreste, l’Ettore e la Rina, gli abitanti del Colle e la gente del Prataio… è un click ed ecco una magnifica fotografia dell’ Italia del secolo scorso, quando i racconti venivano tramandati, quando la gente credeva nell’ideale di libertà, quando la vita per tutti era basata sulla semplicità e sull’essenziale. Una strada che sale verso un paesino arroccato da millenni su una collina, un piccolo borgo diviso in due dai primi binari di una ferrovia che stanno costruendo, file di cipressi a delimitare le aree dei pochi poderi sparsi, il tramonto sul Palude Lungo quando il sole cala e accende l’acqua di una luce rossa, qualche carrozza e il sorriso garbato e gentile di un contadino su un carro trainato dai buoi. Ambientato in Toscana le vite di due famiglie i Bartoli e i Bertorelli si incontrano e si intrecciano grazie all’amore di Cafiero e Annina, una parte importante della storia dell’Italia viene raccontata attraverso le vite dei protagonisti, si inizia a conoscere il Maestro un giovane rivoluzionario che trasferitosi a Colle da un paesino del sud Italia conosce e si innamora della vedova Bartoli, spinto da ideali di libertà sarà disposto a rimetterci la vita (“…giunse alla fine del respiro, in quel momento minuscolo, in cui tutto è sospeso, si rese conto di essere solo, e un dolore perfetto lo avvolse come un abbraccio”), poi abbiamo i Bertorelli più inclini al lato pratico della vita, allevatori e commercianti di maiali, con Ulisse che sposa Rosa, la quale darà alla luce due gemelli, Sole e Annina, ma sarà un matrimonio senza amore(“… le cose son cose e hanno una vita loro, hanno forme, pensieri, hanno età e persino un colore. Siamo noi a dividere, a costruire barriere, ad alzare, abbassare, a dire chi è buono e cosa invece è peggiore. L’Annina capì così la distanza tra la madre e l’Ulisse. La sentì forte, batterle il petto. Una botta improvvisa, una crepa sul cuore. La ferita bruciante di un dolore perfetto”). Queste due famiglie saranno inevitabilmente travolte da un destino comune e dalla storia che avanza, prima i moti rivoluzionari del risorgimento, passando per la prima guerra mondiale e per finire al secondo conflitto mondiale che vide la nostra terra, i nostri nonni provati da un dolore incredibile ma ricchi di esperienza e di storie da raccontare. Esattamente come la macchina del moto perpetuo che Ideale voleva costruire, le vite delle famiglie vengono raccontate di generazione in generazione e inevitabilmente, come un destino ineluttabile al quale non si può sfuggire, sembra quasi che la storia si ripeta e si riversi sui giovani delle famiglie mostrandoci le varie forme e sfumature che può assumere il dolore, per ognuno dei personaggi il dolore si è presentato in forme e in situazioni diverse ma sempre nella sua completezza.
Sembra quasi di guardare una fotografia in bianco e nero, una di quelle dove la famiglia è numerosa e tutta riunita, dove riesci sempre a dare un ruolo ben definito a ogni personaggio e rivedi un po’ di te in ognuno di loro. Riccarelli ci racconta una favola profondamente realistica, ricca di descrizioni in cui è facile abbandonarsi per quanto siano forti e delicate allo stesso tempo, è poesia pura travestita da racconto che porta il lettore a fluttuare nel passato. Con uno stile elegante ma senza essere pretenzioso, con un linguaggio intimo e vicino a chi legge questo è un romanzo che nella sua semplicità sa di buono, di valori sani, leggerlo è stato come assaporare una pietanza di altri tempi quando si cucinava con i prodotti della propria terra e grazie al suo gusto genuino si ritorna con i ricordi a un passato che può ben raffigurare quello di tante famiglie italiane…..al giorno d’oggi potrei addirittura definirlo un romanzo “biologico”.
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"Il dolore perfetto" di U. Riccarelli - Commento d
Il romanzo vincitore del Premio Strega 2004 narra una saga familiare che abbraccia un arco di tempo dalla fine dell’ottocento fino al secondo dopoguerra. La storia è quella di due famiglie che, a un certo punto, si incontrano grazie all’amore di due discendenti.
La prima famiglia ha come capostipite “il maestro”, emigrato da Sapri e giunto al Colle, paesino toscano, per esercitare la sua professione di docente elementare. La sua famiglia viene falcidiata da guerre e disgrazie. Unico superstite è Cafiero, detto Nocciolino perché miracolosamente sopravvissuto alla morte della madre, travolta dal treno, grazie a un “balzo fatto sul nocciolo”. Cafiero cresce con gli ideali della sua famiglia d’origine e s’innamora, ricambiato, di Annina, che invece proviene dalla famiglia Bertorelli. Una dinastia di commercianti di maiali, che recano nomi di eroi dell’antichità.
Sullo sfondo della saga i principali eventi dell’epoca: la costruzione della ferrovia, la guerra d’Africa, le bonifiche delle paludi toscane (e del Padule), le repressioni fasciste e i raid nazisti, la campagna di Russia, le persecuzioni delle minoranze e dei diversi, le rappresaglie.
Tutti questi eventi sono raccontati con il filo conduttore di un sentimento: “il dolore perfetto”.
Che sia quello del Maestro per “uomini schiavi di un lavoro il cui frutto non era loro, immersi nella produzione di un comune destino di fatica che gli parve un dolore enorme e perfetto.”
O quello della Rosa quando “per un istante pensò ancora al maiale scannato e provò pena, una pena immensa, quasi un dolore che in quel momento lunghissimo le parve un dolore perfetto”.
