Chi non muore
Letteratura italiana
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"Chi non muore" di Gianluca Morozzi - Il commento
Mi sono divertito, leggendo “Chi non muore” di Gianluca Morozzi.
Accostandomi al libro, mi è stato naturale recitare il proverbio mozzato del titolo nella sua forma completa. Il mistero del “si rivede”, implicito nel titolo troncato, viene svelato nell’ultima sezione del romanzo, “La soffitta”, da leggere al ritmo della tensione dopo due parti, “Angie” e “La tana del topo”, nelle quali imperversano leggerezza e amore per il paradosso.
L’autore, quarantenne portare del cromosoma y, con metamorfosi letteraria degna di un metaforico transgender e con l’abilità di chi sa uscire dal proprio ego per raccontare storie, si immedesima nell’io narrante, una ragazza abruzzese che alloggia nella città ove compie gli studi: la Bologna universitaria e culturalmente stimolante.
Angela, nel suo privato ‘pensionato’, convive in modo forzato con altre quattro ragazze, designate unicamente con soprannomi: Papagirl, Candeggina, Acido/Acida, La Cosa. E, nel tempo libero (anche se in realtà non la vediamo mai studiare!), coltiva il suo interesse per la musica: questo la induce a frequentare, oltre che i componenti di una band nella quale canta con lo pseudonimo di Angie, un ambiente – una sottospecie di centro sociale a pagamento - ove provano e si esibiscono altri potenziali artisti. Proprio in questo luogo l’estroversa e intraprendente Angela conosce Mizar, giovane “bello e impossibile” dall’animo martoriato. E, quando si imbatte in lui, udite udite, è … colpo di fulmine! Angela, con la pertinacia e la caparbietà che le derivano sia dal temperamento sia dalla forza del sentimento fulminante, si fa spalleggiare dall’amico Lucio e, spronata dall’ambigua sorella di Mizar, che di nome fa Valentina, persegue caparbia l’obiettivo di scoprire tutti i segreti che tormentano la vita dell’amato. Nonostante questi le abbia apertamente proclamato: “Io non sono normale, Angela. Io non ho una vita normale. Non posso avere una vita normale. Non l’ho mai avuta davvero …”
Accanto al piacere di una lettura veloce e intrigante, segnalo quelli che a parer mio sono i motivi che caratterizzano il romanzo.
Innanzitutto lo stile di Gianluca. Abbondante nell’uso di costruzioni iperboliche e paradossali, sarcastico, nonostante (o forse ‘grazie a’) il frequente ricorso a ‘espressioni’ che abbondano nel linguaggio parlato studentesco e … non soltanto. Con l’amplificatore applicato all’espressione, l’aristovacca é “la nobildonna annoiata che ama accoppiarsi con le maestranze nel fienile” e “fuma come se stesse praticando sesso orale al virile mezzadro”. E la vergogna viene resa in questo modo: “Si sta vergognando come se sua madre lo avesse scoperto nudo sul letto sotto un poster gigante di Freddie Mercury.”
Quanto alla vicenda, la storia è quella di un’ordinaria follia fatta di “sesso, droga e rock and roll”. Una formula forse sfruttata e saccheggiata, ma che a parer mio può ancora reggere se sostenuta dall’ironia narrativa.
Il sesso, fortunatamente più per allusioni e in modo implicito, viene sventagliato in ogni forma: autoerotismo praticato anche con moderne connessioni e tecnologie, esperienza saffica, sesso selvaggiamente etero, amore teneramente esercitato con abbracci e romantiche scritte a fior di pelle.
La droga è quella consumata in ogni dove: in sala prove dagli aspiranti artisti, alla festa di compleanno di Lucio, nelle esperienze devastanti rivelate nella ‘soffitta’.
Mentre il rock & roll è quello di Angie (sì, Angie, proprio come la canzone dei Rolling Stones!) & c. O quello degli “Inarcadia Ego”, ex compagni del ‘musicista maledetto’, sterminati in modo misterioso in tre punti diversi di Bologna, mentre Mizar “stava suonando quattrocento chilometri più a sud.” Il “rock & roll” della fatidica triade, infine, è la ricerca ossessiva della ‘melodia perfetta’.
Dunque, possiamo completare la premessa “Chi non muore” – come non sono morti i superstiti de “La zattera della medusa” di Géricault, la riproduzione del dipinto posizionata in prossimità della scala che conduce alla soffitta – con la sua naturale conseguenza: chi non muore, dicevamo, è destinato a rivedersi.
Così ha concluso proverbio e lettura anche …
… Bruno Elpis
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così così
Che dire di questo romanzo di Morozzi. Dopo aver letto CICATRICI e il meraviglioso BLACKOUT, non posso essere soddisfatto, la storia è un pò fragile con un finale che lascia il tempo che trova, come se l'autore non sapesse più come finirla. Forse è un romanzo adatto ad una fascia d'età sicuramente più giovane della mia; detto questo non posso dire che questo libro mi abbia annoiato, anzi è abbastanza scorrevole, si legge con piacere e mi anche strappato qualche sorriso. Consiglio la lettura? Ma sì dai, ho letto molto di meglio, ma anche molto, ma molto di peggio, magari fatto passare per un grande libro.
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Romanzo Spazzatura
E' brutto questo romanzo di Gianluca Morozzi. A dire il vero chiamarlo romanzo suona pure altisonante e offensivo verso i veri romanzi. Si perchè altro che non è che una puntata dei ragazzi del muretto in cui a forza è stata cacciata dentro la musica, una protagonista insopportabile e sessualmente vorace, un mistero e un'indagine da sorpresa delle patatine tanto è banale e scontata tutta la vicenda, per giunta l'indagine è inestistente e fatta all'acqua di rosa e solo per chiarire che questo libro non è nè thriller nè noir. Al massimo assomiglia ai romanzi di Moccia ma con meno onestà e sincerità. Almeno Moccia si è sempre rivolto ai giovanissimi e pensa come loro. La storia fa acqua da tutte le parti, i personaggi sono noiosi e irritanti con i loro turbamenti e un linguaggio volgarissimo che fa giovane ma non lo è affatto, la vicenda gira su se stessa senza andare mai da nessuna parte, tanti particolari, tanti dettagli completamente inutili per poi arrivare ad una svolta paranormale horror che fa veramente cadere le braccia, un modo per chiudere qualcosa che proprio fatica a stare in piedi, figuriamoci a chiudersi. Tutto appare scontato, fin dall'inizio scopiazzato da vecchi film, da idee prese qua e là da altri romanzi, l'autore cambia continuamente tono senza seguire regole e metodo dei romanzi di genere e il finale è qualcosa che lascia a dir poco basiti. Da vergognarsi per autore ed editore che pubblicano certe schifezze. Se è horror è di sicuro scadente. Se è altro allora questo libro può andare a finire dritto nella spazzatura. Nessuna tensione narrativa, nessun coinvolgimento, nessuna voglia di continuare a sfogliarlo. I romanzi gialli, noir, horror, ma pure i semplici romanzi sono un'altra cosa e l'autore non è decisamente capace di scriverli. In un certo senso è un canto del cigno del cigno dell'autore che non ha davvero più niente da dire e da scrivere. Assolutamente sconsigliata la lettura a chiunque, tempo perso. E' davvero brutto