O quello dell’Annina che, quando percepisce la distanza sentimentale dei genitori sente “… una botta improvvisa, una crepa nel cuore. La ferita bruciante di un dolore perfetto.”
O quello di Mikhail, quando in collegio gli viene annunciata la morte del padre: “Sentì dentro di sé un’ondata di gelo, una mano alla gola … e un dolore assoluto, totale e perfetto lo colse e gli strappò il respiro.”
O quello di Bartolo all’Amba Alagi, mentre si avvia all’attacco: “Il dolore assoluto e perfetto di tutte quelle esistenze mandate al macello lo colpì in mezzo al petto, più a fondo di una lama, più forte del piombo.”
O quello della vedova Bartoli di fronte alla perdita dei figli: “Una pena totale si era impadronita di lei, le scendeva dal capo fino nello stomaco, la paralizzava e si spandeva in un dolore così profondo e perfetto da abbagliarla.”
O quello di Ideale per la sua decisione di prendere i voti, di fronte al gelo del padre: “Il peso … dell’indifferenza, il gelo delle notti del seminario … il dolore assoluto e perfetto che adesso stava tutto in una parola, pronunciata o negata di fronte al timore di Cafiero.”
E quello di Cafiero assalito dalla furia fascista: “Vide la sua infanzia, suo padre, il sogno che non s’era mai realizzato tramutato ora in un dolore perfetto, accecante.”
O quello di Natalia che negli occhi di Sole, fratello di Annina tornato dall’oriente per morire, vede quelli dei gemelli: “Sentì il morso del gelo diventare calore, e poi la fitta del piombo nel petto, e infine il calore trasformarsi in un dolore avvolgente, circolare, perfetto.”
Romanzo complesso, la cui lettura lascia il piacere non immediato e superficiale della cosa da consumare: verrebbe da dire, un piacere perfetto, esattamente come il dolore …
Bruno Elpis
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Il dolore perfetto
Un affresco intenso della nostra Italia dal Risorgimento al secondo dopoguerra.
Questo è un romanzo che parla della nostra storia; non quella che si studia sui libri di scuola, ma quella della gente comune, delle nostre famiglie dell'epoca, con i lori desideri, amori e dolori.
Il racconto si snoda attorno alla vita di due famiglie molto diverse, idealista e sognatrice l'una, materialista e concreta l'altra.
Questa è la storia di Ideale, Libertà, Cafiero.
Questa è la storia di Ulisse, Telemaco, Elena, Sole, Oriente.
I nomi sono studiatamente evocativi, per regalarci una storia che possa mescolare elementi appartenenti alla memoria popolare ad altri più fantasiosi che richiamano leggenda e magia.
Riccarelli gioca dall'inizio alla fine con allegoria e realismo, regalandoci dei personaggi sublimi, destinati a rimanere impressi nel cuore del lettore.
Qui si parla di una vita ostica vissuta con sudore e fatica, ma anche di una vita migliore e più giusta per la quale si combatte fino all'estremo sacrificio.
Sulla scena c'è la vita di tutti i giorni, la vita di un'epoca in continua evoluzione che vede alternarsi sulla scena politica l'anarchismo, il socialismo, il fascismo; un'epoca incredibilmente tumultuosa e piena di avvenimenti che si ripercuotono sulla quotidianità delle famiglie.
Piccole gioie e speranze si alternano ad eventi difficili o addirittura tragici, scatenanti enormi dolori.
Il dolore che inesorabilmente entra in ogni casa, diventa il filo conduttore del racconto; l'impatto che esso provoca è forte e destabilizzante.
Inevitabile domandarsi il perché ed osservare come gli uomini lo affrontano.
La risposta è contenuta tra le pieghe di questo racconto, poiché l'intento dell'autore sembra proprio quello di elaborare un'indagine sul senso della vita e sulla consapevolezza della sofferenza umana.
Dolori improvvisi, che cambiano l'esistenza e mettono in ginocchio un nucleo familiare come la perdita di un compagno o di un figlio; non c'è tempo per le lacrime e la commiserazione, questa è la storia di uomini e donne che si rimboccano le maniche e vanno avanti, sempre, perché questo la vita ti impone, mossi da un amore sconfinato per le proprie radici e da una grande forza d'animo.
E' un romanzo completo e complesso sul piano del contenuto e dello stile, che canta la storia della nostra terra assumendo connotati epici e non solo; si colora dei ricordi aprendo i cassetti della memoria popolare tramandati di generazione in generazione, si ammanta di un'aura da fiaba pur parlando di passato e tradizione.
Una galleria di vinti e vincitori struggente e commovente, impreziosita dalla vena poetica di cui è intessuta l'intera trama.
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Di un libro una frase
Possibile che di un libro colpisca una sola frase?A me è successo:.."pensò non potesse esistere nulla di più forte di quello che stava provando.Si dovette ricredere la mattina in cui capì che il loro amore avrebbe generato presto un figlio,perchè questo s'era già sistemato dentro di lei COME UN CUORE DENTRO UN CUORE."Ed è una frase che si riferisce alla mia esperienza di madre.Il libro non mi è piaciuto,mi sono sembrati inverosimili i comportamenti descritti,le dinamiche familiari,addirittura la scelta dei nomi, quasi ridicola.Al dilà dell'argomento che fa parte della nostra storia e può essere d'interesse o meno, è proprio l'esposizione e la caratterizzazione dei personaggi che mi è risultata spiacevole.Un libro da non leggere.
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il dolore perfetto
Ho amato moltissimo questo romanzo, i suoi personaggi così ben dipinti dall'autore e l'ambientazione che ci riporta ad una italia povera ma ricca di ideali. Molto bello, lo consiglio caldamente.